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Storia della prostituzione nell’antica Roma

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La storia della prostituzione nell’antica Roma è un aspetto spesso trascurato nelle narrazioni storiche tradizionali. In realtà, questo tema rivela molto sulle dinamiche sociali, culturali e persino politiche di quel tempo.

La storia della prostituzione nell’antica Roma

Le radici della prostituzione nell’antica Roma sono profonde e complesse. Sebbene non sia facile tracciare un punto d’inizio preciso, sembra che questa pratica fosse già diffusa e regolamentata nei primi secoli della Repubblica. Miti e leggende romane spesso includono riferimenti a figure di prostitute. Ciò indica come la loro esistenza fosse intrecciata con il tessuto stesso della società romana fin dall’antichità.

Prostituzione: sì o no?

Nell’antica Roma la prostituzione era una pratica comunemente accettata. Anzi, era ritenuta necessaria per far sfogare i giovani e permettere loro di fare esperienza. Però, il giudizio non era altrettanto benevolo nel caso di vita dissoluta che portava alla rovina e all’eccesso. I festini a base di orge, dove era difficile distinguere tra prostitute e distinte matrone, ne sono un esempio.

Quindi, sì alla prostituzione, ma a patto che venissero rispettate le convenzioni sociali. La storia della prostituzione nell’antica Roma inizia dalla vita quotidiana. E’ qualcosa di visibile e tollerato perché finalizzato alle esigenze sessuali dei giovani scapoli.

Origine e sviluppi iniziali

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Si dice che quello della prostituta sia il mestiere più antico del mondo. Allora, la storia della prostituzione nell’antica Roma inizia nel II secolo, quando il meretricio si diffuse capillarmente. Lo testimoniano le commedie dello scrittore teatrale Plauto. Esse erano ricche di scene ambientate nei bordelli e di richiami a quel mondo secondo una rappresentazione che rifletteva la quotidianità dell’antica Roma.

La prostituzione si diffuse sempre più, a mano a mano che Roma andava aumentando i suoi contatti con il mondo greco. Ciò scatenò la sdegnosa critica di quella parte della società più moralista e conservatrice. Tuttavia, non si deve ritenere che prima di questi contatti il meretricio fosse disconosciuto a Roma. Nel V secolo a.C., l’autore teatrale Livio narra di quello che sarebbe divenuto il quartiere a luci rosse di Roma, la Suburra.

Età tardo-repubblicana e imperiale

In età tardo-repubblicana e imperiale le prostitute rappresentavano una figura comune nelle strade della Suburra, dove si mettevano in mostra. E ancora le troviamo, naturalmente nei bordelli, sotto i porticati di teatri e del circo. Ma anche nei pressi delle mura, dei templi e dei cimiteri dove, con la complicità del buio, si prostituivano le donne più anziane.

Gli omosessuali prestavano i loro corpi nel vicus Cuscus, vicino al Foro. Ma anche nelle case di piacere e nelle osterie, altro luogo principale per la pratica della prostituzione.

Aspetti legali e sociali del meretricio

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Dal punto di vista legale, la prostituzione era una pratica accettata e regolamentata nell’antica Roma. Le prostitute, conosciute come lupae o meretrices, erano spesso schiave o liberte.

Esisteva una gerarchia distintiva. Si andava dalle schiave che lavoravano nei bordelli fino alle cortigiane di alto rango, che potevano godere di una certa indipendenza e di rispetto sociale. La legge romana prevedeva regole specifiche per la gestione dei bordelli e il comportamento delle prostitute. Ciò rifletteva la complessità con cui la società romana affrontava questa pratica.

Implicazioni culturali e religiose

Culturalmente la prostituzione era intrecciata con vari aspetti della vita romana. Ad esempio, esistevano anche festività religiose che includevano riti di tipo sessuale, a volte con prostitute sacre. Talvolta, nella letteratura e nell’arte, le figure delle prostitute erano considerate in modo umoristico o satirico, altre volte in maniera più sobria e riflessiva. Queste rappresentazioni aiutano a comprendere come la sessualità e la prostituzione fossero percepite e vissute nella quotidianità romana.

La pratica del mestiere

Come abbiamo detto, la maggior parte delle meretrici erano schiave costrette a prostituirsi dai loro padroni e liberte per le quali la prostituzione era una professione con cui guadagnarsi da vivere. Vi erano poi quelle donne per le quali la prostituzione era un piacere. Il caso più famoso fu quello dell’imperatrice Messalina che si prostituiva per piacere nel tempo libero. Le prostitute indossavano un abito specifico, una tunica senza bordo con una toga scura, come segno di riconoscimento.

Invece, le prostitute di alto bordo preferivano vestiti di seta trasparente. Le donne che vendevano il loro corpo erano naturalmente le più costrette a ricorrere all’aborto e ai metodi contraccettivi. Le prostitute avevano anche una loro festa: il 23 aprile, giorno di Venere. Durante questa solennità esse indossavano l’abito ufficiale della professione.

Il tariffario

Le tariffe per poter usufruire dei loro servizi erano basse, soprattutto per le meretrici che esercitavano in strada e nei bordelli. Sappiamo che a Pompei la tariffa base era di due assi. Per capirne il valore, basti pensare che con due assi si acquistavano due fette di pane o mezzo litro di vino scadente. La tariffa massima ammontava a 23 assi. Ma a Roma era facile trovare prostitute esercitavano per un solo asse. I costi variavano anche in base all’avvenenza della donna. La situazione delle prostitute di alto bordo era differente.

Esse infatti offrivano anche compagnia, conversazioni intellettuali, spettacoli di intrattenimento. Esse partecipavano a banchetti di uomini danarosi oppure si facevano mantenere per un certo periodo di tempo prima di passare a un altro cliente. Questo genere di prostitute attraeva anche artisti che dedicavano loro composizioni in cui erano chiamate “amiche” o “signore”. Invece, “lupae” (perché sempre alla ricerca di soldi) o semplicemente “meretrix” (colei che guadagna) erano i nomi delle meretrici di strada.

La storia della prostituzione nell’antica Roma: i bordelli

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La storia della prostituzione nell’antica Roma si intreccia intimamente con quella dei bordelli. Il mestiere della meretrix nei bordelli è ben documentato anche a Pompei. Qui, nell’insula VII, si trovava un lupanare assai prospero, di cui abbiamo molte testimonianze storiche. Ma a Pompei ve ne erano almeno 25, comprendendo anche le semplici camere che si trovavano nel retro di alberghi, locande e osterie. Nel IV secolo, a Roma figuravano 45 bordelli. A prima vista, si tratta di una cifra modesta ma tale dato non considerava le semplici camere dei retro bottega.

Nei bordelli si recava quella clientela più modesta. Infatti, le cellae, le stanze dove le meretrici portavano i clienti, erano talmente piccole da contenere a malapena un lettino. Si trattava di ambienti sporchi e fumosi, dove i rapporti si consumavano nel giro di pochi minuti, senza convenevoli e spesso senza spogliarsi del tutto. A volte, le pareti erano adornate con affreschi erotici.

La vita nei bordelli

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Di solito, le stanze dei bordelli erano al piano terra in modo da affacciarsi direttamente sulla strada. Sulla facciata era inciso il nome della donna che vi praticava e la sua tariffa. Quando la prostituta era impegnata con un cliente si poneva in strada un cartello con la scritta “occupata”. Nel bordello le schiave del padrone lavoravano assieme alle liberte. Queste ultime pagavano l’affitto della stanza per esercitare il mestiere.

lupanari erano facilmente riconoscibili grazie all’insegna che recava un fallo o scritte con riferimento al piacere sessuale. Le prostitute si esponevano in strada oppure si affacciavano alle finestre con inviti espliciti a entrare per attirare clienti.

Dove si trovavano i bordelli nell’antica Roma

Roma, il vasto e popoloso quartiere della Suburra era specializzato nella prostituzione di basso rango. Tuttavia, anche nei pressi del Circo Massimo si trovavano numerosi bordelli. Sembra che proprio nei dintorni del Circo Massimo, Messalina, moglie dell’imperatore Claudio, avesse la sua cella in affitto per prostituirsi a buon mercato. Ella esercitava la prostituzione per piacere personale, facendosi chiamare Lycisca.

Generalmente chi era ricco riceveva le ragazze nella sua dimora. Tuttavia, vi erano bordelli anche per una clientela di rango elevato. Ad esempio, l’imperatore Caligola costruì un suo bordello sul colle romano del Palatino. Si trattava di una struttura di lusso, riservata a uomini ricchi. All’interno, signore raffinate e ragazzi liberi esercitavano il loro mestiere.

Il riconoscimento sociale della prostituzione nell’antica Roma

Frequentare i bordelli, a Roma non era cosa di cui vergognarsi. Alcuni uomini vi si recavano in incognito. Tuttavia, la maggior parte dei clienti lo faceva alla luce del sole perché la prostituzione, come abbiamo detto all’inizio, era considerata cosa normale e quotidiana.

In conclusione, la prostituzione nell’antica Roma non era solo una pratica commerciale, ma un fenomeno complesso che toccava diversi aspetti della vita pubblica e privata. Comprenderne la storia e l’evoluzione permette di ottenere una visione più sfaccettata e profonda di questa civiltà antica, che continua a influenzare la nostra società moderna.

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