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Maometto e la nascita dello Stato islamico tra il V e il VII secolo

maometto e la nascita dell'islam
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L’espansionismo islamico tra il V e il VII secolo ha segnato una trasformazione radicale nel panorama politico e culturale del Medio Oriente e non solo. Guidato dal profeta Maometto e dai suoi successori, il califfato islamico conquistò rapidamente vasti territori, inclusi la Penisola Arabica, il Levante, il Nord Africa e la Persia. Questo periodo di espansione vide la diffusione della religione islamica e la nascita di un vivace scambio culturale, economico e scientifico tra diverse civiltà.

L’Arabia preislamica

L’Arabia può essere suddivisa in tre zone in cui si svilupparono differenti società preislamiche:

  • Arabia meridionale o Yemen, abitata da gruppi sedentari. Era l’Arabia felix dei Romani;
  • Arabia settentrionale, terra di genti beduine, politicamente sotto l’influenza dell’impero persiano e di quello bizantino;
  • Arabia centrale, territorio di beduini del deserto e dei commercianti della Mecca. Fu questa la patria dell’Islam.

L’Arabia meridionale

Le condizioni geografiche e climatiche dell’Arabia meridionale favorirono lo stanziamento di gruppi associati fin dal I millennio a.C. Gli abitanti si dedicavano principalmente all’agricoltura, grazie anche alle sapienti abilità come costruttori di dighe e canali di irrigazione.

Tutto ciò consentì fiorenti commerci. Verso la fine del V secolo a.C. si ebbe una crisi economica che causò anche una debolezza politica e istituzionale. Città un tempo prospere furono sottomesse dai Persiani nel VI secolo.

L’Arabia settentrionale

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Rispetto alla zona meridionale, l’Arabia settentrionale era caratterizzata da un sistema istituzionale e sociale meno coeso. Questo in virtù del fatto che il territorio in questione era sterminato, il clima era più arido e desertico. In tale ambiente si muovevano i beduini, pastori per lo più nomadi, sempre in cerca di pascoli migliori per pecore e capre. Questa era anche la terra delle grandi vie delle carovane, battute dai viaggiatori professionisti. L’Arabia settentrionale era, infatti, la via obbligata per il passaggio delle merci che affluivano da est e ovest dirette verso le grandi città e i mercati d’Oriente e d’Occidente.

Il nord dell’Arabia era altresì organizzato in tanti micro regni, in perenne conflitto fra loro, come quello di Lakhm, intorno al basso Eufrate, o quello di Ghassàn, in Palestina. Essi gravitavano nell’orbita dell’impero bizantino o di quello persiano.

L’Arabia centrale

La terra del deserto, l’Arabia centrale, era percorsa da tribù beduine che si spostavano sui cammelli. Ogni tribù era alquanto chiusa e pochi erano i contatti esterni, sia sociali che commerciali. Se ne deduce che la tribù rappresentava la più importante cellula sociale e l’unica entità politica, oltre che garanzia di sopravvivenza e di tutela giuridica per il singolo individuo.

Le varie tribù avevano però un elemento in comune, la sunna, la legge non scritta degli antenati. In base a essa, ogni singolo componente della tribù nutriva un forte legame con gli altri membri. L’appartenenza a una nobile stirpe alimentava le rivalità tra le varie tribù, ma soprattutto verso i non Arabi. Nonostante questo sentimento di appartenenza collettiva, all’interno della tribù poteva emergere un leader, il sàyyid (signore) che assumeva un ruolo guida, fungeva da moderatore ed era il depositario vivente della sunna.

La religione preislamica

I nomadi del deserto nutrivano fede in una religione politeista e animista. Le principali divinità preislamiche erano femminili e legate al culto del sole, della luna, del pianeta Venere. Poi vi era una entità divina maschile, Allah (il dio), che diventerà l’unico dio con Maometto. Gli dei erano adorati in forma materiale nelle pietre, negli alberi, nelle fonti e presso i santuari. Il santuario più famoso e importante era quello della Mecca che comprendeva la Caaba. Si trattava di una struttura a forma di parallelepipedo scoperchiato, all’interno della quale erano alloggiati vari idoli assieme alla Pietra Nera, un meteorite a cui si rivolgeva particolare venerazione.

I Qurayshiti, la tribù che dominava la Mecca, riuscirono a elevarla come primo santuario di tutte le genti arabe che accorrevano qui per compiere il rito del pellegrinaggio. A nord della Mecca sorgeva la futura Medina, dove risiedevano vari gruppi di ebrei.

Maometto (570 circa – 632)

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Le notizie sull’infanzia e la giovinezza di Maometto, il fondatore dell’Islam, si possono ricavare solo dalla sua biografia ufficiale, la Sira (Vita del Profeta), scritta da Ibn Ishàq nell’VIII secolo. Maometto nacque alla Mecca in una famiglia che apparteneva a un ramo della tribù dominante. Rimasto orfano, fu cresciuto da uno zio frequentando gli ambienti dei mercanti e delle carovane e apprendendo i racconti biblici dei rabbini, le parabole evangeliche, i culti pagani del deserto.

La nuova religione e il Corano

Verso il 610, intorno ai quarant’anni, Maometto, durante una notte passata in preghiera, ebbe la visione dell’angelo Gabriele che gli ordinò “Recita!”. Il termine ha una radice verbale da cui deriva anche la parola “Corano“, che, infatti, significa “recitazione” nel senso di lettura ad alta voce. Tramite l’angelo, Allah avrebbe dato a Maometto l’ordine di recitare ad alta voce, cioè di diffondere tra le genti arabe il nuovo annuncio di grazia e gli avrebbe dettato il libro, il Corano.

Maometto avrebbe dunque ricevuto l’investitura a Profeta dell’Islam, della sottomissione totale ad Allah, unico dio. Il compito di Maometto fu quello di predicare tra gli Arabi affinché le tribù di beduini e mercanti della penisola si riunissero in un unico popolo. In quanto depositario del Corano, Maometto divenne il “sigillo dei profeti“, il legislatore perfetto in quanto la sua legge era definitiva e universale.

La predicazione di Maometto e le conseguenze

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Maometto iniziò così a predicare, annunciando l’unico Allah, il corano, il Giorno del Giudizio, le delizie del Paradiso riservate ai veri credenti. All’inizio la sua attività fu tollerata ed erano in molti coloro che si convertivano sinceramente. Ma presto l’aristocrazia qurayshita iniziò a nutrire diffidenza. Maometto era visto come un invasato e una minaccia per l’ordine costituito.

Alla Caaba fu esposto un bando con cui si intimava ai cittadini della Mecca di dissociarsi da Maometto e di interrompere i rapporti con la sua impresa commerciale. Considerati i forti legami esistenti nel sistema tribale, questo atto provocò una spaccatura nella tribù dei Qurayshiti e nella città. La minoranza dei fedeli del Profeta fu isolata, ma non ancora privata di diritti e libertà.

L’égira

Questo stato di cose perdurò fino al 622, periodo in cui Maometto strinse legami con le genti della città di Yathrib (patti di Aqaba), che avevano accolto con entusiasmo la nuova religione e gli avevano offerto il dominio della città. Forte di questa alleanza, Maometto decise di uscire dalla Mecca e di trasferirsi (égira) a Yathrib, che fu ribattezzata Medina, “la città del Profeta”. I compagni più fedeli lo seguirono.

A Medina, Maometto redasse una costituzione basata sul principio dell’unica comunità, religiosa e politica, di credenti. Fu questo un atto rivoluzionario, poiché tale concetto era sconosciuto agli Arabi tribali. Questo principio, dunque, andava a rompere gli ancestrali vincoli che univano i membri della tribù, sostituiti dal vincolo dell’unica fede in Allah, di fronte al quale tutti erano uguali e a cui tutti dovevano sottomettersi, prestando solidarietà e cooperazione tra loro. Nasce l’Islam e una nuova era.

Le conseguenze

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La prima vistosa conseguenza della nuova religione fu la graduale distinzione dalle altre comunità religiose, come quella ebraica che era particolarmente presente a Medina. Poi quella cristiana che, nel vicino Oriente, era presente nella fede monofisita e nestoriana. In questo quadro, Maometto agì come un legislatore, indicando la direzione (qibla) da tenere durante la preghiera, ovvero verso la Caaba.

Secondo il Corano, la Caaba sarebbe il più antico tempio monoteistico. Fu eretto da Abramo e dal figlio Ismaele che, in virtù di ciò, divennero i padri della fede più pura e autentica nel dio unico. Così Maometto si appropriò del culto pagano della Caaba, inglobandolo nella nuova religione che assunse sempre più carattere nazionale.

La battaglia di Badr

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Per realizzare quest’ultimo obiettivo, Maometto fece ricorso a una pratica tanto cara alle tribù: la razzia. Tramite la razzia i musulmani emigrati a Medina reperivano ciò di cui avevano bisogno per vivere. Essi attaccavano le carovane dirette alla Mecca, colpendo nel contempo anche l’economia della città. Nel 624 Maometto si pose alla guida di un piccolo esercito diretto contro una carovana di Qurayshiti. La battaglia di Badr fu vinta dal nuovo Islam e interpretata dai nuovi credenti come la prova tangibile dell’intervento di Allah.

Questo evento rafforzò molto la posizione di Maometto e la sua fama a Medina, soprattutto di fronte all’ostile comunità ebraica della città. Quest’ultima fu progressivamente isolata dalla vita civile, fino alla riduzione in schiavitù.

L’Islam e la morte di Maometto

Nel 629 Maometto ottenne l’autorizzazione a recarsi in pellegrinaggio alla Caaba, grazie alle trattative diplomatiche intavolate con i Qurayshiti. In quell’occasione, i più alti dignitari della Mecca si dichiararono favorevoli all’Islam, professandosi sinceri credenti della nuova religione. Maometto poté così tornare nella sua città e lo fece da trionfatore. Per prima cosa si diresse alla Caaba per distruggere tutti gli idoli pagani e porvi il culto di Allah. Si mostrò, tuttavia, tollerante verso i nemici e risparmiò loro la vendetta. Volle che la Mecca restasse città santa e meta del pellegrinaggio rituale. Medina, invece, fu eletta capitale politica.

La Mecca e Medina divennero quindi le città più importanti dell’Islam e territorio sacro, da cui erano esclusi i non musulmani. Per questo motivo, tra il 630 e il 631, furono effettuate spedizioni contro i beduini ancora pagani, gli ebrei e i Bizantini. Questo fatto aumentò il prestigio goduto da Maometto e gli permise di emanare disposizioni di carattere giuridico e sociale. Alla morte di Maometto, avvenuta nel 632 a Medina, le genti arabe erano unite in una nazione, sotto il segno di Allah.

La successione di Maometto e il califfato

califfato degli Omàyyadi
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All’indomani della morte di Maometto, si dovette affrontare il probelma della guida del naonato stato islamico. Si proposero i più importanti esponenti della umma, la comunità araba dei fedeli. I “compagni dei giorni dell’égira” candidarono Abu Bakr e sostennero il principio elettivo. Gli intransigenti “legittimisti” sostennero il cugino e genero di Maometto, Ali, rivendicando la successione per eredità legittima. Le personalità più importanti della Mecca, appartenenti alla potente tribù qurayshita degli Omàyyadi, premevano per avere al più presto una guida.

Tutto ciò portò all’istituzione di una nuova carica, il califfo, il vicario dell’inviato di dio. Egli era il depositario ed esecutore della Legge del Profeta, la guida politico e sociale della comunità islamica. Si sancì che la sua carica dovette essere elettiva, anche se la scelta doveva cadere all’interno della tribù di Maometto. Per i primi trent’anni di vita, il califatto fu effettivamente elettivo e si susseguirono quattro califfi: Abu Bakr (632-634), Omar (634-644), Othmàn (644-656) e Ali (656-661).

L’espansionismo islamico

Abu Bakr fu uno strenuo difensore dell’unità islamica, sempre messa in pericolo da tentativi di secessione operati da tribù beduine. Dopo la cruenta repressione di questi tentativi, nel 633 i soldati arabi si rivolsero verso l’impero bizantino, attaccandolo e conquistando la Siria e la Palestina. In contemporanea, gli arabi attaccarono la Persia dove l’impero sassanide capitolò e ottennero tutta la regione della Babilonia. Entro il 642 cadde nelle mani del califfato tutta la Persia, ponendo fine a una grande civiltà.

L’espansionismo islamico si diresse poi verso occidente ed, entro il 645, il califfato sottomise l’Egitto e l’Africa fino alla Tripolitania. Arrivati al mare gli arabi del deserto si trasformarono in marinai. Questa fu l’opera di Muàwiya, il quinto califfo. Egli arrivò a conquistare Cipro e inflisse una pesante sconfitta navale ai bizantini. Il califfato entrò come potenza nel Mediterraneo orientale e ne contese la supremazia con Costantinopoli.

I primi dissensi interni

I primi dissensi all’interno dell’Islam si verificarono con il califfo Othmàn, appartenente all’aristocrazia omàyyade. I “legittimisti”, che sostenevano Ali, e la classe popolare dei Qurrà (lettori coranici) si identificavano come i veri depositari della predicazione di Maometto ed erano contrari al crescente potere politico ed economici dehgli Omàyyadi, gli ultimi che si erano convertiti. Questi due gruppi aizzarono il malcontento popolare verso il califfo, fino a che nel 656 Othmàn fu ucciso.

Ne approfittò Ali per diventare califfo. Ma non avendo punito gli uccisori del suo predecessore, si attrò l’opposizione degli Omàyyadi, guidati da Muàwiya che rifiutò di riconoscere Ali come nuovo califfo. Muàwiya propose di affidare il giudizio sulla contesa a un arbitrato fondato sulla parola del Corano, che fu manipolato a vantaggio omayyade. Ad Ali fu tolta la carica.

Il califfo Muàwiya

califfo Muàwiya
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Ali avrebbe potuto riprendere la lotta contro l’avversario ma all’interno del suo esercito si verificò una rottura che rappresentò il primo scisma interno all’Islam, lo scisma dei kharigiti, i ribelli. Essi si dissociarono da Ali in quanto lo ritenevano fautore di un potere troppo personale e non basato sulla religione di Allah. I kharigiti si costituirono in una nuova comunità che si fondava su una visione purista e ultraegualitaria del califfato. Si stabilirono in Iraq dove intrapresero una guerriglia, repressa dallo stesso Ali.

Tuttavia, il potere di Ali era ormai limitato al solo Iraq, mentre gli Omàyyadi avevano conquistato tutte le regioni circostanti. Alì fu ucciso e con lui ebbe fine l’epoca del califfato elettivo. Con Muàwiya si inaugurò la stagione del califatto dinastico dal momento che il suo clan, gli Omàyyadi, rimase al potere per quasi cento anni. I rimanenti seguaci di Ali diedero origini a una setta, gli sciiti, che si contrapponevano ai sunniti, cioè i sostenitori della tradizione.

La dottrina dell’Islam

Dopo la morte di Maometto si fece urgente il problema di dare una definizione e sistemazione definitiva alla dottrina dell’Islam. Si iniziò con la redazione scritta del Corano che fino ad allora era circolato sotto forma di brani sparsi. Il Corano ufficiale fu imposto nel 650 dal califfo Othmàn. Esso conteneva le pratiche di legge e di culto valide per tutti i fedeli musulmani:

  • la professione di fede nel Dio unico;
  • la preghiera canonica di 5 volte al giorno con il volto rivolto verso la Mecca;
  • l’elemosina rituale;
  • il digiuno nel mese del Ramadàn, che coincide con il mese della prima rivelazione ricevuta da Maometto;
  • il pellegrinaggio alla Mecca almeno una volta nella vita

Ma l’Islam si poneva anche come religione di legge (sharìa) che riguardava ogni aspetto della vita del credente.

La questione degli infedeli

gihàd la guerra santa
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Tra le prescrizioni dell’Islam c’è il gihàd, la guerra santa rivolta verso i nemici esterni, gli infedeli che rifiutano di convertirsi. Il gihàd è un obbligo collettivo e diventa principio individuale quando ci si deve difendere da un’aggressione nemica.

Ma il Corano fa un’ulteriore distinzione fra gli infedeli atei o veneratori di idoli e i “popoli del libro”, cioè le comunità religiose che possiedono un testo sacro rivelato, gli ebrei e i cristiani. Questi ultimi godevano dello status speciale di “protetti” a cui era concesso praticare i propri culti a condizione di pagare un tributo al califfato per farlo.

Il califfato dinastico

Muàwiya spostò la capitale a Damasco, lontano dall’Iraq, attnagliato dalla guerriglia, e fu autore di una grande trasformazione dello Stato islamico. Si abbandonò il principio teocratico dello Stato a favore di una monarchia dinastica assoluta. Lo Stato assunse carattere imperiale in quanto comprendeva popoli e territori eterogenei, tra i quali era data primaria importanza alla stirpe araba. In virtù di ciò, nell’impero di diffuse e si adottò la lingua araba. Le funzioni statali furono riorganizzate e strutturate sul modello bizantino.

Una nuova fase di espansione

Con il consolidamento dell’impero, gli Omàyyadi rivolsero il loro sguardo nuovamente all’esterno, dando inizio ad una nuova fase espansionistica che si mosse in tre direzioni: a nord verso Bisanzio, a est verso i territori centroasiatici, a ovest verso le Colonne d’Ercole. Obiettivo principale di conquista fu Costantinopoli, verso cui diressero tre spedizioni fallimentari. A oriente gli arabi attaccarono i regni turchi e iranici fino alla foce dell’Indo. Furono così conquistate importanti città come Samarcanda e Kabùl, poste sulla Via della seta.

Durante il califfato di Muàwiya, l’espansionismo si rivolse nuovamente verso l’occidente, dove incontrò la resistenza delle tribù berbere cristiane del Nordafrica. Lo Stato arabo sottomise la Tunisia e ottenne una specie di protettorato sul Maghreb. Da questo avamposto, nel 711 gli Arabi giunsero per la prima volta nella loro storia nel continente europeo, guidati da Tariq ibn Ziyàd. Il suo nome, infatti, lo ritroviamo nella punta estrema della penisola iberica e nello stretto di Gibilterra (da geb el Tariq, il promontorio di Tariq). La penisola iberica si trovava in quel momento nelle mani dei Visigoti che, divisi da lotte interne, opposero una debole resistenza. La Spagna cadde entro il 716 e gli Omàyyadi le diedero il nome di al-Andalus. Questo atto fu l’inzio di una nuova civiltà.

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