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Lo stato di Bisanzio, il Mediterraneo orientale e Giustiniano

stato di Bisanzio
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In età moderna, il termine “bizantino” è stato utilizzato per indicare la civiltà e lo stato di Bisanzio che, per oltre un millennio, dal 330 fino alla fondazione di Costantinopoli nel 1453, ha raccolto l’eredità e ha continuato la tradizione imperiale romana in Oriente.

Lo stato di Bisanzio

Lo stato di Bisanzio comprendeva vaste aree dell’Europa, dell’Asia e del Nordafrica, il che spiega la presenza di caratteri più propriamente europei e africani all’interno della civiltà bizantina. I sudditi dello stato di Bisanzio si consideravano Romani d’Oriente, a sottolineare il loro ruolo di continuità rispetto all’impero Romano occidentale dopo la sua caduta. Lo stato di Bisanzio nacque, dunque, come un duplicato dell’Impero Romano, ma presto divenne una parte a sé stante, dotato di una propria identità.

All’interno del millennio di vita dello stato bizantino possiamo individuare tre periodi:

  • periodo protobizantino: dal IV all’VIII secolo, fu caratterizzato dalla fusione di tradizioni antiche ed elementi nuovi;
  • periodo medio bizantino: dall’VIII-IX al XIII secolo, in cui lo stato bizantino assunse quelle caratteristiche prettamente medievali;
  • periodo tardo-bizantino: dal XIII al XV secolo, in cui per Bisanzio iniziò la decadenza fino a sparire.

Caratteristiche dello stato di Bisanzio

impero romano d'oriente
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Fu nel periodo protobizantino che si delinearono le caratteristiche essenziali dello Stato, derivati dalla fusione della tradizione statale romana, la religione cristiana e la cultura greca. L’organizzazione dello Stato fu debitrice della tradizione romana, secondo i principi dell’universalità dell’Impero e del ruolo dell’Imperatore. Infatti, quest’ultimo accentrava nelle sue mani il potere militare, legislativo e giudiziario, oltre al compito di proteggere la Chiesa. L’imperatore era oggetto di una sorta di culto. Costantinopoli fu scelta come sede imperiale.

Dal punto di vista economico e sociale, però, lo stato di Bisanzio apparteneva alla civiltà ellenistica. La lingua scritta era il greco e sugli autori greci si basava la cultura e l’insegnamento. Nel periodo protobizantino, la lingua greca continuò a prevalere sul latino. La popolazione parlava invece idiomi locali. Il Cristianesimo rappresentò un altro fattore di coesione all’interno dello stato di Bisanzio, dove si affermò nella sua versione ortodossa, cioè “retta”. Il Cristianesimo ortodosso era caratterizzato dal cesaropapismo bizantino: l’imperatore controllava e faceva applicare la religione, dando luogo a quella stretta commistione tra Stato e Chiesa che portò alla persecuzione di quelle versioni religiose che si distaccavano dall’interpretazione ufficialmente riconosciuta.

Lo stato di Bisanzio dal 330 al 527

Bisanzio riuscì a mantenere le sue caratteristiche antiche più a lungo rispetto alla parte occidentale. Ciò a causa di una maggiore articolazione statale tradizionale, delle attività commerciali e della vita cittadina. Ad esempio, la crisi delle città e la ruralizzazione dell’Impero avvennero in epoca più tarda rispetto all’Occidente. Oltre Costantinopoli, le maggiori città erano Antiochia, Alessandria e Gerusalemme.

Prospero e forte, lo stato di Bisanzio non mancò di far sentire una notevole pressione fiscale sui centri urbani, ma soprattutto sulle campagne. A tutto ciò, si sommava la solidità e il prestigio della sua moneta, punto di riferimento per l’economia di tutto il Mediterraneo. Ciò ebbe come conseguenza la limitazione degli scambi in natura, che invece caratterizzavano la parte occidentale.

La riforma di Costantino

costantino imperatore
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L’imperatore Costantino (306-337) fu autore di una riforma politica e amministrativa dello Stato per rafforzare la figura dell’imperatore e creare nuove strutture dipendenti, oltre a separare le funzioni civili da quelle militari per scongiurare il pericolo di guerre civili. La parte orientale dell’Impero Romano fu divisa in due prefetture, Oriente e Illirico, con a capo un prefetto del pretorio per ciascuna. Al gradino inferiore vi erano le diocesi e sotto di esse le province. Costantinopoli non rientrava nel comando del prefetto del pretorio e fu invece affidata a un prefetto cittadino.

La riorganizzazione statale di Costantino non contemplava regole precise per l’investitura e la successione imperiale. Questa lacuna rappresentò un forte fattore di debolezza e instabilità. Infatti, da un lato il più alto potere rimaneva elettivo, ma dall’alto vi erano forti spinte alla formazione di linee dinastiche, per rendere ereditaria la carica di imperatore.

I rapporti con la Chiesa

Un altro problema affliggeva lo stato di Bisanzio, ed era quello dei rapporti con la Chiesa. Come abbiamo visto, l’imperatore era anche considerato il protettore della Chiesa cristiana e ciò comportava la commistione tra l’elemento civile e politico e quello religioso. Proteggere la fede era un compito istituzionale dell’imperatore. Egli convocava e presiedeva i concili che avevano lo scopo di elaborare la dottrina della Chiesa, ancor prima che le confessioni cattolica e ortodossa si separassero nell’XI secolo. I concili avevano anche il compito di condannare le eresie, tra le quali, in Oriente, il monofisismo ebbe vasta risonanza. Questa eresia rappresentò un vero elemento di instabilità all’interno dell’impero d’Oriente. Provò a risolverlo l’imperatore Zenone (474-491) con l’editto dell’Unione o Henòtikon (482), una sorta di compromesso con il monofisismo, che scontentò entrambi le parti e fu scomunicato dal papa romano.

Intanto, come stata accadendo nella parte occidentale, anche in Oriente si andava sempre più delineando la potenza economica della Chiesa che acquisiva sempre più terreni ed edifici, affiancando la sua opera a quella del potere civile. Inoltre, presto nacque il problema del primato tra la sede apostolica di Roma e altre prestigiose sedi, come Alessandria e Antiochia. In più, anche Costantinopoli, in quanto capitale della parte orientale, reclamava un ruolo religioso corrispondente al suo primato politico. Costantinopoli riuscì in breve a divenire sede della politica ecclesiastica: nel 451, con il concilio di Calcedonia, si garantì al papa romano il primato nella Chiesa ma, di fatto, i vescovi della parte orientale, e di Costantinopoli in particolare, furono equiparati a quelli romani. Ciò pose le basi per il futuro contrasto fra le due sedi.

I confini di Bisanzio dal 330 al 527

battaglia di Adrianopoli
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La riforma di Costantino aveva creato un nuovo organismo che non poteva sopravvivere senza un esercito, che acquisì sempre più peso e importanza, soprattutto all’interno. Invece, l’esercito che operava ai confini, verso l’esterno, non mutò sostanza. I soldati, in cambio della difesa, ottenevano la proprietà di un pezzetto di terra da coltivare. Lo stato di Bisanzio aveva bisogno di un forte esercito per difendersi dagli attacchi dei Barbari e da quelli della Persia dei Sassanidi che premevano ai confini orientali. Pertanto, da questo punto di vista, l’impero d’Oriente era più vulnerabile rispetto alla parte occidentale. Visigoti, Ostrogoti e Unni penetrarono a più riprese nella Tracia. Nel 378, nella battaglia di Adrianopoli vinsero, mentre l’imperatore Valente perse la vita.

Il successore Teodosio (379-395) riuscì però a venire a patto con i popoli barbari, assorbendoli all’interno dell’impero, concedendo loro autonomia ed esenzioni fiscali, in cambio della difesa militare dei confini, in qualità di foederati. Ciò ebbe due importanti conseguenze: la prima fu la germanizzazione dell’esercito, mentre la seconda fu l’aumento del prelievo fiscale per pagare i nuovi militari. Inoltre, l’impero d’Oriente iniziò sistematicamente a indirizzare le mire espansionistiche dei popoli barbari verso la parte occidentale dell’impero, come i Visigoti di Alarico che furono spinti in Italia.

L’imperatore Giustiniano (527-565)

imperatore Giustiniano
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Giustiniano iniziò a operare durante il regno dello zio Giustino (518-527), quando divenne il fautore di una volontà di universalismo dell’impero, sottraendo le parti occidentali a Roma e ai barbari. L’operato del predecessore di Giustino, l’imperatore Anastasio (491-518), aveva permesso, tramite accorte iniziative economiche e finanziarie, di accumulare ingenti quantità di denaro nelle casse dello Stato che resero possibile la futura politica espansionistica di Giustiniano.

La politica estera di Giustiniano

Preso il potere nel 527, la prima preoccupazione di Giustiniano fu quella di rinnovare la dignità e il prestigio dell’Impero. In ciò, egli fu guidato dalla sua idea di “renovatio imperii“, un programma politico che intendeva dare a un impero romano nuovamente unificato e con al centro Costantinopoli, un’estensione territoriale e geografica pari a quello dell’antico impero. Inoltre, tale nuovo e grandioso organismo doveva basarsi, secondo le idee di Giustiniano, su un unico ordinamento amministrativo, giuridico, fiscale e religioso. In base a ciò, la politica estera ed espansionistica di Giustiniano si mosse secondo due direttrici.

Da un lato, l’azione verso le popolazioni barbariche e dall’altro verso l’impero persiano. Nella visione della “renovatio imperii”, Giustiniano si considerava il sovrano assoluto dei re barbari, i quali dopo aver riconosciuto la sua autorità, potevano esercitare il potere per sua delega. Per questo, egli voleva imporre loro la supremazia bizantina. In ciò, Giustiniano era favorito dai suoi ottimi rapporti con la sede papale, mentre i regni barbarici che si erano via via formati, erano di fede ariana o eretica.

Le campagne d’Africa

Giustiniano iniziò la sua opera espansionistica rivolgendosi verso i Vandali stabilitisi in Africa. Il generale Belisario attaccò nel 533, sconfiggendo rapidamente i Vandali, indeboliti dai forti contrasti interni. Conquistò poi in successione la Corsica, la Sardegna e le isole Baleari. Il controllo dell’Africa rese possibile l’altra grande campagna di Giustiniano, quella in Italia contro gli Ostrogoti.

La campagna d’Italia

conquista dell'Italia
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La campagna d’Italia prese avvio nel 535, alla morte di Amalasunta, figlia di Teodorico, re degli Ostrogoti. La donna era stata reggente in nome del figlio Atalarico, poi alla morte di questo, aveva governato assieme al cugino Teodato, che, però, la fece imprigionare e infine uccidere. Giustiniano approfittò di questa situazione e diede il via alla cosiddetta “guerra gotica“, attaccando su due fronti: dalla Dalmazia e via mare dalla Sicilia e poi Napoli per arrivare a Roma (536).

La seconda fase della campagna d’Italia fu però più ardua. Questa iniziò con la detronizzazione di Teodato da parte degli Ostrogoti che elessero loro capo Vitige. Egli riuscì a porre Roma sotto assedio (537-538). I Bizantini di Giustiniano furono costretti a dirigersi verso Nord per attaccare Ravenna, capitale del regno ostrogoto. Si avvalsero dell’aiuto di truppe di varia provenienza, come quelle di Narsete, generale di origini armene che entrò in contrasto con Belisario circa la conduzione della campagna.

La conquista dell’Italia

L’occupazione di Ravenna avvenne solo nel 540, occasione in cui il re Vitige fu preso prigioniero e portato a Costantinopoli. L’anno successivo, però, gli Ostrogoti si risollevarono grazie alla guida di Totila che aprì una nuova fase di guerra. Da nord, egli giunse fino a Napoli e arrivò ad assediare Otranto. Nel 546 prese Roma e, di fronte al suo insuccesso, Belisario fu richiamato a Costantinopoli. Gli Ostrogoti avevano il territorio d’Italia di nuovo saldamente nelle loro mani.

Totila continuò inarrestabile le sue conquiste, in Sicilia, in Corsica e in Sardegna (551), nella penisola balcanica e fino all’Epiro, quando l’esercito bizantino rialzò la testa grazie alla guida di Narsete. Lo scontro decisivo avvenne nel 552 a Tagina (Gualdo Tadino, in Umbria) e Totila fu sconfitto. Gli Ostrogoti cercarono di attaccare nuovamente sotto la guida del successore, Teia, ma furono rapidamente sconfitti. L’Italia era nelle mani dei Bizantini, anche se il paese appariva fortemente compromesso, con un’economia debole e una popolazione decimata dalle guerre continue.

I Balcani

La continua necessità di uomini, mezzi e risorse lungo le sponde del Mediterraneo avevano compromesso la presenza dello stato di Bisanzio lungo la frontiera danubiana, quasi priva di uomini a presidio. Questa situazione di debolezza rese possibile la penetrazione di popolazioni slave nella penisola balcanica che giunsero fino all’Egeo. L’immediato entroterra di Costantinopoli appariva senza difese. La slavizzazione dei Balcani, iniziata con Giustiniano, continuò anche nell’epoca successiva.

La politica estera verso la Persia

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L’ideale di avere un impero universale non era nutrito solo da Giustiniano ma anche dall’imperatore persiano. Già ai tempi dei predecessori di Giustiniano, lo stato di Bisanzio aveva perduto territori che erano stati conquistati dai persiani. Nel 532, Giustiniano firmò un patto di pace perpetua con il re della dinastia sasanide Cosroe I (531-579). Giustiniano considerò questa iniziativa necessaria al fine di avere a Oriente una situazione tranquilla e potersi concentrare nelle campagne di conquista dell’Occidente. Sempre a questo scopo, egli fece numerose concessioni e acconsentì a pagare ai persiani un tributo per la difesa del Caucaso contro i barbari.

Tuttavia, nel 540 Cosroe annullò il patto e le sue truppe arrivarono fino ad Antiochia e al Mediterraneo. Inoltre, a nord si diresse verso l’Armenia e fino alle coste del Mar Nero. Giustiniano, per non doversi impegnare anche su questo fronte, accettò di pagare un ulteriore tributo annuo fino a che nel 562 stipulò un pesante trattato di pace cinquantennale con Cosroe. Tutti questi pagamenti determinarono da parte di Costantinopoli un notevole aumento della pressione fiscale interna.

La politica interna di Giustiniano

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Ricchissima di avvenimenti fu anche la politica interna di Giustiniano che, nel suo immenso lavoro, era coadiuvato dalla sua cerchia di collaboratori. Essa era formata da sua moglie Teodora, i generali Belisario e Narsete, il giurista Triboniano, il prefetto del pretorio Giovanni di Cappadocia. All’inizio del suo regno, Giustiniano dovette fronteggiare la rivolta di Costantinopoli, detta Nika (532), animata da alcuni esponenti dell’aristocrazia che però ebbero la peggio. Giustiniano si preoccupò così di rafforzare il suo ruolo e lo fece attraverso una grandiosa attività edilizia, di cui rimangono varie testimonianze a Ravenna con San Vitale e a Costantinopoli con Santa Sofia e altri edifici, e tramite la fortificazione dei confini.

Dal punto di vista istituzionale di governo, Giustiniano abbandonò la tradizione precedente inaugurata da Costantino. Invece di separare le cariche, infatti, Giustiniano tese ad accumularle, dando più importanza al potere politico o al potere militare a seconda delle particolari circostanze.

Il Corpus Iuris Civilis

corpus iuris civilis di giustiniano
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Il Corpus Iuris Civilis di Giustiniano offrì una salda base giuridica allo stato di Bisanzio. Si tratta di una mirabile opera di codificazione del diritto romano, con una mirata interpretazione che teneva conto anche del Cristianesimo e della tradizione ellenica. Giustiniano era un forte sostenitore dell’ortodossia religiosa che lo spinse all’intolleranza verso ogni altro credo e il paganesimo. Egli, alla luce del Cristianesimo, introdusse, una maggiore umanizzazione nel rapporto con gli schiavi domestici. Il corpus accentuò l’autocrazia, l’elemento assolutistico del potere imperiale.

Il Corpus Iuris Civilis comprende più parti. Il Codex Iustinianus raccoglie tutti gli editti imperiali vigenti al tempo di Adriano (76-138). L’innovativo Digesto o Pandette è una raccolta degli scritti dei giuristi classici romani. Le Istitutiones è una specie di riassunto delle due parti precedenti con una sistemazione di tipo manualistico. Infine, abbiamo la raccolta di una serie di leggi, le Novellae, le uniche redatte in greco, poiché il loro carattere pratico necessitava della lingua di uso comune. Il Corpus rimase alla base dello stato di Bisanzio per un millennio.

L’economia

Mentre in Occidente si assisteva al tramonto delle città, nella parte orientale la vita urbana si sviluppò vivacemente. Giustiniano seppe valorizzare le attività commerciali e manifatturiere, favorendo la nascita di commerci di ampio respiro con l’India e la Cina. Si svilupparono le importazioni di seta e le esportazioni di tessuti e manufatti, passando da nord e da sud per aggirare la Persia. Il nord era un bacino per reperire ambra, pellami e schiavi. Con l’accaparramento di bachi da seta, iniziò la produzione di seta anche all’interno dell’impero d’Oriente, utile per le esportazioni.

Il cesaropapismo

L’appoggio del papato fu per Giustiniano un elemento imprescindibile, poiché gli permetteva di agire come imperatore romano e cristiano. Per tale motivo, Giustiniano può essere considerato l’iniziatore del cesaropapismo bizantino. In questa veste, tuttavia, rimaneva il problema delle regioni più orientali, le più attive economicamente ma anche le più propense a professare il monofisismo. Nel 553 egli indisse un concilio ecumenico che cercò di mediare tra ortodossi e monofisiti, ma senza grandi successi.

Più positiva fu la sua azione congiunta, militare e religiosa, di portare alcuni popoli barbari a gravitare nell’orbita dell’impero romano e della religione cristiana. Infatti, la sua politica estera si avvaleva dell’apporto dell’evangelizzazione e dell’elemento missionario. La difesa dell’ortodossia religiosa spinse Giustiniano a proibire l’insegnamento ai pagani nel 529. Di conseguenza, fu chiusa l’Accademia di Atene, la prestigiosa scuola di filosofia fondata da Platone ben nove secoli prima.

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