Fra il IV e V secolo l’Impero romano d’occidente fu assaltato dai popoli barbari che già da tempo spingevano ai suoi confini. Ciò rappresentò un’altra causa, se non la principale, della fine dell’Impero romano d’Occidente.
Chi erano i popoli barbari
Per popoli barbari, o germanici, si intende un insieme di popolazioni appartenenti al ceppo linguistico indoeuropeo. Nei primi secoli dell’impero, tali popolazioni avevano occupato un immenso territorio che andava dalla Scandinavia meridionale all’Europa orientale, passando per l’Europa centrale e il Mar Nero. Tra l’VIII e il I secolo a.C. i popoli barbari erano migrati per occupare i territori dei Celti, presenti anche essi su un vasto territorio che andava dalla pianura russa alla penisola iberica e che erano già entrati in contatto con il mondo romano.
I popoli barbari si dividevano in tre gruppi:
- Germani settentrionali(Danesi, Juti, Angli)
- Germani orientali (Rugi, Burgundi, Vandali e goti)
- Germani occidentali (Suebi, Longobardi, Frisoni, Sassoni, Franchi, Turingi, Alamanni, Bavari).
Come vivevano i popoli barbari
Pur essendo popolazioni diverse fra loro, i barbari erano accomunati dai modi di vita e dalle credenze religiose. Non erano propriamente nomadi. Preferivano stanziarsi in isolati villaggi, praticavano la caccia, la raccolta di frutti, un’agricoltura rudimentale e soprattutto allevavano bestiame. La ricerca di pascoli e terre migliori li spingeva però a spostarsi.
La struttura dei popoli germanici era di tipo comunitario. La struttura base delle tribù era la Sippe, un raggruppamento di famiglie imparentate fra loro. Ogni Sippe aveva una porzione di terre e pascoli. Tuttavia, durante le guerre il potere passava al ceto dei guerrieri, di cui facevano parte tutti gli uomini idonei alle armi delle varie Sippen. Insieme eleggevano dei capi temporanei (duces).
Popoli guerrieri
Attorno ai capi più autorevoli si sviluppavano clientele armate, cioè gruppi di guerrieri a servizio stabile del capo dietro corresponsione di compensi e vitto. I duces rappresentavano dunque l’aristocrazia. Alcune popolazioni germaniche erano anche dotate di sovrani eletti tra i membri delle Sippen più potenti.
Ai di là di questi aspetti, i popoli barbari erano caratterizzati sostanzialmente da una cultura arretrata. Non conoscevano la scrittura, poiché la scrittura runica era confinata solo nell’ambito magico-religioso, e tutta la loro civiltà ruotava attorno al mestiere delle armi. I Germani erano politeisti e si rivolgevano soprattutto alle divinità della fecondità e della guerra.
Il contatto con il mondo romano
Dall’inizio del IV secolo, i Germani entrarono in contatto con le popolazioni romanizzate, cioè quelle poste ai confini dell’Impero. I primi rapporti non furono ostili. Tuttavia, dalla metà del II secolo i barbari divennero via via sempre più aggressivi, impegnando gli imperatori romani in lunghe campagne difensive. Dalla metà del III secolo gli attacchi si fecero più decisi e duri, con sfondamenti del confine lungo il Danubio e la conquista di alcune province. La Dacia oltre il Danubio divenne terra dei Goti, il basso Reno passò ai Franchi.
Le conseguenze? Le città poste nei pressi del limes iniziarono a difendersi e fortificarsi e l’impero iniziò a pagare tributi alle popolazioni situate sul confine per ingraziarsi il loro aiuto contro le tribù più violente e ostili. Alcuni soldati germanici furono accolti entro i confini per entrare a servizio dell’impero romano, per combattere contro altre tribù germaniche. Nel 370, la metà dell’esercito romano era costituito da soldati barbari e numerosi capi germanici scalarono la gerarchia militare, riuscendo a entrare anche in Senato.
Fine del IV secolo: riprendono gli attacchi
Questo processo di osmosi fu interrotto da una rinnovata aggressività dei popoli barbari ai confini verso la fine del IV secolo. Gli attacchi divennero più frequenti e cruenti a causa delle tribù che erano alla continua ricerca di nuovi spazi. Ma questa non fu l’unica causa di tale rinnovata aggressività.
Infatti, la causa più immediata era rappresentata dalla pressione esercitata dagli Unni sui limiti orientali degli insediamenti germanici negli ultimi decenni del secolo. I temibili Unni erano una popolazione nomade del gruppo turco-mongolo e si stavano rapidamente spostando verso occidente.
Oltre gli Unni: gli altri popoli barbari
Se gli Unni spingevano nelle retrovie, i popoli barbarici più vicini ai confini, di conseguenza, erano costretti a muoversi e a spingere verso il limes. I Visigoti, o Goti occidentali, subirono l’onda d’urto e si trovarono sospinti entro i confini dell’Impero. Accolti dall’imperatore Valente (364-378), dopo pochi anni attaccarono Costantinopoli con un grosso esercito, perché insoddisfatti delle condizioni poste loro dall’imperatore. Valente tentò di bloccarli ma fu ucciso nei dintorni di Adrianopoli.
Per la prima volta i barbari sconfissero i Romani. Il nuovo imperatore, Teodosio (347-395), fu costretto a riconoscere loro il diritto di stanziarsi entro i confini dell’Impero in qualità di federati. Ciò significò per i Visigoti il diritto di autogovernarsi tramite i loro capi.
Alarico e il sacco di Roma
Poco dopo, guidati dal re Alarico (370-410), i Visigoti si rivolsero verso l’occidente. Egli era stato nominato magister militum (capo delle truppe) per l’Illirico, potendo così accedere agevolmente in Italia nel 397. Varcate le Alpi Giulie, Alarico saccheggiò Aquileia e poi si diresse verso Milano, da dove la corte imperiale fuggì verso Ravenna. La città divenne così la capitale della parte occidentale dell’Impero Romano.
Stilicone, generale vandalo dell’esercito romano, intervenne per fermare l’avanzata di Alarico. Il comandante era favorevole a stringere accordi con i Germani, e con i Visigoti in particolare, e proprio per questo nel 408 fu accusato di tradimento e ucciso. A causa di ciò, Alarico non ottenne ciò che Stilicone gli aveva concesso, cioè la regione dell’Illirico. Per vendicarsi, puntò verso Roma e la saccheggiò selvaggiamente nel 410. Il sacco di Roma ebbe una grande impatto su tutto il mondo occidentale e orientale per l’umiliazione subita da quella che per secoli era stata considerata una potenza indiscussa. I contemporanei ebbero la netta impressione che si era ormai giunti alla fine di un’epoca e al termine dell’Impero Romano.
Le due parti dell’Impero e i barbari
Tutti questi avvenimenti ebbero come conseguenza l’aumento del divario tra la parte occidentale e la parte orientale dell’Impero. La parte orientale era ormai un impero autonomo e distinto, meglio organizzato e sviluppato, dotato di confini più gestibili e difendibili. In pratica, di fronte alle spinte dei barbari, l’Oriente rispose dirottandole verso l’Occidente.
Di conseguenza, i popoli germanici non riuscirono a penetrare all’interno della parte orientale dell’Impero che mantenne così un’identità e una cultura pura e unitaria. Tutto il contrario accadde in Occidente, dove l’osmosi e la mescolanza con i Barbari fu piuttosto accentuata, tanto che questi ormai ricoprivano posizioni di rilievo negli apparati di governo e militari.
Gli Unni: una nuova ondata
Dall’Europa settentrionale Juti, Sassoni e Angli infestavano i mari del Nord con attacchi pirateschi mentre, per terra, occupavano i territori della Britannia. Dalla linea, già sfondata, del Reno diverse tribù germaniche arrivarono fino alla Gallia, mentre nella penisola iberica i Visigoti e i Vandali occupavano tutte le terre. Dalle coste della Spagna, nel 429 i Vandali si spinsero via mare fino all’Africa settentrionale. Dunque, la parte occidentale dell’Impero era in balia dei Barbari che trovavano ovunque via libera, in quanto il governo non era in grado di opporre una efficace resistenza.
L’Impero stringe accordi
L’impero reagì stringendo accordi con i Barbari che via via entravano entro i suoi territori. Questi accordi, detti foedera, consistevano nel riconoscimento delle terre che occupavano in cambio di aiuto militare. Dopo qualche successo nel contenere l’espansionismo barbaro ottenuto dall’imperatore Valentiniano III (425-455) e il suo generale Ezio, arrivò una nuova sferzata, quella più grave.
L’attacco più forte e cruento all’Impero arrivò dagli Unni, di nuovo in movimento dalla regione danubiana. A differenza del loro avvicinamento avvenuto alla fine del IV secolo, ora gli Unni sembravano più interessati a stanziarsi e non solo ad attaccare per razziare. Infatti, essi si accordarono sia con la parte occidentale sia con la parte orientale dell’Impero per vedersi riconosciute le terre occupate in cambio di alleanza militare.
Attila
Gli Unni erano guidati da Attila (395-453), capo militare che intorno alla metà del V secolo aveva raggruppato attorno a sé diverse popolazioni, dando luogo a un dominio molto vasto che andava dalle zone caucasiche fino ai confini della Gallia. Sotto Attila, gli Unni divennero una macchina da guerra. Erano tenuti faticosamente lontani dai confini dell’Impero a suon di tributi.
Tuttavia, nel 451 Attila decise di puntare verso l’Occidente. Penetrò nell’Illirico e nella Gallia dove gli andò incontro il generale Ezio, messo a capo di una coalizione di altri popoli barbari che si sentivano minacciati dagli Unni. I due eserciti si scontrarono nella battaglia dei Campi Catalaunici (presso Troyes), dove Attila fu temporaneamente bloccato e respinto verso la regione danubiana.
L’attacco non si ferma
Tuttavia, l’anno successivo Attila rinnovò l’attacco, questa volta dirigendosi contro l’Italia settentrionale. Distrusse e saccheggiò diverse città durante il suo cammino verso Roma. Ma egli si arrestò sul Mincio dove incontrò una delegazione di senatori romani, di cui, si dice, faceva parte anche il papa Leone Magno. Probabilmente, egli non volle forzare la situazione, in quanto le truppe erano provate dalla fatica e dalla fame. Inoltre, in quel momento Costantinopoli stava attaccando i suoi possedimenti in oriente.
Attila tornò nei suoi domini dell’attuale Ungheria, dove morì poco dopo, nel 453. L’impero non resse alla sua scomparsa: si trattava di una compagine troppo eterogena, tenuta assieme solo dall’autorevolezza e dal carisma di un grande capo. La minaccia degli Unni scomparve per sempre.
La fine dell’Impero romano d’Occidente
La parte occidentale dell’Impero era comunque avviata a un processo di decadenza oramai inarrestabile. Al centro della crisi c’erano le sanguinose contese tra i comandanti militari e i capi barbarici che avevano in mano le province. Ezio fu assassinato nel 454 per volere dello stesso imperatore Valentiniano. Il capo dei Vandali, Genserico (389 – 477), approfittò del vuoto di potere militare per spingersi fino alla foce del Tevere e saccheggiare violentemente Roma (455). In risposta, Valentiniano fu ucciso dai seguaci di Ezio.
Ad esso seguirono ben nove imperatori in soli vent’anni. A contendersi il potere erano però ormai i grandi generali barbari come Ricimero dei Suebi o Odoacre di origine scira. Proprio quest’ultimo fu l’autore della deposizione dell’ultimo imperatore della parte occidentale dell’Impero, Romolo Augustolo che nel 476 fu esiliato. Le insegne imperiali furono consegnate all’imperatore d’Oriente Zenone. Ciò segnò la fine ufficiale dell’Impero romano d’Occidente.
Libri per approfondire
Le invasioni barbariche di Claudio Azzara
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