Home Fatti e luoghi L’aborto e la contraccezione nell’antica Roma

L’aborto e la contraccezione nell’antica Roma

storia dell'aborto e della contraccezione nell'antica Roma
AI

Nell’antica Roma la famiglia e la procreazione erano aspetti centrali della vita sociale e culturale. La nascita di bambini non era solo una questione privata, ma anche un importante fattore socio-politico. Pratiche quali l’aborto e la contraccezione nell’antica Roma assumevano significati particolari. Questi temi riflettevano e plasmavano allo stesso tempo i valori, le norme e le leggi di una civiltà complessa e stratificata. 

L’aborto e la contraccezione nell’antica Roma

La società romana era fortemente stratificata e regolata da norme abbastanza rigide. La nascita di figli legittimi era essenziale per mantenere le linee ereditarie e per il prestigio familiare. L’aborto e la contraccezione nell’antica Roma erano pratiche comuni, ma non prive di controversie.

La legge romana non proibiva esplicitamente l’aborto. Tuttavia, la sua accettazione sociale variava in base allo status della donna e alle ragioni dell’aborto. L’abbandono dei neonati, specialmente di quelli non desiderati o illegittimi, era allo stesso modo una pratica diffusa, strettamente legata alle dinamiche sociali ed economiche.

L’aborto nell’antica Roma

metodi contraccetivi nell'antica roma
Wikimedia Commons

Il poeta Ovidio rivolge queste parole alla sua amica Corina: “Perché tormentate il vostro ventre introducendovi con la violenza armi appuntite e date al bambino non nato un orrido veleno”. Nella letteratura latina mancano fonti che ci illuminino sulle motivazioni personali delle donne che facevano ricorso all’aborto. Solo nel caso rappresentato da Ovidio, sappiamo che Corinna aveva abortito per ragioni estetiche.

Secondo il diritto penale, l’interruzione volontaria di gravidanza non costituiva reato perché il diritto romano non considerava il nascituro una persona. In età repubblicana, l’aborto non era punito per legge. Inoltre, il confine tra prevenzione e metodo contraccettivo era assai labile.

Sanzioni penali contro l’aborto

Solo nel 200 d.C. comparve la prima sanzione penale circa l’aborto. Essa consisteva nell’esilio a vita per la donna che faceva ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza contro il parere o all’oscuro del marito. Infatti, il matrimonio in sé prevedeva per il marito il diritto di avere una prole legittima.

Ma ancora più severa era la pena stabilita per chi aiutava ad abortire. Ovvero la condanna ai lavori forzati oppure all’esilio se la donna moriva durante l’operazione. Tuttavia, la severità delle pene non sortì l’effetto desiderato e l’aborto continuò a essere praticato.

I metodi per abortire

Dunque, anche durante l’età imperiale, si ricorreva abbondantemente all’aborto. I metodi più diffusi consistevano nell’assunzione di purghe ed emetici o altre bevande. Ma anche veri interventi chirurgici con sonde metalliche. Oppure ancora si cercava di abortire tramite l’esecuzione di movimenti violenti, sollevando pesi eccessivi, realizzando lavande o applicazioni locali.

Le donne che abortivano da sole erano tante ma, più spesso, si facevano aiutare da persone specializzate in tale pratica o che fornivano loro i mezzi per procedere. Non necessariamente tali persone erano dei ciarlatani. Infatti, occorre considerare che nell’antica Roma, nessun medico si atteneva rigorosamente al giuramento di Ippocrate che implicava il divieto di fornire rimedi abortivi.

La posizione dei medici

L’aborto nell’antica Roma rappresentava una realtà complessa. Mentre alcuni filosofi e medici lo condannavano, altri lo consideravano una scelta necessaria in determinate circostanze. Ad esempio, quando la salute della madre, le sue condizioni economiche, il suo status sociale e la legittimità della gravidanza erano tutti fattori contrari all’avere un bambino.

I metodi contraccettivi nell’antica Roma

Aborto e metodi contraccettivi nell’antica Roma erano temi dai confini molto labili. L’aborto era spesso un contraccettivo dell’ultima ora. Ma quali erano i veri metodi contraccettivi dell’antica Roma? All’epoca non vi era consapevolezza sulla differenza tra i vari metodi contraccettivi e tra essi e l’aborto oppure l’abbandono dei bambini. Infatti, questa inconsapevolezza era causata dalla mancata conoscenza del meccanismo fisiologico del concepimento.

Prevenire le gravidanze

Segnale di tale situazione è il fatto che, nella lingua latina, non esistono parole per indicare il concepimento e la contraccezione. L’unica espressione utilizzata nella lingua orale era “ne concipiat”, cioè “affinché non rimanga incinta”.

Le fonti in nostro possesso ne parlano raramente e solo in riferimento alle classi più agiate. Dunque, sembra che l’aborto fosse più praticato rispetto ai metodi per evitare una gravidanza. Infatti, nella letteratura medica antica troviamo molti più scritti sull’aborto che sulla prevenzione.

Storia dell’aborto e della contraccezione nell’antica Roma: la svolta nel II secolo

Dal II secolo d.C., grazie a un miglioramento della qualità della vita dei Romani, i metodi contraccettivi si diffusero maggiormente. Comunque, essi rimasero un aspetto che riguardava solo la sfera femminile e del quale solo le donne dovevano occuparsene. Per evitare una gravidanza si faceva ricorso alla resina di cedro, aceto, acqua salata e olio d’oliva applicati sulla vagina o sul pene. Ma anche a lavande e alla semplice rimozione manuale dello sperma dalla vagina.

Più evoluti erano i metodi che consistevano nell’introdurre in vagina pezze di lana intrise di olio di oliva, miele, vino o resina. Molti ricorrevano a un metodo del tutto inefficace: indossare amuleti magici durante il rapporto sessuale. Inoltre, si evitavano i rapporti nei giorni fertili del ciclo, Ma questo metodo era inefficace perché non c’era una conoscenza precisa delle fasi del ciclo e dell’ovulazione. Infatti, i medici ritenevano che i giorni più fertili fossero quelli immediatamente dopo le mestruazioni. Il coito interrotto era praticato pochissimo e ne abbiamo notizie solo dal IV secolo d.C.

L’abbandono dei bambini: un altro aspetto della storia dell’aborto e della contraccezione nell’antica Roma

antica-Roma-Aborto-contraccezione-e-abbandono-dei-neonati
AI

Anche l’abbandono dei bambini era considerato una pratica di pianificazione della famiglia e della prole, al pari dell’aborto e della contraccezione nell’antica Roma. L’expositio (l’abbandono) era largamente praticato nella parte orientale dell’impero, dove era una specie di tradizione. Però, con il consolidamento dell’impero, si iniziò a ostacolare tale pratica, anche se la legge non si espresse mai con un divieto formale.

Le motivazioni che spingevano ad abbandonare i bambini includevano la presenza di malformazioni fisiche nei nascituri. Ma anche situazioni economiche precarie e compromesse dei genitori e della madre in particolare. Infatti, erano soprattutto i poveri a ricorrervi. Non a caso, il numero dei bambini abbandonati aumentava durante i periodi di crisi, penuria e carestia.

Il destino di femmine e maschi

L’abbandono dei bambini riguardava soprattutto le femmine perché erano più costose da mantenere fino al loro matrimonio. Con il matrimonio c’era poi bisogno della dote. Le ragazze non sposate erano reiette, quindi foriere di sciagure future. Esse erano avviate spesso alla prostituzione in mancanza di altre forme di sostentamento. I neonati  abbandonati erano adagiati in una cesta o bacinella e lasciati in luoghi molto frequentati. Ad esempio, al mercato di Roma vi era una colonna dove si trovavano regolarmente le ceste con i bambini dentro. Per tale motivo, la colonna era chiamata lactaria columna, la colonna del latte. In questo modo, si cercava di assicurare loro maggiore possibilità di salvezza. Tuttavia, erano molti i neonati che morivano di fame e freddo.

E anche se scampavano alla morte, la vita degli orfani non si preannunciava quasi mai fortunata. La loro sorte consisteva quasi sempre nella schiavitù per i maschi e nel lupanare per le femmine. Chi adottava i trovatelli aveva infatti il diritto di renderli schiavi, di farli lavorare. Se poi i genitori naturali ci ripensavano o ritrovavano il figlio abbandonato e ne richiedevano la liberazione, dovevano rimborsare i genitori adottivi per le spese sostenute durante la crescita. A differenza del diritto romano, quello greco prevedeva che la restituzione dovesse avvenire senza alcun rimborso.

Aborto e contraccezione nell’antica Roma immagini