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La storia di Olive Oatman: schiavizzata e strappata dalla sua civiltà

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La storia di Olive Oatman si inserisce in quella vicenda storica conosciuta con il nome di Conquista del West da parte degli immigrati bianchi di quei territori degli Stati Uniti d’America situati a ovest del Mississippi.

Olive Oatman è una figura storica femminile, nota per la sua incredibile storia di sopravvivenza e di adattamento nel selvaggio West americano del XIX secolo. Per molti versi questo periodo fu caratterizzato da storie agghiaccianti, fatte di crudeltà e violenza infinita, proprio come la storia di Olive Oatman, la donna che fu schiavizzata e strappata dalla sua civiltà, ma che riuscì ad adattarsi e ad andare avanti.

Il contesto storico: la conquista del Far West

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La conquista del Far West fu un periodo della storia degli Stati Uniti d’America segnato da battaglie ed episodi cruenti ma anche affascinanti. La conquista del Far West negli Stati Uniti avvenne durante il XIX secolo. La spinta verso ovest iniziò con il cosiddetto “Acquisto della Louisiana” del 1803, quando gli Stati Uniti acquisirono un vasto territorio dalla Francia, spianando la strada per l’espansione oltre il Mississippi.

La dottrina del “Destino Manifesto”, popolare in quel periodo, sosteneva che gli Stati Uniti fossero predestinati a espandersi da costa a costa. Questa convinzione fu usata per giustificare la spinta verso ovest, determinata dall’ambizione economica e dalla ricerca di nuove terre da parte dei coloni.

I costi dell’espansionismo

Tuttavia, questa espansione non fu priva di costi umani e morali. Le popolazioni indigene americane subirono spostamenti forzati, massacri e la distruzione delle loro culture attraverso politiche di assimilazione forzata. Eventi come il Trail of Tears e i numerosi conflitti armati tra coloni americani e nativi americani, come le Guerre Sioux, sono tragici esempi delle conseguenze della conquista del Far West.

La corsa all’oro del 1849 in California attrasse migliaia di persone da tutto il mondo, accelerando la crescita della popolazione e la formazione di nuove città. Contemporaneamente, la legge Homestead del 1862 incoraggiava i coloni a spostarsi a ovest offrendo loro appezzamenti di terra a basso costo, a patto che ne migliorassero e coltivassero la terra per un periodo di tempo.

Storia di Olive Oatman: la donna che visse con gli Indiani

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La storia di Olive Oatman inizia a La Harpe, nello stato dell’Illinois, dove nacque il 7 settembre 1837 all’interno di una numerosa famiglia di fede mormone. Dal momento che La Harpe era un minuscolo centro, nel 1851, quando Olive aveva solo 14 anni, i suoi genitori decisero di partire e intraprendere una nuova vita che li avrebbe portati dall’Illinois alla volta della California, dove abbiamo visto si era scatenata la corsa alla ricerca dell’oro.

La famiglia partì al seguito di una carovana. Tuttavia, arrivati nei pressi di Santa Fe, la futura capitale dello stato del Nuovo Messico, gli Oatman decisero di proseguire da soli, assieme ad altre poche famiglie e abbandonarono la più sicura carovana. Da Santa Fe scelsero di continuare a viaggiare verso la foce del fiume Colorado.

Il terribile agguato

Arrivati nei pressi della località di Maricopa Wells in Arizona si resero conto che, per poter andare avanti, vi era solo un sentiero. Questa via era considerata molto pericolosa perché attraversava i territori di nativi americani piuttosto ostili. Le altre famiglie rinunciarono e deciso di fermarsi, ma non gli Oatman che si avventurarono oltre da soli.

Lungo il fiume Gila, sempre nell’attuale Arizona, avvenne ciò che cambiò per sempre la vita di Olive e dei suoi famigliari. Gli Oatman, infatti, a un certo punto del loro cammino furono raggiunti e circondati da un gruppo di nativi Yavapai che chiese loro di consegnare tutto il cibo e le armi in possesso. Questa richiesta causò molto probabilmente un alterco che subito degenerò, vista l’alta posta in gioco. Infatti, subito dopo la famiglia fu sterminata. Si salvarono il figlio Lorenzo, di 15 anni, Olive e la sorellina Mary Ann di 7 anni. Ma a caro prezzo.

La vita tra gli Indiani d’America di Olive Oatman

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Qui inizia la seconda parte della storia di Olive Oatman e della sua vita. Fingendosi morto, Lorenzo riuscì a scamparla. Dopo che il gruppo di nativi si allontanò con il loro “bottino”, il ragazzo si alzò da terra e si mise a correre fino a che non incrociò una carovana di pionieri, alla quale si unì.

Diverso fu il destino delle due fanciulle, Olive e Mary Ann che scomparvero. I nativi, infatti, presero le due bambine e le portarono con la forza al loro villaggio. La vita delle sorelle Oatman cambiò radicalmente. Spesso picchiate, Olive e la sorella furono ridotte a schiave e costrette a vivere secondo le usanze dei loro padroni.

L’esperienza presso i Mohave

Dopo circa un anno con gli Yavapai, le sorelle Oatman furono vendute a un gruppo di Mohave, indiani stanziati nel villaggio di Needles, in California. La condizione di Olive e Mary Ann migliorò perché furono trattate con benevolenza dal capotribù e dalla sua famiglia. Attorno al 1855, a causa di un lungo periodo di siccità e carestia, la sorella più piccola di Olive, Mary Ann, morì di fame.

Ma è presso i Mohave che Olive subì quel segno particolare per una donna bianca e che la contraddistinse per il resto della sua vita. Durante la permanenza, infatti, la donna fu tatuata secondo l’uso in auge presso i gruppi di nativi americani. Olive fu vistosamente marchiata con un tatuaggio lungo tutto il mento. Il tatuaggio fu realizzato con la caratteristica polvere di pietra blu. Questo tatuaggio è diventato uno degli aspetti più noti della sua storia. Era composto da linee verticali blu scuro sul mento e rappresentava una pratica comune tra i Mojave per indicare l’appartenenza alla tribù. Dunque, Olive era considerata a tutti gli effetti un membro del loro gruppo.

La storia di Olive Oatman giunge al termine

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Olive rimase nel villaggio di Needles fino all’età di 19 anni. All’epoca si era già diffusa la voce che una ragazza bianca viveva assieme ai Mohave. I mormorii giunsero alle orecchie del comandante del Fort Yuma che, accertatosi della sua effettiva presenza presso gli Indiani, ne chiese la liberazione immediata.

Mohave dapprima cercarono di nascondere Olive, poi negarono che fosse una donna bianca e rifiutarono di liberarla e inviarla al Forte. Dopo brevi trattative, i Mohave cedettero e Olive fu portata a Fort Yuma. La ragazza poté così fare nuovamente ingresso nella sua civiltà originaria e riappropriarsi dei propri usi e costumi di vita.

La storia di Olive Oatman termina con un lieto fine. Al Forte la fanciulla scoprì che suo fratello Lorenzo era ancora vivo e che non aveva mai smesso di cercarla. I due si ritrovarono poco dopo e da allora in poi rimasero sempre in stretto contatto. Dopo essersi sposata e trasferita in Texas, Olive Oatman morì per un attacco di cuore all’età di 65 anni.

Non una situazione così strana

La storia di Olive Oatman non rappresenta un caso isolato. Durante il XVII, il XVIII e il XIX secolo furono adottati bambini bianchi da parte dei nativi americani. Le tribù miste e i matrimoni interrazziali non erano visti di buon occhio. Ma ci furono donne come Eunice Williams, Mary Jemison o Frances Slocum che decisero di non tornare indietro, nel mondo “civilizzato”. Per altre, come Olive Oatman e Cynthia Ann Parker, il ritorno fu invece estremamente traumatico poiché la cultura indigena aveva lasciato un’impronta profonda sia nei loro corpi che nelle loro menti.

Delle vite di Frances Slocum e di Olive Oatman ci sono giunti i loro resoconti che rappresentano una straordinaria testimonianza di storie atipiche con protagoniste intrepide figure femminili. Le loro narrazioni ci svelano i modi in cui le donne bianche, in quelle particolari ed estreme circostanze, sperimentarono e rielaborarono gli ideali su cui si basavano le dottrine occidentali di razza, classe e genere. In particolare, la storia di Olive Oatman è stata interpretata in vari modi, a volte come un esempio di coraggio e resilienza, altre volte in chiave più critica riguardo ai modi in cui le sue esperienze furono presentate e sfruttate nell’epoca dell’espansione verso ovest degli Stati Uniti.

La storia di Olive Oatman divenne famosa in tutti gli Stati Uniti e la donna partecipò a conferenze pubbliche, raccontando direttamente le sue esperienze. La vicenda vissuta da Olive Oatman è stata oggetto di numerose pubblicazioni, tra cui un libro scritto nel 1857 dal pastore metodista Royal B. Stratton, intitolato “Captivity of the Oatman Girls”. Questo libro divenne un bestseller e contribuì a rendere la sua storia nota a livello nazionale.

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