Afrodite era una dea particolarmente venerata presso i greci. Dall’isola di Cipro, dove si trovava il più importante santuario dedicato alla divinità dell’amore e della fertilità, il suo culto si diffuse in tutta l’area del Mediterraneo.
La dea Afrodite
Una delle divinità più adorate del pantheon greco era Afrodite, dea dell’amore e della fertilità. Secondo il mito tramandato da Esiodo nella Teogonia, la dea della terra Gea aveva sposato il figlio Urano, dio del cielo. Tuttavia, i due non erano innamorati: Urano si limitava a scendere dal cielo ogni notte per avere un rapporto e fecondare Gea, ma odiava i suoi figli e li teneva prigionieri nel ventre di Gea, impedendogli di venire alla luce.
La dea, infelice e stanca della situazione, convinse il figlio Crono a tagliare il pene e i testicoli al padre. Dopo averli tagliati, Crono gettò i genitali paterni in mare. Grazie alle correnti marine, il seme del dio giunse fino all’isola di Cipro. Dall’incontro delle onde con il seme di Urano nacque la dea Afrodite, che i Romani chiamarono Venere. L’affresco della casa della Venere in Conchiglia a Pompei raffigura la nascita della dea all’interno di una conchiglia, attorniata da amorini. A Palazzo Vecchio di Firenze, un affresco di Giorgio Vasari rappresenta Crono intendo a evirare il padre Urano.
Afrodite la dea di Cipro
E non è un caso che in tutta l’isola di Cipro, gli scavi archeologici abbiano portato alla luce numerose testimonianze di epoca remota del culto di Afrodite e di altre dee legate alla fertilità. Il Museo archeologico di Larnaka, ad esempio, comprende numerosi reperti di questo tipo, tra cui collanine con pendenti a forma di melagrane, un frutto legato ad Afrodite e simbolo di fertilità, statuette femminili datate a cinquemila anni fa e un ciondolo in oro con la raffigurazione di Astarte, dea del piacere e della guerra, il cui culto era diffuso durante l’Età del Bronzo.
I greci, infatti, tenevano in grande considerazione il mito della nascita di Afrodite a Cipro. Infatti, essi rivendicavano che il nome “Afrodite” derivasse dal greco e significasse “colei che è nata dalle onde del mare”. Tuttavia, oggi gli studi hanno rivelato che, più probabilmente, derivasse da un termine fenicio, poi ellenizzato in “Astarte” e, infine, trasformatosi in “Afrodite”. Dunque, la dea avrebbe origini orientali, anche perché nel III millennio a.C., nel Vicino Oriente, era diffuso il culto di una dea detta Ishtar o Astarte, simbolo del desiderio e dei piaceri della carne. Nel I millennio a.C. Astarte divenne una delle divinità principali del pantheon fenicio e il suo culto si diffuse in tutto il Mediterraneo.
Cronologia del culto di Afrodite
- III millennio a.C.: nel Vicino Oriente è diffuso il culto della dea della fertilità detta Inanna, Ishtar o Astarte a seconda della zona.
- 1200 a.C.: i Micenei giungono a Cipro e si appropriano del culto di una dea della religiosità locale che chiamano Afrodite.
- VII secolo a.C.: vengono composti gli inni omerici 5,6 e 10 dedicati ad Afrodite.
- 490 a.C.: ad Atene fu eretto un tempio nell’agorà dedicato ad Afrodite.
- 46 a.C.: Giulio Cesare istituisce il culto pubblico di Venere Genitrice.
Diverse divinità e religioni
Ma ora torniamo a Cipro. Durante l’Età del Bronzo, l’isola era in contatto con il Vicino Oriente, soprattutto per il commercio del rame che giungeva sull’isola dal Vicino Oriente, Grecia, Egitto e Mesopotamia. Ma assieme al rame viaggiavano anche credenze e religioni che iniziarono a convivere con le divinità e le tradizioni religiose locali. Ne è prova il fatto che, dal III millennio a.C., a Cipro si venerava una dea della fertilità, di cui si hanno molteplici raffigurazioni. A un certo punto, in questo quadro si inserì l’arrivo della cultura micenea, originaria della Grecia e attiva già dal II millennio a.C. I Micenei, all’inizio del XII secolo a.C., adottarono il culto della dea della fertilità di Cipro e costruirono un tempio a lei dedicato a Paphos.
Questo fu uno degli edifici sacri più grandi del mondo antico. Dagli inni omerici dedicati ad Afrodite, oggi sappiamo quali riti avvenissero in questo tempio: si bruciava il prezioso incenso dell’Arabia, olio d’oliva, miele e vino in quanto i sacrifici di sangue erano proibiti. Alcuni reperti rinvenuti nell’area, risalenti all’VIII secolo a.C., mostrano la dea intenta a sorseggiare una bevanda. Si ritiene che si trattasse di vino mescolato a oppio. Nei dintorni del tempio di Paphos erano coltivate varie specie di fiori, tra cui iris, violette e rose. Forse per tale motivo, oggi consideriamo la rosa rossa simbolo dell’amore.
I ruoli della dea Afrodite
Ma Afrodite non divenne solo il simbolo del desiderio, dell’amore e della fertilità. Come abbiamo visto, questa divinità nacque dalla mescolanza di culture diverse, orientali e occidentali, e la sua venerazione si diffuse in tutta l’area del Mediterraneo. La principale via di diffusione furono le città sul mare e i porti. Il culto di Afrodite, viaggiando per mare, travalicò i confini imposti dagli uomini. Nei porti di Corinto, Atene, Siracusa, Cnido furono innalzati templi per venerarla. Alla dea erano associati anche nomi legati ai commerci e alla navigazione. Abbiamo Afrodite Pelagia (del mare) o Afrodite Euplea (della buona navigazione).
La dea Afrodite era inoltre protettrice delle città, come nel caso di Atene. Sull’Acropoli, i cittadini le offrivano libagioni, depositandole in piccole nicchie rocciose, una tradizione che si è protratta fino ai nostri giorni da parte degli innamorati ateniesi. Ma ad Atene, Afrodite era considerata anche colei che poteva garantire lo sviluppo della polis. Gli ateniesi ritenevano che la dea avesse reso possibile l’unione delle tribù nella grande città-stato di Atene. Per questo motivo, si istituì il culto di Afrodite Pandemos, cioè “del popolo”, e nell’agorà fu eretto un tempio in suo onore.
Un altro significato per Afrodite Pandemos
Secondo l’autore del II secolo a.C., Nicandro di Colofone, il termine Pandemos deriverebbe da un altro significato, e cioè dal fatto che il legislatore Solone aveva eretto il tempio di Afrodite Pandemos utilizzando il denaro delle etere, cioè delle prostitute. Le fonti ci svelano come, in alcuni templi di Afrodite, fosse in auge la “prostituzione sacra“. Tuttavia, è più probabile che si trattassero di normali rapporti sessuali a cui si cercava di dare una copertura e giustificazione di tipo religioso.
Una città per Afrodite
Afrodisia, la città di Afrodite, fu fondata nel II secolo a.C. per opera di coloni greci su un altopiano dell’Anatolia. In questa zona, fin dall’antichità, si venerava una dea della fertilità. In età ellenistica, questa fu assimilata ad Afrodite. Al centro di Afrodisia si trovava un grande tempio dedicato alla dea. Durante l’impero di Augusto, nel I secolo a.C., il tempio fu ricostruito donandogli misure monumentali. L’edificio sacro divenne un luogo di pellegrinaggio.
Le raffigurazioni della dea della fertilità
Dal VI al V secolo a.C. Afrodite fu raffigurata nell’arte greca come una dea maestosa, dal portamento regale, vestita e con il volto scoperto. Dal IV secolo a.C. si verificò un cambiamento, in quanto Afrodite iniziò a essere raffigurata come una bellissima donna nuda.
Ad esempio, la statua di Afrodite Sosandra, eseguita nel V secolo a.C. dallo scultore Calamide per l’ingresso dell’Acropoli di Atene, appare con un mantello che la copre fino alle caviglie e l’espressione del volto seria. La statua di Afrodite Cnidia, realizzata nel 350 a.C. dallo scultore ateniese Prassitele e poi acquistata da Cnido per il suo tempio, raffigura la dea completamente nuda con in mano un telo con cui asciugarsi dopo aver fatto il bagno.
La dea Venere
Anche i Romani avevano una propria dea della fertilità e dell’amore, Venere. Il nome deriva dal termine sanscrito vanas, cioè desiderio. Dopo la caduta di Corinto, avvenuta nel 146 a.C., Roma conquistò i territori greci e le due dee, Afrodite e Venere, finirono per sovrapporsi. A Venere erano dedicate diverse festività romane legate alla fertilità, come i Veneralia e i Vinalia urbana, in occasione delle quali le prostitute indossavano un loro abito adornato da corone di fiori.
Anche Venere era considerata protettrice delle città. Infatti, la dea, secondo il mito, era la madre dell’eroe troiano Enea, il capostipite della dinastia imperiale romana. Per questo, dal 46 a.C. si celebrò la festa di Venere Genitrice, madre del popolo e della gens Iulia. Un tempio a lei dedicato fu costruito nel foro. A Pompei, Venere divenne la massima divinità. Qui fu venerata con il nome di Colonia Cornelia Veneria Pompeianorum.
La Venere di Pompei
L’estrema importanza attribuita a Venere da Pompei è testimoniata dalle numerosissime raffigurazioni che compaiono negli affreschi che adornavano le case della città romana situata sul golfo di Napoli. L’affresco di Venere Anadiomene che esce dal mare rappresenta la dea nuda con uno specchio in mano mentre esce dalle acque dopo la sua nascita. La casa di Venere e Marte è così chiamata per la presenza dell’affresco dei due amanti. La casa dell’Amore Punito mostra la raffigurazione di Cupido punto da Venere.
L’affresco della Casa di Gavio Rufo illustra la gara tra Venere e Vespero, personaggio mitologico che incarna la luce della sera. Il dio Apollo appare a sinistra. Il più famoso degli affreschi pompeiani è però la già citata Venere in Conchiglia, rinvenuta su una delle pareti del peristilio di una abitazione in via dell’Abbondanza. Si tratta di un’opera di grandi dimensioni che raffigura la dea nuda, adagiata entro una conchiglia, trasportata sulle acque del mare dagli amorini.
Libri per approfondire
Venere e Afrodite. Storia di una dea