Durante il Medioevo, le città europee furono protagoniste di un’importante rinascita economica e culturale. Dopo secoli di declino, dal XI secolo iniziò una ripresa che trasformò profondamente l’assetto urbano e sociale, grazie a mercanti, artigiani e innovatori che contribuirono a gettare le basi dell’economia moderna.
I presupposti della rinascita della città medievale
Lo storico economico Lopez affermò che il decollo della rivoluzione commerciale iniziò dalle campagne. Infatti, l’aumento della produzione agricola e la maggiore disponibilità di risorse alimentari consentirono a un numero crescente di persone di dedicarsi ad attività artigianali e commerciali, con il guadagno delle quali procurarsi il cibo necessario, senza essere costretti a coltivare la terra come mestiere. Inoltre, i coltivatori erano in grado di vendere le eccedenze alimentari prodotte e, con il denaro ricavato, acquistare merci e manufatti. Nacquero dunque le condizioni per una crescita consistente dell’attività artigianale e mercantile.
Ciò avvenne dapprima in ambito locale con quelle merci prodotte all’interno della signoria rurale. Poi il giro commerciale si allargò anche ad altri prodotti poiché la maggiore facilità dei trasporto e il miglioramento delle vie di comunicazione consentirono di travalicare i confini locali, raggiungendo mercati sempre più lontani. La crescita del commercio non riguardò solo l’ambito locale e regionale, ma anche quello su lunga distanza, coinvolgendo tutta l’area mediterranea.
La città medievale e le manifatture
Assai vivace fu la crescita dell’attività manifatturiera nei villaggi e soprattutto nelle città. La città medievale divenne il fulcro della produzione di manufatti grazie al miglioramento dei processi produttivi e all’impiego di una manodopera sempre più specializzata e numerosa. Fu nelle botteghe della città medievale che emerse quella “divisione del lavoro“, con la creazione di un ceto di artigiani specializzati e organizzati in associazioni di mestiere.
Il settore più produttivo fu quello tessile, in particolare laniero. Fra il XII e il XIII secolo le manifatture urbane travalicarono l’ambito locale per essere esportate in tutta Europa e in Oriente. Rinomati erano i panni lavorati nelle Fiandre. In seguito, si sviluppò la produzione di seta, un’arte introdotta in Sicilia dai Bizantini e dagli Arabi e poi diffusasi lungo le coste mediterranee, a Lucca e nella Germania meridionale. Anche la lavorazione del cotone e dei tessuti di fustagno conobbe un’espansione senza uguali fino ad allora.
Altri settori produttivi e le innovazioni tecnologiche
Numerosi altri settori di attività conobbero un sensibile aumento di produzione. Dalla produzione di carta, alla cantieristica, dalla lavorazione delle pelli a quella dei metalli. Inoltre, lo sviluppo delle manifatture favoriva la crescita di altre attività: ad esempio le manifatture dei metalli stimolarono l’attività estrattiva e mineraria. L’effetto traino si manifestò anche nella città medievale in altro modo: l’espansione dei centri urbani fece dell’edilizia un settore assai vivace e remunerativo.
Un così intenso sviluppo produttivo fu possibile grazie alla diffusione di innovazioni tecnologiche in ogni campo. Di grande importanza fu il mulino ad acqua che divenne un elemento costante del paesaggio medievale. La sua importanza derivò dal fatto che l’energia idraulica prodotta poté essere applicata a molti settori di attività, come la follatura della lana. Altre furono le innovazioni nel settore tessile come il telaio a pedali orizzontale e il filatoio a ruota.
Il piccolo e il grande commercio
La maggiore disponibilità di beni a un costo più piccolo incrementò l’attività commerciale. Si moltiplicarono i piccoli mercati, si ampliarono le fiere e i mercati urbani, si consolidò il commercio su lunga distanza.
Il grande commercio nel Mediterraneo
I traffici mercantili continuavano ad avere i loro empori di rifornimento nelle aree orientali. Le merci trasportate erano le spezie, i coloranti, la seta, l’avorio e le pietre preziose, lo zucchero e il grano. Come pagamento di tali merci era richiesto l’oro che, scarsissimo in Europa, era largamente diffuso nei territori islamici. Ciò aveva privilegiato per lungo tempo i mercanti arabi. Nei secoli X e XI, in concomitanza con la crisi dell’Islam e il declino di Bisanzio, si inserirono in questi commerci mercanti ebrei e occidentali, in particolare italiani, che ebbero accesso ai mercati orientali, senza più l’intermediazione di Greci e Arabi.
Inoltre, in questo periodo entrò in declino la grande via commerciale da Kiev all’Oriente a causa delle invasioni e razzie di tribù asiatiche. Di questa crisi approfittarono i Veneziani e i Genovesi. Grazie all’azione dei mercanti italiani, le merci preziose dell’Oriente furono scambiate non solo con l’oro ma anche con altri manufatti, soprattutto tessili, provocando un miglioramento degli scambi commerciali a vantaggio dell’Occidente.
Il Baltico
Un’altra area commerciale in forte espansione si sviluppò intorno al Mar Baltico a partire dalla metà del XII secolo. Essa fungeva da intermediazione tra Scandinavia, Polonia, Russia da un lato e l’Europa nord-occidentale dall’altro. L’area baltica forniva materie prime, merci preziose e derrate alimentari. I centri fiamminghi, francesi e renani, artigianalmente assai avanzati, erano in grado di esportare una vasta gamma di manufatti, soprattutto tessili.
I protagonisti di questi traffici furono i mercanti tedeschi, fiamminghi e olandesi. Particolarmente importante fu la fondazione di Lubecca nel 1143, ma furono creati anche altri nuovi empori e nuove colonie mercantili presso centri già esistenti. In tutti questi poli commerciali si organizzarono società di mercanti, dette hanse, che collegarono tra loro Amburgo, Lubecca, Danzica, Riga alle altre città commerciali del Mar del Nord e della Germania. Da questa situazione, successivamente, nacque la Lega anseatica.
Le Fiandre
Il punto di arrivo dei traffici baltici era la Fiandra che fungeva da intermediario con l’Occidente europeo. In questa zona erano già fittissimi gli scambi commerciali tra le coste del Mar del Nord e l’Inghilterra, l’entroterra francese e la Renania. Le Fiandre erano anche la destinazione dei traffici provenienti dal Mediterraneo, attraverso le vie transalpine che collegavano i porti italiani, soprattutto liguri, ai centri renani e fiamminghi.
Questo sistema si ampliò ulteriormente quando le vie transalpine si spostarono più a oriente tra il XII e il XIII secolo, grazie alla rinascita della Germania meridionale e sud-occidentale. Alla metà del XIII secolo grande importanza ebbe l’apertura della via del Gottardo che mise in comunicazione i porti tirrenici e le città lombarde e toscane con i centri tedeschi e renani. Tali itinerari erano dominati da mercanti italiani. Sempre nella metà del XIII secolo si stabilirono collegamenti marittimi tra il Mediterraneo e il Mar del Nord attraverso lo stretto di Gibilterra e le coste atlantiche. Furono soprattutto i Genovesi a seguire queste nuove vie.
Nuove forme di attività economica
Le crescenti dimensioni dell’attività commerciale stimolarono nuove forme di organizzazione dell’attività mercantile tramite strutture di impresa più evolute rispetto al singolo mercante avventuriero. Alle imprese partecipavano soci che possedevano un capitale da investire. Soprattutto nel commercio marittimo, che implicava forti rischi, grandi investimenti e un ritorno lento di denaro, si svilupparono vari tipi di contratti che prevedevano diverse percentuali di partecipazione.
Si andava dai prestiti ad alto interesse a forme di società come commende o societates maris, da cui nacquero vere forme di assicurazione marittima nel corso del XIII secolo. Anche nel commercio terrestre, per far fronte ai rischi, si organizzarono raggruppamenti di soci e la formazione di compagnie che avevano durata variabile in base al tipo di commercio da svolgere.
Le fiere
Nel grande commercio europeo ebbero notevole importanza le fiere. Si trattava di mercati temporanei che si tenevano con cadenza annuale, in diversi centri del continente, di solito lungo gli assi principali del traffico commerciale. Le fiere divennero i luoghi principali degli scambi e delle attività finanziarie connesse, il simbolo stesso del grande commercio medievale.
A partire dal XII secolo crebbero di importanza le cosiddette fiere di Champagne. Si trattava di sei fiere, della durata di due mesi ciascuna, che si succedevano lungo l’intero anno in alcuni centri vicini, tanto da dar vita a una sorta di mercato permanente.
Il denaro, cambiatori e banchieri
L’intensificarsi delle attività economiche richiese maggiore disponibilità di monete, più funzionali alle nuove esigenze. Infatti, le monete argentee di basso valore, che si continuavano a coniare dopo la riforma carolingia risultavano insufficienti. Inoltre, si era via via allargato il numero delle zecche, dato che molti signori laici ed ecclesiastici coniavano moneta, soprattutto nelle città medievale italiane, creando una situazione di disordine monetario. Una svolta si ebbe con il grosso d’argento, una moneta dal valore più elevato che iniziò a essere emessa tra il XII e il XIII secolo, dapprima in Italia e poi nel resto d’Europa. Ma il momento più significativo fu la coniazione di monete d’oro, che riprese dopo molti secoli in Europa.
L’oro ricomparve a opera dell’imperatore Federico II che nel 1231 batté per primo le monete dette augustales. Seguirono Genova e Firenze che, nel 1252, batterono rispettivamente il ducato genovese e il fiorino. Dal 1284 comparvero i zecchini veneziani e gli scudi francesi. Ma la crescente circolazione delle merci stimolò anche altri strumenti di pagamento come le lettere di accredito, di compensazione e di cambio, comparse tra il XIII e il XIV secolo. Queste ultime consentivano di trasferire da una piazza all’altra il denaro per pagare, senza spostamento fisico delle monete. Tale nuova molteplicità di forme di pagamento e di monete richiedeva operazioni di cambio e di deposito, per le quali nacquero apposite figure professionali, i cambiatori e i banchieri. Esse acquisirono via via un’importanza crescente anche come prestatori di mercanti, signori, principi, svolgendo un’attività finanziaria rilevante anche dal punto di vista politico.
La rinascita dei centri urbani: la città medievale
A questo nuovo e più complesso livello di vita economica si collegò la grande espansione della città medievale. Nei secoli precedenti la fitta rete di città di epoca romana si era gravemente indebolita in tutta Europa, fino quasi a scomparire. Una generale ripresa della vita urbana si ebbe a partire dal secoli X e XI con la rinascita di molte città e la fondazione di nuove. Tuttavia, non si trattò semplicemente di una restaurazione delle città dell’antichità, ma della nascita della città medievale, con sue caratteristiche proprie. Infatti, la “città antica” era stata fortemente segnata da un carattere terriero e rurale, concepita più un luogo di raccolta e consumo di prodotti che come centro di produzione e scambi.
La città medievale, invece, si caratterizzò per la stretta connessione tra le attività mercantili e manifatturiere. All’interno, acquistarono maggior peso politico e sociale i nuovi ceti dei mercanti e degli artigiani, legati alle nuove forme di vita economica. Essi si contrapponevano alle vecchie classi sociali, ancora legate alla terra, e spesso le rimpiazzavano nelle funzioni di governo. La città medievale si distingueva nettamente dalla campagna circostante. I cittadini si caratterizzavano per la divisione del lavoro e il diverso status giuridico che vigeva all’interno della città medievale.
Le città marinare
Una forma peculiare di città medievale fu la città marinara. Infatti, alcune città d’Italia conobbero una ripresa vivace e precoce grazie alla partecipazione al commercio arabo e bizantino nel Mediterraneo. A partire dal X e XI secolo, alcune città situate sulle coste meridionali dell’Italia seppero collegarsi ai traffici arabi e bizantini: Bari, Amalfi, Napoli e Gaeta. L’area campana e quella pugliese erano allora prospere e urbanizzate.
Venezia, Genova e Pisa fecero fortuna grazie ai collegamenti commerciali nel Mediterraneo. Questi centri stabilirono rapporti mercantili con i porti dell’Oriente, dell’Africa settentrionale e delle isole del Mediterraneo. Quando l’Occidente, con la ripresa demografica e agricola, aumentò la domanda di merci orientali, e divenne a sua volta produttore di beni, le correnti di scambio si intensificarono, e furono i porti dell’Adriatico e del Tirreno settentrionale a trarne il maggior profitto.
Il monopolio di Venezia, Genova e Pisa
Venezia si era emancipata politicamente da Bisanzio con la caduta dell’esarcato di Ravenna nell’VIII secolo. Il doge era ormai diventato un magistrato eletto dai cittadini. Tuttavia, i rapporti con l’impero non si erano mai interrotti e si rivelarono assai utili all’inizio del IX secolo per contrastare la conquista dei Franchi. Nel corso del X secolo si consolidò il dogato, elettivo e vitalizio, mentre sul piano economico Venezia, che aveva già il pieno controllo delle coste adriatiche, divenne l’anello di congiunzione con l’Oriente, arricchendosi enormemente. Per difendere le rotte orientali, Venezia si oppose efficacemente ai Normanni come alleata di Bisanzio. Per questo motivo, nel 1082 la città ottenne dall’imperatore Alessio Comneno, la Bolla d’oro, cioè la libertà di commercio in tutto il territorio bizantino e l’esenzione dal pagamento di tasse e dazi.
Genova e Pisa si erano indirizzate verso il Mediterraneo occidentale, scontrandosi duramente con i pirati saraceni, attaccandone le basi in Sardegna e Corsica e poi in Sicilia, Spagna e nell’Africa settentrionale. Genova stabilì traffici con l’oriente mediterraneo e vi costruì numerose basi commerciali. Fra l’XI e il XII secolo le città marinare italiane acquisirono il monopolio dei commerci mediterranei, soppiantando greci, ebrei e musulmani.
La città medievale nelle varie zone d’Italia
A seconda della zona d’Italia, la città medievale ebbe caratteristiche in parte uguali e in parte diverse. Contrariamente al resto d’Europa, nella penisola perdurò la vitalità dell’urbanesimo antico di stampo romano, testimoniata da una certa continuità degli insediamenti. Fu un elemento di grande importanza il particolare rapporto, economico e politico, della città medievale con il territorio circostante: una perdurante funzione di centralità, una tradizione antica di preminenza del centro urbano rispetto alla campagna.
Area padana e Toscana
Dalla nuova situazione demografica, agricola e commerciale venutasi a creare trassero particolare beneficio i grandi centri della Pianura padana. Assai precocemente Pavia, poi Cremona, grazie alla loro posizione sul Po e ai collegamenti con l’Adriatico e con Venezia. Ma questi due centri, presto furono superati da Milano che, a partire dal X secolo, riprese il suo ruolo di preminenza come sede di arcivescovi attivi e capaci e a capo di una vasta provincia metropolitica. Diversi fattori contribuirono alla ricchezza delle città padane: la grande produzione agricola, la posizione centrale nei traffici fra Mediterraneo ed Europa settentrionale, la capacità di azione politica delle classi sociali urbane.
Quasi contemporaneo fu lo sviluppo delle città medievali della Toscana, Lucca prima e Firenze poi. anche questi centri furono sempre più coinvolti nei flussi mercantili e finanziari che attraversavano l’Europa da sud a nord.
La nuova urbanizzazione in Europa
L’eredità urbana romana aveva esercitato una certa influenza sulla Francia settentrionale, i Paesi Bassi, la regione renana e la Germania meridionale, zone che registrarono una certa continuità degli insediamenti anche durante l’Alto Medioevo e nonostante la scomparsa dell’antica organizzazione municipale. Queste regioni sperimentarono una straordinaria rinascita urbana, con l’affermazione della città medievale con caratteristiche peculiari.
Molti centri ebbero origine da nuclei assai piccoli: agglomerati di abitazioni di mercanti e depositi di merci che si erano costituiti alla confluenza di importanti vie di comunicazione o nei pressi di un abitato fortificato da cui potessero ricevere protezione. Questi nuclei avevano il nome di borghi o porti, in riferimento all’attività mercantile che vi si svolgeva. Si trattava di luoghi di tappa, di sosta e centri di mercato che crebbero grazie al dinamismo dei mercanti e degli artigiani che vi abitavano. Essi presto si organizzarono in gruppi associativi (hanse o ghilde) e diedero il via all’espansione dell’abitato in una tipica città medievale.
Le città delle Fiandre
Ebbero un’origine come quella appena descritta molte città delle Fiandre, favorite dallo straordinario e rapido sviluppo dei traffici che attraversavano l’intera regione. Come ha sottolineato Pirenne, il grande sviluppo costiero, la vicinanza dell’Inghilterra, i tre grandi fiumi della Mosa, del Reno e della Schelda predestinarono i Paesi Bassi ad assumere nel bacino del Mar del Nord la stessa funzione svolta nel Mediterraneo da Venezia, Genova e Pisa. Le città principali furono Bruges, Ypres, Gand, St-Omer, Arras. Le Fiandre divennero una delle regioni più urbanizzate e popolate di tutta l’Europa.
Renania e Germania meridionale
Anche la valle del Reno fu caratterizzata da una forte espansione urbana, con l’affermazione della città medievale posta al centro dell’area commerciale fiamminga e la via di collegamento con l’Europa centrale e meridionale. Qui si affermarono centri come Colonia, Magonza, Worms, e più a sud, Strasburgo e Basilea. La forza economica delle città renane consentirà loro di dar vita a organismi politici autonomi e forti, collegati in leghe in grado di contrastare efficacemente il potere dei signori territoriali e dell’impero stesso.
Più tardiva fu la crescita delle città della Germania meridionale, avvenuta in concomitanza con lo spostamento verso oriente degli itinerari commerciali attraverso le Alpi, verificatosi tra il XIII e il XIV secolo. Particolarmente attivi furono i centri tessili come la città di Francoforte sul Meno che, in breve tempo, divenne un centro fieristico di primaria importanza. Dopo il XIV si svilupparono Norimberga, Ulm e Augusta.
Ai margini dell’Europa
La città medievale si affermò con più fatica ai margini settentrionali e orientali dell’Europa, dove lo sviluppo e l’espansionismo urbano fu più tardivo e meno marcato. I motivi furono molteplici: aree scarsamente popolate, prive di una tradizione di insediamenti cittadini, una produzione agricola limitata e la posizione isolata rispetto alla principali correnti di traffico commerciale.
Area baltica e Lega anseatica
Un caso a parte fu l’area baltica, come abbiamo visto precedentemente. I traffici e gli scambi tra il Mar del Nord e il Mar Baltico costituirono la base dello straordinario sviluppo di un grande sistema urbano, quello delle città portuali della Germania settentrionale (Brema, Amburgo, Lubecca), del Baltico orientale (Riga), della Scandinavia (Stoccolma, Bergen). Predominante fu il ruolo dei mercanti tedeschi che crearono numerosi centri e fondarono colonie commerciali presso città già esistenti.
Si trattò di un’espansione mercantile che si collegava con il Drang nach Osten nell’entroterra baltico, sostenuto da principi e signori territoriali, dagli ordini religiosi e dai Cavalieri teutonici. Dal collegamento con i traffici commerciali trassero beneficio anche le città dell’interno, collocate lungo le vie commerciali verso oriente (Novgorod) o verso sud (Cracovia). Varie città legate al commercio con il Baltico si unirono, tra il XIII e il XIV secolo, in una forte federazione che, dal 1358, prese il nome di Lega anseatica che divenne potente anche dal punto di vista politico.
Europa centro orientale e Gran Bretagna
Nell’Europa orientale la rete delle città era meno fitta e più debole. Solo lungo le principali vie di comunicazione e di traffico troviamo qualche grande centro come Magdemburgo. Nel complesso, qui, la città medievale ebbe carattere di centro di scambio di derrate alimentale e di manufatti su scala locale. Le città si svilupparono tardivamente, tra il XIII e il XIV secolo, come conseguenza della vasta opera di colonizzazione dell’Europa centro orientale, mantenendo dimensioni limitate.
Carattere peculiare ebbe l’evoluzione della città medievale in Gran Bretagna. Con una popolazione relativamente scarsa, la regione si sviluppò lentamente, collegandosi alle correnti di traffico marittimo solo in epoca successiva. Il potere monarchico esercitava sulle città un controllo stretto che ne limitava l’autonomia. Fra il XIII e il XIV secolo, solo Londra poteva essere equiparata ai grandi centri urbani del continente.
I borghesi e il rapporto città-campagna
La forte espansione urbana fu stimolata anche dalla continua immigrazione verso la città. Fu questo un fenomeno caratteristico di tutta l’Europa, per tutto il periodo che andò dal X al XIV secolo. Entro le mura della città medievale confluì un gran numero di persone, appartenenti a diversi ceti sociali, tutte alla ricerca di lavoro e migliori condizioni di vita. Si trattava in gran parte di contadini provenienti dai villaggi e dalle campagne vicine, contadini di condizione servile, attratti dalle libertà offerte dalla città, di coltivatori ricchi, esponenti di piccole famiglie di signori rurali, mercanti, chierici e religiosi. La città medievale sembrava essere in grado di offrire a tutti più lavoro e possibilità di crescita.
Nonostante la sua eterogeneità, la popolazione urbana acquistò presto caratteristiche proprie e unitarie. Il ceto dei cittadini era del tutto nuovo rispetto alle tradizionali divisioni della società medievale in contadini, guerrieri, ecclesiastici. Il nome era, appunto, civis, cioè cittadino, o anche, oltralpe, “borghese“, da burgensis. Il cittadino si percepiva diverso rispetto a chi abitava in campagna, poiché città e campagna erano ormai destinate a essere due mondi differenti. E questo a causa di un processo economico di crescente divisione del lavoro e di una differenziazione giuridica e politica.
La divisione del lavoro
All’interno della città medievale si diffusero altre attività, oltre a quella agricola, sollecitate dalla crescente domanda di prodotti diversi e orientate sempre più verso lavorazioni particolari e specializzate. L’aumento degli scambi moltiplicava il numero dei commercianti presenti all’interno della città medievale, mentre altri erano impegnati nei grandi commerci a lunga distanza. Tutto ciò presupponeva manodopera qualificata di artigiani e operai, ma, per una organizzazione così complessa come quella mostrata dalla città medievale, servivano anche scrivani e notai, maestri di scuola, giudici, ecclesiastici. Si delineò una differenziazione delle attività, con una forte specializzazione, e anche una differenziazione geografica. Sempre più netta era la divisione tra produzione agricola e allevamento nelle campagne e attività terziarie concentrate nelle città.
Il cittadino faceva ormai un lavoro diverso dal contadino e si percepiva, perciò, diverso. Nonostante ciò, tra città e campagna i rapporti rimasero strettissimi. La città medievale aveva bisogno della campagna per le derrate alimentari, la manodopera e le materie prime che arrivavano nelle botteghe per essere lavorate. La campagna aveva bisogno dei prodotti della città, trovandosi così coinvolta in un sistema economico che, con la sua forte domanda, stimolava produzioni diverse. Tale richiesta implicava anche trasformazioni profonde nei metodi di sfruttamento della terra, con nuovi contratti agrari, e nella società rurale, con l’abolizione della servitù della gleba.
Status politico e giuridico
La città medievale si distinse dalla campagna anche per un altro elemento: la differente condizione giuridica e politica. In buona parte, furono le esigenze stesse dell’economia a produrre questa differenza. L’attività dei mercanti e degli artigiani si svolgeva in forme troppo diverse rispetto a quelle feudali del passato e necessitarono di un nuovo diritto, lo jus mercatorum. Queste nuove norme e leggi finirono per conferire ai mercanti e agli artigiani una condizione particolare e di privilegio che era riconosciuta loro dai signori e dai principi, in virtù dei vantaggi che le nuove attività apportavano nei territori in cui si svolgevano.
Queste condizioni si estesero ai luoghi in cui mercanti e artigiani vivevano e lavoravano, le città appunto, con l’aggiunta di privilegi economici, fiscali e amministrativi. Nel loro insieme formavano le carte di franchigia, che i centri urbani ottennero dai loro signori fra l’XI e il XII secolo. Tali carte rendevano la città medievale un ambito separato e distinto dal resto del territorio, che rimaneva sottoposto agli antichi ordinamenti signorili.
Il rapporto tra città medievale e contado in Italia
La distinzione politica e giuridica dalla campagna non solo rese la città medievale un’isola separata e protetta, ma in alcune aree d’Europa, produsse anche una preminenza politica della città e dei suoi abitanti. In tali condizioni, la città accentuò la sua separazione dalla campagna per la condizione di superiorità civile e politica, tenendo il contado legato ma in una posizione di subordinazione e dipendenza.
Ciò si verificò in primo luogo nell’Italia centro-settentrionale, come conseguenza di quei rapporti tra centro urbano e territorio circostante ereditati dall’età tardo antica e dall’epoca alto medievale. L’antica tradizione di centralità e preminenza urbana divenne ancora più forte durante la rinascita delle città nel X e XI secolo e si accentuò politicamente con la nascita del comune. La città medievale italiana poté cosi trasformare la sua influenza sulla campagna in un dominio territoriale, esercitato tramite la nuova forma di governo dei comuni.
Libri per approfondire
La città medievale di Alberto Grohmann