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I regni romano-barbarici nella parte occidentale dell’Impero

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Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel V secolo, l’Europa entrò in un periodo di profonda trasformazione politica e culturale. Nelle rovine dell’autorità imperiale, emersero vari regni romano-barbarici, fondati dalle tribù germaniche che avevano attraversato i confini e si erano insediate nelle terre un tempo governate da Roma.

I primi regni romano-barbarici (418-486)

I regni romano-barbarici nella parte occidentale dell’Impero
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All’inizio del V secolo, nella parte occidentale dell’impero, entità politiche sempre più organizzate e stabili, i regni romano-barbarici, presero gradualmente il posto del potere imperiale. Essi coincidevano con quei territori occupati in occidente dai popoli barbari. Questi, dopo il 406, avevano sfondato la linea del Reno ed erano penetrati entro i confini dell’impero. In una prima fase si assistette a una mobilità molto marcata di tali popolazioni che si spostavano in base alle razzie da compiere. Poi subentrò una penetrazione più lenta e i barbari iniziarono a stanziarsi sui vari territori.

regni romano-barbarici, non solo si assimilarono al mondo occidentale, ma ottennero anche il riconoscimento da parte dell’autorità imperiale che, priva di soldati e risorse com’era, non poteva far altro che legittimarli. Questo processo di assimilazione e riconoscimento si esercitò attraverso trattati, detti foedera. Con tali atti si concedeva ai vari gruppi barbari di occupare certi territori e di ottenere terre e schiavi in cambio di collaborazione militare. Il sistema dell’hospitalitas prevedeva lo stanziamento dei soldati germanici su una parte delle terre dei proprietari fondiari locali. I gruppi barbari ottennero anche il diritto all’autogoverno.

Il regno dei Visigoti

I primi a ottenere un formale riconoscimento da parte dell’impero furono i Visigoti. L’imperatore Onorio, intorno al 418, li stanziò nella Gallia sud-occidentale, poiché dovevano formare una barriera difensiva contro i Vandali e gli Alani, stabilitisi nella penisola iberica. Ai Visigoti fu appunto applicato il principio di hospitalitas. Nel 457 ebbero il compito di combattere contro i Suebi, ai quali strapparono la Gallia narbonese, situata tra Tolosa e la costa mediterranea.

Ma, al di là delle concessioni imperiali, i Visigoti ampliarono la loro area di azione e influenza, occupando la penisola iberica, abbandonata dai Vandali nel 429. Spinti i Suebi verso nord, ottennero poi l’Alvernia e la Provenza. Si formò così il regno visigoto di Tolosa, esteso su tutto il territorio fra Loira, Rodano e Provenza e gran parte della penisola iberica. Il regno si mantenne stabile fino all’arrivo dei Franchi, grazie ai buoni rapporti con l’aristocrazia gallo-romana e ispano-romana e con l’episcopato cattolico.

Il regno dei Burgundi

Parte della Gallia fu invece occupata da un altro tra i primi regni romano-barbarici riconosciuto dall’impero, quello dei Burgundi. Questo popolo si era attestato nei territori tra il Giura e il lago Lemano, corrispondenti all’attuale Savoia. Qui essi dovevano presiedere ai passaggi delle truppe verso l’Italia e difendere l’area dagli Alamanni (443).

Anche in questo caso, la buona convivenza tra barbari e gallo-romani permise la stabilità del regno che si qualificò come alleato fedele dell’impero. I Burgundi si ampliarono, occuparono Lione e la vallata del Rodano. Anche questo regno fu sottomesso dai Franchi nel 534.

Il regno dei Vandali

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Inizialmente i Visigoti spinsero i Vandali nella parte meridionale della Spagna, nell’attuale regione dell’Andalusia. Sotto la guida di Genserico, nel 429, si trasferirono in Africa. Dopo la presa di Cartagine (439), Genserico ottenne l’autonomia e il riconoscimento della sovranità dei Vandali sull’Africa da parte l’imperatore d’Occidente Valentiniano III (442). Dopodiché, i Vandali occuparono anche le isole Baleari, la Corsica, la Sicilia, la Sardegna, devastando con scorrerie tutte le coste del mondo mediterraneo. Essi furono gli autori del famoso sacco di Roma del 455. In tal modo, resero difficoltosi gli approvvigionamenti di grano dall’Africa e dalla Sicilia.

Ciò fece sì che l’impero, sia d’Oriente che d’Occidente, nutrisse ostilità nei confronti dei Vandali. Nel 468, Bisanzio organizzò una prima spedizione che però non ebbe successo. Anche le popolazioni locali e i proprietari fondiari nutrivano ostilità verso i Vandali a causa delle razzie e delle confische. Le comunità cristiane furono perseguitate e private dei loro beni. Inoltre, gli stessi Vandali apparivano divisi al loro interno da forti contrasti. Tutto ciò indebolì notevolmente il loro regno che, infatti, non resistette all’attacco sferrato dall’imperatore d’Oriente Giustiniano nel 533. I Vandali furono deportati come schiavi nelle province orientali.

I regni della Britannia

La Britannia divenne terra di occupazione di diverse popolazioni germaniche quali Juti, Angli, Sassoni e Frisoni. L’isola era stata abbandonata dai Romani nel corso del V secolo. I Celti, che la abitavano originariamente, furono sospinti verso il Galles e la Cornovaglia, terre che furono fortemente influenzate dai nuovi arrivati. La penetrazione e la conquista della Britannia avvennero lentamente ma anche profondamente, operando un incisivo processo di germanizzazione, facilitato dalla superficialità della romanizzazione avvenuta in precedenza.

Angli e Sassoni conservarono la loro lingua che assunse presto dignità di lingua scritta nella produzione di testi poetici come il Beowulf (poema epico). Essi mantennero un tipo di organizzazione politica e amministrativa più simile agli insediamenti tribali. Non assomigliarono dunque agli altri regni romano-barbarici territorialmente definiti che, infatti, qui si delinearono in maniera molto più lenta rispetto a quelli continentali. Lo stesso si può dire per l’evangelizzazione che procedette con tempi più dilatati.

Gli Ostrogoti in Italia

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Gli Ostrogoti erano formati da tribù di Goti stanziati a est, sulle coste del Mar Nero. Originariamente, essi partirono dell’attuale isola svedese di Gotland, per poi dividersi nel 250 dai Visigoti, dando vita al regno Ostrogoto. Il regno prese nome dal primo re che si chiamava Ostrogota.

Nel 251 uccisero l’imperatore Decio, poi si lanciarono alla conquista dell’Egeo, della Tracia e della Mesia. La loro avanzata fu fermata dall’imperatore Claudio II nel 269.

La fine del regno di Odoacre

L’Italia, nonostante le numerose razzie subite, non aveva ancora conosciuto una vera e propria occupazione da parte dei Barbari. Odoacre, dopo la deposizione di Romolo Augustolo nel 476, pur portando il titolo di re, si considerava rappresentante dell’autorità imperiale di Costantinopoli. Il suo dominio non ottenne mai il riconoscimento ufficialmente dall’impero, diffidente anche per il suo grado di autonomia e di espansionismo. Per tali motivi nel 488, l’imperatore Zenone fece pressioni affinché un’altra popolazione barbarica, gli Ostrogoti, invadesse l’Italia.

Essi erano da tempo federati dell’impero e stanziati in Pannonia. Gli Ostrogoti raggiunsero e occuparono la penisola italica tra il 489 e il 493, anno in cui Odoacre fu ucciso. Il loro insediamento lento non provocò particolari contrasti. Un terzo delle terre fu espropriato e a loro assegnato, ma si giunse a questo risultato in oltre dieci anni. Ravenna rimase la capitale

Il re ostrogoto Teodorico (493-526)

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Educato a Bisanzio secondo la cultura classica e profondo estimatore di Roma, Teodorico cercò di dare vita a qualcosa di più di un semplice regno, uguale a tutti gli altri. Il suo scopo consisteva nella restaurazione dell’autorità dell’antico impero su tutto l’Occidente. Il nuovo re ostrogoto cercò un’intesa con Bisanzio, da cui aveva ricevuto le insegne regali come riconoscimento del suo essere rappresentante dell’impero in Italia.

Allo stesso modo, cercò di instaurare una politica d’intesa con gli altri regni romano-barbarici tramite accordi e alleanze matrimoniali. Il suo fine era anche quello di far accettare agli altri regni la sua egemonia. Nel 508, i Franchi, dopo aver vinto i Visigoti, tentarono di prendere la Provenza. Teodorico inviò un esercito per occuparla, dando vita a una sorta di protettorato sull’ex regno dei Visigoti. Riuscì così a controllare tutta la costa mediterranea, dall’Italia fino alla Spagna.

Ostrogoti e Romani

Teodorico si fece promotore del mantenimento di buoni rapporti con la popolazione dell’Italia, con l’aristocrazia senatoria e quella provinciale minore e con la Chiesa. Gli Ostrogoti occuparono le cariche militari ma lasciarono ai Romani gli apparati del governo civile. Anzi, Teodorico restaurò il Senato e lo lasciò completamente nelle mani di italici e romani. Chiamò a far parte del consiglio del re alcuni esponenti dell’aristocrazia senatoria che operarono assieme ai capi ostrogoti. Particolare rilievo ebbe Cassiodoro, console e magister officiorum.

Teodorico fu tollerante verso il cattolicesimo e si pose come erede e continuatore dell’antica civiltà. L’aristocrazia senatoria avrebbe preferito affidare questo ruolo di continuatore a un rappresentante dell’impero d’Oriente, piuttosto che a un barbaro. Infatti, nonostante le aperture, Teodorico appariva pur sempre orientato a difendere la sua identità, la cultura e la lingua dei Goti. Arrivò, infatti, a proibire i matrimoni misti e sostenne apertamente l’arianesimo.

La fine del regno ostrogoto

L’ultimo periodo del regno di Teodorico fu segnato da contrasti politici e religiosi, aggravati dai rapporti sempre più tesi dei Goti con Bisanzio. Numerosi furono i Romani che, dall’essere collaboratori del regno, passarono a essere perseguitati. Ad esempio, il filosofo Severino Boezio e suo suocero, il presidente del Senato, Simmaco, furono uccisi. Il papa Giovanni I fu incarcerato con l’accusa di tramare con Costantinopoli.

Il regno di Teodorico si indebolì incredibilmente. Il re morì nel 526. La figlia Amalasunta, reggente per il figlio Atalarico, cercò di ristabilire una politica di conciliazione e apertura, che nulla valse poiché la forza del regno era troppo compromessa. La debolezza e i contrasti interni favorirono invece l’azione di riconquista di Giustiniano, autore della caduta definitiva il regno ostrogoto.

L’affermazione dei Franchi (fine V secolo – metà IV secolo)

In altre parti dell’Occidente si formarono regni romano-barbarici più solidi, pacifici e durevoli come nella Gallia dei Franchi. Questi ultimi si trovavano, già dal III secolo, lungo il basso Reno. Si qualificavano come un raggruppamento di tribù, etnicamente ben definite ma diverse fra loro, spesso unite solo da obbiettivi militari comuni.

Nel corso del V secolo, i Franchi si stanziarono a est del Reno, nel bacino inferiore della Mosella e lungo la Schelda fino a Somme. Formavano diversi, piccoli regni, ognuno retto da un capo militare, con capitali a Cambrai, Tournai e Colonia.

L’unificazione dei Franchi sotto Clodoveo

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Uno di questi capi militari, Clodoveo, nutrì l’ambizione di unificare tali piccoli regni e di convertire la sua popolazione. Egli aveva infatti capito che i latini erano ostili ai barbari anche perché professavano altre religioni. Clodoveo si considerava discendente del mitico eroe Meroveo, da cui deriva il nome di Merovingi, la stirpe da lui fondata. Egli era il re della tribù dei Salii che occupavano il territorio dell’odierno Brabante. Si impadronì di diverse altre regioni dei Franchi, espandendosi notevolmente. Conquistato il regno di Siagrio, respinse l’avanzata degli Alamanni nel 486, ponendoli sotto la sua protezione. Attaccò senza successo il regno dei Burgundi, poi si rivolse contro i Visigoti di Tolosa, annientandoli.

Con la battaglia di Vouillé, del 507, Clodoveo conquistò tutta l’Aquitania, grazie anche all’appoggio della popolazione locale e dei vescovi. Dopo aver stabilito la capitale del suo regno a Parigi, Clodoveo scacciò i Visigoti oltre i Pirenei. Tuttavia, l’intervento di Teodorico consentì loro di mantenere l’attuale Linguadoca, dove Narbona divenne la loro nuova capitale. Clodoveo fu il primo capo germanico a convertirsi al Cristianesimo. Altri re franchi seguirono il suo esempio. La conversione significò il riconoscimento da parte di Bisanzio del suo dominio sulla Gallia. Inoltre, ottenne il consenso della popolazione gallo-romana e l’appoggio dei vescovi della Gallia. Ciò consentì ai Franchi di avere un regno stabile e pacifico.

Il regno franco si consolida

Le condizioni di prosperità e pace consentirono ai Franchi di consolidare ed espandere il loro regno, anche dopo la morte di Clodoveo. I Franchi attaccarono i Burgundi a più riprese fino a smembrarne il regno. La morte di Teodorico permise loro di ottenere nel 531 la Provenza, e quindi l’importantissimo accesso al mare. Nel 536 assoggettarono i Turingi e gli Alamanni sul Reno.

Invece, nella Gallia occidentale, il regno franco si estese a Nantes e Rennes, occupando i territori dei Bretoni, sospinti all’estremità della penisola armoricana. La monarchia franca si distingueva ormai per essere una potenza territoriale egemone, destinata a ulteriori sviluppi e ampliamenti.

 L’Occidente dei regni romano-barbarici

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Tra il V e VI secolo l’Europa, dunque, si trasformò secondo due importanti novità:

  1. la presenza di regni romano-barbarici distinti, ancora instabili e in evoluzione, ma che avevano cancellato l’unità dell’antico Impero Romano d’occidente. Allo stesso tempo, tali regni non apparivano unificabili fra loro in un organismo politico unitario e superiore
  2. l’organizzazione militare e politica dell’Europa era ormai nettamente germanica. I germani esercitavano l’egemonia in occidente.

regni romano-barbarici, tuttavia, non potevano cancellare totalmente le istituzioni politiche, amministrative e sociali precedenti. Una germanizzazione completa del territorio, capace di sostituirsi alla matrice latina, si ottenne solo in alcuni territori marginali e poco popolati come la Britannia, i Paesi Bassi e lungo la fascia danubiana e renana. In queste aree, infatti, l’influenza dei Romani era stata superficiale e in breve soppiantata da una più forte e capillare occupazione germanica.

Italia, Gallia centro meridionale, penisola iberica e in generale tutta l’area mediterranea continuarono a essere profondamente legate alla civiltà romana. La popolazione locale era numericamente superiore e latinizzata nella lingua, nella cultura e nelle tradizioni. Tutto ciò non poteva essere totalmente cancellato dei Germani, i quali ne erano ben consapevoli. Per questo essi stabilirono contatti, convivenze e collaborazioni con le società in cui si trovarono inseriti.

L’eredità dei romani regni germanici

L’arrivo e lo stanziamento dei Germani accentuò quel processo di decadenza dell’Occidente già in atto. Ciò consisteva in una diminuzione della popolazione e nel ristagno delle attività economiche, sia nelle campagne che nelle città. I Germani, quindi, al loro arrivo trovarono una situazione di impoverimento e crisi.

La crisi dei centri urbani

Dopo essere stati i centri vitali della società e dell’economia dell’impero, le città persero importanza e consistenza. Ciò è dimostrato dalla diminuzione della popolazione urbana, dal contrarsi della superficie occupata dalle città, dalla prevalenza di panorami dominati da rovine e abbandoni a seguito di saccheggi e distruzioni a cui le città stesse erano state sottoposte.

Anche in Italia, Spagna e Provenza, nonostante l’urbanizzazione romana più marcata e meglio conservata, si registrò una crisi delle città. Tale crisi si rivelò nelle loro funzioni e attività spiccatamente urbane quali l’artigianato e il commercio, ma anche nelle funzioni amministrative e di governo locale. Di contro, si registrò un aumento del numero di poveri, vagabondi e persone che vivevano di elemosina e carità, andando ad ingrossare le fila di una plebe vulnerabile e indifesa.

Il processo di ruralizzazione

Allo stesso modo, lo stabilirsi di regni romano-barbarici coincise con uno spiccato processo di ruralizzazione. La campagna divenne il luogo principale dell’organizzazione economica e sociale della popolazione e delle comunità, che si riunivano soprattutto attorno alle grandi proprietà fondiarie. Queste ultime, nel V e VI secolo, avevano inglobato le terre di piccoli proprietari falliti e i terreni abbandonati e incolti. Le grandi proprietà fondiarie erano gestite come gli antichi latifondi, a cui si affiancavano parti a pascolo e a bosco. Gli actores (agenti) e i negotiorum gestores (fattori) gestivano le parti coltivate, organizzandone il lavoro. Tuttavia, era già in atto la tendenza ad affidare parte di terreno coltivabile direttamente a famiglie di contadini che pagavano canoni d’affitto.

Queste famiglie di contadini gravitavano intorno alla grande proprietà fondiaria e tra esse era in forte diminuzione il numero degli schiavi che venivano resi liberi, cioè affrancati. Ciò era la conseguenza dei nuovi valori diffusi dal Cristianesimo ma anche della volontà dei proprietari di liberarsi dal peso del mantenimento degli schiavi in un’epoca di gravi difficoltà economiche. Gli schiavi liberati spesso ottenevano il diritto di coltivare autonomamente porzioni di terra (servi casati). La condizione dei contadini liberi, cioè al servizio dei grandi proprietari, tendeva invece a peggiorare poiché, anche se giuridicamente liberi, non potevano cambiare mestiere.

L’aristocrazia senatoria

Dunque, solo le grandi proprietà fondiarie offrivano garanzie di sopravvivenza, non solo per la disponibilità di beni alimentari, ma anche per le attività artigianali che si andavano sviluppando attorno ad esse. Inoltre, questi nuclei offrivano stabilità e protezione in un’epoca caratterizzata da disordine politico e insicurezza. Per tale motivo, le grandi villae erano spesso fortificate e difese dai buccellari, le guardie del corpo assoldate. Il proprietario fondiario quasi sempre godeva di immunità fiscale e amministrava direttamente la giustizia civile sulla popolazione e i contadini delle sue terre. Dunque, egli esercitava un’influenza non solo economica.

La grande azienda divennero così centri di potere sociale, politico e civile. La proprietà fondiaria era saldamente in mano all’aristocrazia senatoria, cioè a quelle famiglie ricche e nobili di origine per lo più romana. Queste famiglie, nel corso del V secolo, si erano allontanate dalle funzioni alte di governo per ritirarsi nelle loro proprietà, continuando ad esercitare un potere municipale e locale. La loro influenza si estendeva sulle famiglie di rango inferiore e sulla massa dei “clienti”, contadini, coloni e schiavi.

Il ruolo delle istituzioni ecclesiastiche

La forza e la coesione dell’antica popolazione latina all’interno dei regni romano-barbarici fu assicurata però soprattutto dall’organizzazione religiosa e comunitaria della Chiesa. Tramite le strutture della Chiesa e le strette relazioni tra le comunità cristiane, la popolazione poté mantenere il proprio sistema sociale e le istituzioni civili, pur nel quadro del mutato assetto politico. La Chiesa diventò il principale punto di riferimento della popolazione dell’occidente cristiano, organizzandosi attorni ai vescovi e ai monasteri.

Il ruolo civile e politico delle istituzioni ecclesiastiche aumentò ulteriormente dopo la caduta dell’impero. Ciò fu diretta conseguenza dell’indebolirsi e del venir meno delle strutture di inquadramento civile e di governo, ma anche per la sempre più stretta commistione tra alto clero e aristocrazia senatoria. I vescovi esercitarono un’importante funzione di guida, non solo ecclesiastica, ma anche civile nel desolante panorama delle città abbandonate dal governo. Furono i vescovi a farsi carico dell’assistenza dei poveri e bisognosi, della difesa dei cittadini, ponendosi come contatto e intermediario nei rapporti con i barbari.

I barbari in Occidente

I barbari costituivano una minoranza di fronte alla popolazione romana. Spesso erano divisi al loro interno, distinti com’erano in gruppi dalla scarsa coesione etnica e organizzati in strutture e inquadramenti assai rudimentali. Essendo numericamente inferiori, tuttavia, i barbari si preoccuparono innanzitutto di preservare la loro identità tribale e nazionale, mantenendosi distinti dalla popolazione romana per leggi, usi e costumi e lingua.

Nonostante il sistema dell’hospitalitas, che avrebbe dovuto favorire insediamenti diffusi, il loro stanziamento si concentrò in territori relativamente limitati, attorno a importanti centri strategici e politici come presidi militari e capitali.

Il diritto dei barbari

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I Germani conservarono il loro sistema di diritto, privilegiando il principio della personalità rispetto a quello della territorialità. In base a ciò, si era soggetti a una legge in base all’appartenenza a un gruppo etnico e non in base al territorio in cui ci si trovava in un dato momento. Tutti i regni romano-barbarici si reggevano su un complesso di norme tramandate oralmente. Dal V secolo, tali leggi furono messe per iscritto. Ciò avvenne sia per imitazione dell’uso romano sia per esigenze di convivenza con le popolazioni latine e per rendere meno labili i procedimenti giudiziari che nascevano tra barbari e latini. I Burgundi compilarono così la Lex Gundobarda (502), i Franchi la Lex Salica (507-511).

Il diritto germanico si caratterizzava per la mancanza del diritto pubblico, il cui ruolo era sostituito da una sorta di regolamentazione privata e non ufficiale tra capi, guerrieri e singoli individui. Il diritto penale era caratterizzato dalla faida, il diritto-dovere di vendicarsi da parte dell’offeso o della sua famiglia, dall’ordalia, o giudizio della divinità per superare il quale gli accusati dovevano impegnarsi in prove fisiche per dimostrare la verità. Inoltre, omicidi o ferite potevano essere riparati con un semplice pagamento in beni o denaro, il cui valore variava in base al rango della vittima.

La religione e l’arianesimo

I barbari mantennero la loro unità e unicità rispetto alla popolazione romana anche tramite la religione (tranne per i Franchi, convertiti al Cristianesimo). Tra i regni romano-barbarici si diffuse soprattutto l’arianesimo, al quale i Goti avevano già aderito dalla metà del IV secolo. Il vescovo Ulfila (311-383) aveva tradotto la Bibbia in lingua gota e si era fatto promotore di un’intensa attività di predicazione. Per influenza dei Goti, abbracciarono l’arianesimo anche i Vandali, i Burgundi, i Suebi e successivamente i Longobardi.

L’arianesimo rispondeva meglio alle esigenze e bisogni di una mentalità guerriera, propria di questi popoli, che stentavano a riconoscere in Cristo una natura divina, vedendolo più come un inviato e intermediario di Dio. Cristo era inoltre dotato di poteri sovrannaturali non così differenti da quelli della loro antica e originaria religione.

I rapporti tra romani e barbari

I rapporti tra le popolazioni barbariche e i latini furono diversi e variegati. In alcuni casi, la loro dominazione ebbe carattere oppressivo e persecutorio, anche come conseguenza dell’ostinata resistenza della popolazione locale. Ciò avvenne ad esempio nel regno dei Vandali o in quello dei Visigoti in Italia o nell’ultima fase della dominazione degli Ostrogoti. Ciò si verificò, dunque, soprattutto laddove i barbari si trovarono di fronte a una popolazione numerosa e socialmente compatta attorno all’aristocrazia senatoria e ai vescovi cattolici. In tale situazione, i Germani risposero con occupazioni violente, se non con vere e proprie persecuzioni che implicavano confische di beni e terreni forzate sostituzioni di vescovi cattolici con vescovi ariani.

Tuttavia, tale metodo non diede vita a regni romano-barbarici stabili, solidi e duraturi ma suscitarono al contrario forti reazioni da parte delle popolazioni locali. Più forti e longevi furono invece quei regni costituiti da tribù barbare considerate più miti e tolleranti dalle popolazioni latine, come fu per il regno dei Franchi nella regione dell’Aquitania, la cui conquista fu addirittura favorita dai vescovi e dalla popolazione gallo-romana, per i bizantini in Africa e per le conquiste dell’Italia e della Spagna.

La via della convivenza

Quindi solo una convivenza e un accordo tra barbari e latini potevano permettere solidità e durevolezza ai regni romano-barbarici. Cioè, avvenne, come abbiamo visto, laddove i Germani furono più disposti ad accettare di inserirsi entro strutture sociali e istituzionali romane ancora presenti e forti, come in Italia con Odoacre e Teodorico, pur senza lasciarsi assimilare del tutto. Avvenne poi ancor più capillarmente nel caso dei Burgundi e dei Franchi.

In questi ultimi casi, i barbari si riservarono il potere militare e il controllo dell’esercito, ma ebbero l’accortezza di mantenere e rispettare le istituzioni che avevano finora inquadrato la popolazione indigena, lasciando le funzioni di governo in mano ai loro gruppi dirigenti. Nonostante ciò, una convivenza conveniente per entrambe le parti fu possibile soprattutto per i buoni rapporti con le istituzioni ecclesiastiche e la religione cattolica.

Le trasformazioni in seno ai Barbari

Così stretti rapporti con il mondo latino occidentale ebbero naturalmente delle conseguenze in seno degli stessi popoli barbari. Ad esempio, verso la metà del VI secolo scomparvero la lingua gota, quella burgunda e in generale le lingue dei gruppi germanici orientali, tutte sostituite dal latino. Grande influenza ebbe poi il diritto romano, così come si assistette a una perdita di fedeli dell’arianesimo a favore delle conversioni al cristianesimo in tutti gli strati sociali dei regni romano-barbarici.

Le istituzioni politiche e sociali delle popolazioni germaniche subirono diverse influenze da parte della tradizione romana. Le aristocrazie militari imitavano gli stili di vita dell’aristocrazia senatoria latina e anche la forma di governo della monarchia andava acquistando sempre più prestigio e potere.

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