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I regni dell’Europa intorno all’anno Mille – parte seconda

regni dell'Europa intorno all'anno Mille
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Come abbiamo visto nell’articolo “L’Europa intorno all’anno Mille – parte prima” con la crisi dell’impero carolingio, la situazione politica dell’Europa cambiò notevolmente. Sul territorio nacquero regni distinti: il regno dei Franchi occidentali (detto poi di Francia), il regno dei Franchi orientali (detto di Germania), il regno d’Italia e i nuovi regni di Provenza e di Borgogna

“L’Europa intorno all’anno Mille – parte prima”

I regni di Borgogna e di Provenza

Il regno dei Franchi occidentali subì un frazionamento a causa delle lotte interne avvenute nel IX secolo. Fu così che nell’area sud orientale comparvero i nuovi regni di Provenza e di Borgogna. Il primo ebbe vita breve. Bosone, cognato di Carlo il Calvo, si fece nominare re nell’879, il successore Ugo, nel 924, cedette i suoi diritti a Rodolfo II, titolare del regno di Borgogna, formatosi alla fine del IX secolo.

Sia Ugo che Rodolfo furono coinvolti nella competizione per ottenere la corona d’Italia. Il nuovo regno unificato, privo com’era coesistenza, non riuscì a disciplinare i diversi signori locali, né a contrastare quelli che premevano ai confini. Alla morte di Rodolfo III, nel 1032, il titolo regio andò al re di Germania e imperatore Corrado il Salico che lo trasmise ai suoi discendenti.

I grandi principati

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Negli altri territori appartenuti ai Franchi occidentali esisteva una fitta rete di poteri locali, raggruppati attorno ad alcuni principati e dinastie più forti che avevano dato vita a grandi organismi territoriali. Risultarono più solidi ed estesi quelli posti ai confini. Al nord, la contea di Fiandra si sviluppò verso sud e sud-ovest. Il ducato di Normandia si formò in seguito all’occupazione normanna del bacino inferiore della Senna. La contea di Bretagna originò da un’antica marca. A est, come abbiamo visto, vi era il ducato di Borgogna, a sud il ducato di Aquitania che derivava dal regno carolingio che portava lo stesso nome ed estesosi poi fino ai Pirenei. La contea di Tolosa si era formata nel X secolo staccandosi dall’Aquitania, registrando anche un ampliamento verso ovest. Infine, la contea di Barcellona era stretta tra i Pirenei e i domini musulmani.

Nella parte centrale del Paese permaneva in modo articolato e solido l’ordinamento dei comitati che rese la formazione dei principati più lenta. Tuttavia, anche qui tra il X e l’XI secolo si crearono compagini aggregate attorno alle grandi dinastie in lotta contro i popoli Normanni e Bretoni che si trasformarono nei principati del Maine, Angiò e Champagne.

La Francia e il suo re

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I principati menzionati facevano parte del “regno di Francia“, un concetto che sopravviveva in Europa, anche se privo di sostanza politica. La dipendenza dei grandi signori dal re era solo formale. Dopo Oddone, eletto re nell’888, il trono fu disputato fra i discendenti dei Carolingi e la famiglia dei Robertini, discendenti dal conte di Parigi, Roberto. Questi ultimi prevalsero verso la metà del X secolo, soprattutto grazie a Ugo Capeto, che divenne re nel 987, dando origine alla dinastia dei Capetingi.

Il dominio del re si esercitava tuttavia su un ambito territoriale ristretto che comprendeva la regione tra la Senna e la Loira, con Parigi nel mezzo. Anche dopo l’affermazione dei Capetingi, alla superiorità del titolo non corrispose un potere effettivo più vasto. Il re di Francia, alla pari dei principi, si trovò coinvolto in lunghe guerre con i vicini. Solo alla fine dell’XI secolo la monarchia francese riuscì nell’impresa di una ricomposizione territoriale su più vasta scala.

La penisola iberica

Anche la Spagna fu interessata dalla formazione di alcuni principati. Tuttavia, essi si rivelarono deboli di fronte all’espansionismo islamico promosso dal califfato di Cordova che, nel X secolo, riuscì a impossessarsi di Barcellona e Santiago di Compostela. Solo con la successiva crisi degli Stati arabi nella penisola iberica, avvenuta all’inizio dell’XI secolo, la situazione cambiò. I conti di Barcellona estesero il loro dominio fino all’Ebro, mentre i re di Navarra posero un protettorato sui territori di Lèon, Castiglia e Aragona da cui partì la Reconquista della Spagna.

L’Italia

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In Europa, l’Italia si distinse per una situazione particolarmente confusa e instabile poiché tutti i regni post carolingi che si formarono si rivelarono particolarmente deboli. I contrasti interni, inoltre, vedevano coinvolti i pontefici e forze estranee alla penisola, sottoposta com’era alle continue minacce di invasione di Ungari e dei Saraceni. Il titolo di re d’Italia continuava a essere fortemente legato alla dignità e al rango imperiale. Il possesso del titolo regio e imperiale vide l’aspra competizione di grandi casate che avevano diritti feudali in grandi principati, formatisi dopo la disgregazione carolingia. E’ il caso delle marche di Toscana e del Friuli, del Ducato di Spoleto. Le lotte videro affermarsi Berengario del Friuli (888-924), poi fu la volta di Rodolfo di Borgogna (922-926), poi Ugo di Provenza (926-947) e, infine, di Berengario II marchese di Ivrea (950-961). Dopo quest’ultimo, vi fu l’affermazione definitiva del re di Germania Ottone I.

Anche in Italia si manifestò la tendenza a dar vita a principati estesi e stabili per continuità dinastica da parte di forti gruppi parentali. Ad esempio, gli Obertenghi furono padroni di vasti domini in Liguria, Emilia e Toscana. Tali principati erano tuttavia precari per la mancanza di coesione interna, una mancanza che divenne evidente di fronte all’intervento, nella metà del X secolo, del re di Germania della dinastia sassone degli Ottoni.

Il papato

il papato marozia
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La crisi carolingia si fece sentire anche nel papato. L’accordo con i Carolingi se da un lato aveva eliminato il pericolo longobardo, dall’altro aveva comportato una notevole ingerenza della dinastia franca nel papato stesso. Essa era continuata con i successori di Lotario, in particolare con Ludovico II (855-875) che protesse efficacemente la Chiesa di Roma dai Saraceni ed esercitò una forte influenza sul governo delle terre soggette al papato e sull’elezione dei pontefici. Ciò non impedì l’affermazione dell’ideologia di una funzione universale del papato in Occidente come guida di tutta la cristianità, una tendenza che si accentuò con la diminuzione della forza politica dell’impero. Il papa Niccolò I (858-867), eletto con il favore di Ludovico, ribadì la superiorità pontificia su ogni tipo di potere temporale e il primato romano sulla Chiesa e sui vescovi.

Tuttavia, il prestigio del papato decadde rapidamente dopo la deposizione di Carlo il Grosso. L’assenza di potere aprì le lotte fra le fazioni romane, legate ai grandi che si disputavano il regno di Italia. Da queste lotte, emerse la famiglia di Teofilatto, la cui figlia Marozia esercitò un’influenza significativa sull’elezione e la politica ponteficia. Suo figlio Alberico governò Roma per 22 anni con il titolo di “principe” e “senatore”.

L’Italia meridionale

Intanto, l’Italia meridionale vedeva sopravvivere le dominazioni bizantina e longobarda, caratterizzate entrambe da una notevole frammentazione politica. All’interno del ducato longobardo di Benevento si erano sviluppate compagini inferiori: il principato di Salerno, la contea di Aversa, quella di Capua mentre Benevento era ora sotto il papato. Il dominio bizantino sopravviveva in Puglia, Calabria e in fasce costiere intorno ai ducati di Amalfi, Sorrento, Gaeta e Napoli, ormai autonomi rispetto a Bisanzio. I duchi, da funzionari imperiali, si erano trasformati in signori locali.

Un elemento di novità nell’Italia meridionale fu la conquista araba della Sicilia, partita da Tunisi nell’825. Occorsero molti decenni per arrivare a un’occupazione completa: Palermo fu conquistata nell’830, Taormina nel 902. La Sicilia trasse beneficio da tale occupazione, sia dal punto di vista economico che culturale, tanto che Palermo divenne una città florida e benestante. Ma devastanti furono gli attacchi dei Saraceni in Puglia e Calabria, anche se si può dire che tutte le coste della penisola furono depredate dalle spedizioni piratesche.

La Germania ottoniana

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In Germania, Arnolfo di Carinzia (888-898), nipote di Ludovico il Germanico, fu eletto imperatore dai principi tedeschi e consacrato dal papa, ritardando la crisi del potere regio rispetto al resto d’Europa. Ma già sotto il figlio Ludovico il Fanciullo (900-911), i poteri locali divennero forti, presero autonome iniziative di difesa e di organizzazione politica del territorio, anche per il contemporaneo scatenarsi delle incursioni degli Ungari.

Si affermarono i grandi ducati territoriali a base etnica, corrispondenti cioè ai territori di insediamento delle antiche tribù germaniche in Sassonia, Baviera, Svevia, Franconia. Contro questi potenti e bellicosi principi, l’autorità dei sovrani fu debole anche se l’elezione dei re dipendeva direttamente da quelle casate. Corrado il Salico (911-918) apparteneva alla casa di Franconia, Enrico I detto l’Uccellatore (919-936) a quella di Sassonia. Quest’ultimo tuttavia acquisì prestigio e autorità in quanto organizzò le sue terre sassoni per la difesa contro i Magiari. Ciò significò la costituzione di un articolato sistema di centri fortificati e di un forte esercito.

Ottone I (936-973)

Ottone I
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Il prestigio conquistato dalla casata di Sassonia consentì al figlio di Enrico, Ottone I di essere eletto nel 936. Egli assunse il governo diretto di alcuni territori e ne consegnò altri ai suoi parenti più stretti. Ottenne l’appoggio della Chiesa, assai forte in Germania. Ottone I concesse a vescovi e abati beni e diritti di giurisdizione e di governo, tali da trasformarli in principi territoriali dotati di beni temporali e seguiti armati, assicurandosi allo stesso tempo la facoltà di designare abati e prelati.

Quindi, la Chiesa tedesca divenne totalmente dipendente dal re, in cambio ottenendone funzioni di governo civile. Fu un processo che indebolì la sua connotazione religiosa, suscitando la forte opposizione del papato. Inoltre, l’autorità di Ottone I fu rafforzata dal prestigio ottenuto mediante le vittorie militari e la politica espansionistica. Nel 955 fermò definitavamente l’avanzata degli Ungari, avviando insieme l’espansionismo verso l’Oriente slavo. Le imprese militari furono accompagnate da un’intensa opera di cristianizzazione.

Ottone I in Italia

Anche l’Italia fu coinvolta nella politica di Ottone I. Già nel 951, nell’ambito delle lotte per ottenere la corona italiaca, a lui si era rivolta Adelaide, figlia di Rodolfo di Borgogna e moglie del re Lotario II, contro Berengario II. In quell’occasione, Ottone I scese agevolmente in Italia e si proclamò re dei Franchi e dei Longobardi. Sposò la stessa Adelaide, lasciando l’Italia a Berengario che gli giurò fedeltà nella dieta di Augusta del 952.

Una decina di anni dopo, Ottone riscese in Italia chiamato dal papa contro Berengario. In quell’occasione, Ottone assunse il governo diretto dell’Italia, ottenne la corona imperiale e riconobbe al pontefice  le donazioni a lui fatte da Pipino il Breve e Carlo Magno (Privilegium Othonis del 963). Lo stesso privilegio implicava che il papa, una volta eletto, doveva prestare giuramento all’imperatore, ribadendo il controllo temporale sull’elezione pontificia. L’ascesa di Ottone I significò, dunque, la restaurazione dell’autorità imperiale, anche se si trattava di un impero molto ridotto territorialmente e caratterizzato da un diverso rapporto con la Chiesa di Roma, un rapporto fortemente incentrato sulla Germania, di cui l’Italia divenne una sorta di appendice.

La politica degli Ottoni

La terza venuta di Ottone I in Italia avvenne nel 966-972 per dar vita a una politica meridionale rivolta, da un lato, alla difesa contro gli Arabi, dall’altro al tentativo di assorbire i territori bizantini. Poco successo ebbero le azioni militari, così come quuelle diplomatiche, nonostante il matrimonio tra il figlio di Ottone con la principessa bizantina Teofano. Quest’ultima, infatti, non recò in dote l’Italia meridionale. Il nuovo imperatore Ottone II (973-983) fu sconfitto dagli Arabi a Stilo (982), rallentando l’esecuzione della politica meridionale degli Ottoni.

Ottone III (983-1002)

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Ottone III, figlio e successore di Ottone II, fu protagonista della tanto sospirata restaurazione imperiale in chiave più vasta. Educato al culto della grande tradizione romana, l’imperatore procedette a conferire all’impero una funzione universale, in collaborazione con un papato che si poneva come autorevole guida spirituale di tutta la cristianità. A tal proposito, il giovane Ottone III impose sul soglio pontificio prima suo cugino Brunone arcivescovo di Colonia con il nome di Gregorio V (che divenne il primo papa tedesco), poi il suo maestro Gerberto di Aurillac con il nome di Silvestro II.

Insieme, condussero una politica imperiale che non guardava solo agli interessi tedeschi. Tuttavia, la sua azione suscitò l’opposizione di diverse parti. In Germania i principi e i grandi nobili considerarono i loro interessi subordinati a progetti esteri troppo articolati. In Italia si fece sentire l’ostilità della grande classe feudale, sia ecclesiastica sia imperiale. A Roma, l’aristocrazia si sentiva minacciata nel governo della città e nell’influenza sul papato. Scoppiò una rivolta che costrinse Ottone III ad allontanarsi. Con la sua morte crollò definitivamente l’intento di dar vita a un grande progetto imperiale universale. L’impero sopravvisse solo nella veste germanica, orientato ad esercitare i suoi interessi anche sulla penisola italiana.

La nascita di nuovi ceti sociali

In Italia, più che altrove in Europa, la presenza imperiale continuò a trovare opposizione. Il successore Enrico II (1002.24), duca di Baviera della dinastia sassone, ebbe come contendente il marchese d’Ivrea Arduino, eletto re d’Italia nel 1002. Quest’ultimo non riuscì però ad affermarsi, così come non ebbe fortuna l’opposizione italiana contro Corrado II (1024-39), successore di Enrico e appartenente alla casa di Franconia. Nel 1026, egli scese in Italia e ne ottenne la corona grazie all’appoggio di una pletora di signori e feudatari filoimperiali, fra cui il potente arcivescovo di Milano, Ariberto d’Intimiano.

Tuttavia, l’impero e i signori che vi gravitavano attorno dovettero fronteggiare non solo la rivalità di grandi famiglie aristocratiche, ma anche l’opposizione di nuovi ceti sociali che stavano guadagnando forza e prestigio in Italia. Ad esempio, i più ricchi e influenti abitanti delle città e i feudatari minori, come i valvassori di Milano che nel 1035 si ribellarono ad Ariberto e i maggiori feudatari vescovili. Corrado II, consapevole della loro forza, depose Ariberto e con la Costitutio del feudis del 1037 concesse vasti diritti sull’ereditarietà dei feudi minori. Ciò non servì però ad ottenere il controllo di Milano. Nemmeno il suo successore, Enrico III (1039-1056) riuscì a far valere un’effettiva capacità di controllo contro questi nuovi ceti, sempre più protagonisti della politica locale.

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L’anno Mille. Storia religiosa e psicologia collettiva di Georges Duby