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I paesi fantasma di Barbazzano e Portesone

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Città della Spezia

Barbazzano e Portesone sono due paesi fantasma in provincia di La Spezia, sulle colline di Lerici. Di Barbazzano e Portesone esistono ancora le rovine raggiungibili tramite un panoramico sentiero.

I paesi fantasma di Barbazzano e Portesone

Almeno fino al XVI secolo sul monte Caprione, il promontorio che divide il golfo della Spezia dalla Val di Magra, si registrò l’esistenza del borgo di Barbazzano, la cui storia è documentata dal 1189 fino al 1584. Tuttavia, secondo alcuni studiosi, l’insediamento in questo sito risale all’epoca dei Liguri Apuani. Non si trovava distante dal mare, ma nemmeno così vicino da essere attaccato dai pirati Saraceni. 

Per questo motivo, il paese offriva una valida protezione rispetto alle più vulnerabili coste. Il porto da cui traeva sostentamento economico era Lerici. Barbazzano era un paese a vocazione agricolo-pastorale, ma gli abitanti erano anche abili marinai. Poco distante da esso sorgeva il borgo di Portesone

La storia di Barbazzano

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Gazzetta della Spezia

La prima traccia scritta del castrum Barbazzano risale al 1189 e si trova nel Codice Pelavicino con l’espressione “ad collem de Barbazano”. Si trattava, dunque, di una semplice indicazione geografica. Il “castrum” vero e proprio comparve nelle fonti scritte del medesimo Codice a partire dal 1274, anche se è possibile ipotizzare la presenza di un castello già all’inizio del XIII secolo, sulla base di indizi che fanno presumere l’esistenza di una giurisdizione signorile e il fenomeno dell’incastellamento.

Il massimo periodo di sviluppo di Barbazzano risale proprio al XIII secolo. All’epoca, il paese appariva amministrato dai funzionari vescovili di Luni. L’abitato svolgeva una parte attiva del sistema difensivo di questo lato del Golfo dei Poeti. Barbazzano cadeva allora sotto la giurisdizione di Ameglia, a cui il borgo doveva gli obblighi feudali. Anche la sua piccola chiesa di crinale, dedicata a San Giorgio (che compare nelle fonti dal 1280), era parte del piviere di Ameglia.

L’importanza strategica di Barbazzano

Già dal 1273 l’importanza strategica di Barbazzano suscitò l’interesse della Repubblica di Genova che riuscì ad annetterlo nella sua giurisdizione. Solo dopo lunghe trattative, nel 1284 rientrò in possesso dei vescovi di Luni. A seguito della battaglia della Meloria (6 agosto 1284) tra Pisa e Genova, il borgo fu costretto a giurare fedeltà alla repubblica genovese. La storia di Barbazzano, dunque, si inseriva nel quadro delle contese tra Genova e il Vescovato di Luni.

Vessato da queste due forze, trascinato nella lunga decadenza del potere vescovile lunense, tra la fine del XIII e il XVI secolo gli abitanti di Barbazzano, in cerca di maggiore tranquillità e stabilità, a poco a poco abbandonarono il borgo e si spostarono a Tellaro, cedendo ai tellaresi ogni loro diritto. C’è da dire che fino ad allora, Tellaro era stato una roccaforte nata per proteggere proprio Barbazzano, ambito dai pirati per l’importanza strategica e per la notevole produzione agricola e in particolare dell’olio di oliva.

L’abbandono

storia di barbazzano
Città della Spezia

Agli inizi del Trecento, il castrum passò nelle mani dei guelfi di Lucca. Dal 1313 le lotte tra guelfi e ghibellini consegnano tutto il territorio di Ameglia e Barbazzano alla famiglia Doria. Passò poi sotto il dominio di Castruccio Castracani degli Antelminelli. Infine ai Doria e a Genova. Per tutto il XV secolo non abbiamo notizie del borgo. Le citazioni nei documenti riprendono agli inizi del Cinquecento quando Barbazzano appariva ormai pienamente nelle mani di Tellaro, con un notevole rovesciamento degli equilibri rispetto a quelli di epoca medievale, quando Tellaro dipendeva dal borgo a monte.

Una leggenda narra che Barbazzano sia stato distrutto dai corsari in una notte di Natale nella seconda metà del XVI secolo, e precisamente dai Mori Catalani. E siccome, con il nome di Mori Catalani, la tradizione intendeva i pirati in genere, potrebbe anche darsi che i distruttori di Barbazzano siano stati gli abitanti di Portovenere, già celebri infestatori dei mari. Nonostante la rinuncia dei diritti in favore di Tellaro, fu lasciata in attività la chiesa di Barbazzano dedicata a San Giorgio, chiusa solo alla fine del Cinquecento.

L’età moderna

D’altronde, nelle cronache delle visite pastorali del 1584, Barbazzano era descritto come un borgo in completo stato di abbandono, tanto da essere definito ormai locus camprestris”. Nelle cronache, la chiesa e il cimitero appaiono completamente in rovina e le funzioni parrocchiali risultano già trasferite a Tellaro. Nonostante le varie ipotesi sulla scomparsa di Barbazzano, non sembra che la sua fine sia stata improvvisa e violenta. Si trattò di un abbandono graduale, determinato da uno spopolamento spontaneo. Gli abitanti si spostarono verso Tellaro a seguito dell’instabilità politica e del flagello della peste del 1348.

Utilizzato per scopi agricoli fino agli anni ‘70 del secolo scorso, oggi del castrum di Barbazzano, oltre il nome e poche memorie, rimangono alcuni ruderi. Essi sono visitabili anche se quasi inghiottiti dalla vegetazione.

Le rovine di Barbazzano 

barbazzano
Città della Spezia

A seguito di ricerche e scavi archeologici, le strutture che oggi rimangono a Barbazzano sono state ricondotte in due diverse fasi costruttive e abitative. La prima risale al periodo tra il XIII e il XIV secolo e la seconda a un arco temporale che va dal XVII al XIX secolo. Tra queste strutture  abbiamo la torre quadrata, alta 6-7 metri, di cui rimangono in piedi tre lati. Il lato anteriore è caratterizzato dalla porta che probabilmente serviva da ingresso al borgo. Poi tratti di cinta muraria dalla vaga forma pentagonale e i resti di un edificio detto “Casa del Capitano”. Essa conserva una ridotta porzione di copertura del tetto con lastre di ardesia.

Inoltre, si sono conservati i resti di quella che era chiamata “la cà del Vescovo”, originariamente parte del sistema difensivo del castrum, poi trasformata in casa rurale e infine in deposito attrezzi. Poi ancora le rovine della piccola chiesa che è stata al centro dell’immaginario popolare, in quanto alcune leggende narrano di tesori nascosti all’interno, anche se nulla fu mai trovato.

La Chiesa di San Giorgio

chiesa di barbazzano
Wikiloc

In origine la chiesa di San Giorgio, che oggi caratterizza il borgo di Tellaro, si trovava a Barbazzano. La prima menzione nelle fonti scritte è, come abbiamo detto, del 1280 (“l’ecclesia Sancti Georgii de Barbacano” Codice Pelavicino) che attesta la presenza dell’edificio e del culto del santo. Poi comparve nelle fonti nel 1296 (“Cappella de Barbassano”) e nel 1299 (“Cappella de Barbacano”), con appartenenza al piviere di Ameglia. La sua storia è oscura dal XIV al XV secolo, come per il resto del paese, tranne per una menzione nell’estimo della Diocesi di Luni del 1470.

Nonostante la decadenza del castrum, la cappella continuò a svolgere le sue funzioni religiose almeno fino al XVI secolo. Nel 1501 fu nominato un rettore di Tellaro anche se, intorno alla metà del secolo, esso fu direttamente trasferito al paese a mare. Infatti, i documenti delle visite pastorali del 1568 indicano che egli risiedeva a Tellaro e svolgeva le funzioni religiose nell’oratorio di Santa Maria. Invece, il battesimo continuerà a essere somministrato a San Giorgio di Barbazzano fino al 1574.

L’abbandono delle funzioni religiose

Gli stessi documenti delle visite pastorali descrivono l’aspetto della chiesetta in quegli anni: priva di campanile ma dotata di fonte battesimale in marmo di Carrara e tre altari. Il cimitero circostante era invece già in fase di abbandono. Come detto, passarono altri vent’anni e, nelle cronache delle visite pastorali del 1584, l’intero luogo appare in completo abbandono. Chiesa compresa con il pavimento, le pareti e il tetto danneggiati. Le tombe apparivano prive di coperture con i resti ossei sparsi qua e là sul terreno.

La chiesa di San Giorgio fu quindi chiusa e sconsacrata. Da allora, la cappella comparirà sono nei documenti fiscali del periodo napoleonico del 1812 che riportavano il perimetro dell’edificio. Dal 1890 al 1904 divenne una stalla. All’interno della chiesetta sono ancora visibili feritoie (segno che essa era stata edificata anche per scopi difensivi), il portale ad arco a sesto acuto in conci in calcare lavorati, una croce lucifera che rappresenta l’unica fonte di luce e i cardini del portone.

La torre di Barbazzano

torre di babrbazzano

La torre si affaccia su quella che un tempo era la mulattiera che conduceva a Barbazzano. Essa presenta un impianto quadrangolare ed era probabilmente inserita nelle mura di cinta del castrum. Nel portale, che dava accesso al borgo, è visibile lo stipite destro. La sommità era contornata da merli ancora in parte conservati.

Una “turrim” è menzionata nel 1280 come luogo in cui fu siglato un atto notarile, ma l’identificazione con quella di Barbazzano non è certa. Non appare nei documenti fiscali napoleonici del 1812. Doveva aver perduto completamente le sue antiche funzioni. Rimane, tuttavia, un’importantissima testimonianza del castrum medievale.

La storia di Portesone

portesone
Città della Spezia

Accanto a Barbazzano, alle spalle di Tellaro, e sempre sul Monte Caprione si trova un altro paese fantasma, Portesone. Antico villaggio di origine medievale, fu una delle più grandi curtis del distretto di Ameglia. É raggiungibile con un agevole sentiero e si possono visitare i ruderi, meglio conservati rispetto a quelli di Barbazzano.

Si tratta di una quindicina di edifici, fatti costruire probabilmente dai Doria, che furono a lungo signori del paese, tra cui anche quel Branca Doria che compare come personaggio nella Commedia di Dante. Il nome Portesone ha un’etimologia tipicamente medievale. Esso significa “grande manso”. Il manso era un appezzamento di terreno, abbastanza grande da dare sostentamento ad una famiglia che lo coltivava in cambio del pagamento del canone, una parte del raccolto e corvée dovute al signore proprietario.

L’età medievale e moderna

Nel XVI secolo Portesone subì una grave epidemia di peste e gli abitanti sopravvissuti lo abbandonarono per spostarsi a Barbazzano. Questo secondo paese, però, era a quel tempo, già in stato di decadenza e a sua volta quasi abbandonato. Portesone è citato più volte nel Codice Pelavicino come villaggio a vocazione agricolo-pastorale. Nelle carte del Monastero del Tino e nel Registrum Vetus del comune di Sarzana, Portesone appare costituito da 15 case costruite su uno strato affiorante di roccia.

Questi documenti ci narrano per lo più di compravendite di terreni tra signori, vescovi, fedeli e vassalli, dandoci importanti notizie sulla vita economica ma anche quotidiana del Medioevo. Ad esempio, sappiamo che i prodotti maggiormente coltivati a Portesone erano il fico, la vite e l’ulivo. Oppure sappiamo da un un documento del 1125 che il vescovo di Luni confermava all’abate del Monastero del Tino i possedimenti che aveva a Portesone e insieme concedeva l’uso dell’acqua, dei pascoli, dei boschi agli uomini che vi abitavano. Oppure ancora, da un contratto di compravendita del gennaio del 1285, veniamo a conoscenza che, assieme al terreno, anche le famiglie che lo coltivavano diventavano proprietà del nuovo signore. 

I ruderi di Portesone 

rovine di portesone
Wikiloc

Il villaggio fantasma di Portesone ha una tipica struttura medievale con edifici a due piani, di cui quello inferiore adibito a stalla e quello superiore ad abitazione. Per scopi difensivi, le case avevano l’ingresso al primo piano, raggiungibile con una scaletta in legno. Esse erano provviste di piccole feritoie al posto delle finestre. I tetti, ricoperti di lastre di ardesia, sono privi di camini a testimonianza dell’antichità del borgo.

Questa antichità testimonia una frequentazione umana che risale al tempo dei Liguri Apuani ma probabilmente ancora anteriore, come è dimostrato dai cavanei.

I cavanei

chiesa di barbazzano
Pagina Facebook Cavanei, Barbazzano, Storie e Notizie del Monte Caprione di Lerici

I cavanei sono strutture disseminate lungo i percorsi che si snodano sul monte Caprione, in particolare nella zona tra Zanego e la Serra. Si tratta di costruzioni composte da strati concentrici di pietre a secco e la loro funzione non è ben chiara. Varie sono le ipotesi. Secondo le note dell’antico geografo Strabone, i cavanei erano semplicemente le abitazioni dei Liguri Apuani: “tuguri fatti di pietre contrapposte senza malta”.

Altre ipotesi di studio interpretano i cavanei come una sorta di osservatori del cielo, funzione che troverebbe conferma in un proverbio dialettale locale: “Sè tè vèi déventae n’astronomo come Tolomeo te devi méte a luna drento ar cavanéo” (“Se vuoi diventare un astronomo come Tolomeo devi osservare la luna dentro un cavaneo”). Un altro detto dialettale sembra essere legato ad un culto pagano: “ae menà dé cavanei se ghé da i fruti ciù bei” (“Alle Menadi – divinità legate al culto di Bacco – dei cavanei si offrono i frutti migliori”).

E tutto ciò non sembra un caso, dal momento che il promontorio del Caprione è interessato da fenomeni che ricadono nell’ambito dell’Archeoastronomia. Qui, oltre a importanti scoperte di megalitismo, abbiamo il più famoso fenomeno della farfalla dorata, che si verifica al tramonto del Sole durante il solstizio d’estate.

Il sentiero per arrivare ai paesi fantasma di Barbazzano e Portesone

Il sentiero ha una durata di circa un’ora e varia in altitudine di 115 metri. Questo percorso segue i sentieri segnalati REL n 431 e 432 e ha un livello di difficoltà E.

Il percorso inizia a Tellaro, dalla strada principale accanto ai giardini pubblici e nei pressi dell’Albergo Ristorante Miramare. Procede con lievi saliscendi tra gli uliveti fino al villaggio in rovina di Portesone. Da qui, proseguendo il sentiero in direzione di Lerici, si arriva alle rovine di Barbazzano.

Libri per approfondire

Il Golfo dei Poeti: A spasso per Lerici, San Terenzo, Tellaro

Golfo della Spezia e Promontorio del Caprione. Le più belle escursioni tra monti e mare

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Mappa di Barbazzano e Portesone

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