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L’evoluzione del ruolo delle donne nell’antica Grecia

ruolo delle donne nell'antica Grecia
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Le fonti legate all’antica Grecia furono scritte da uomini per uomini. Templi, edifici e monumenti narrano di un mondo di uomini e delle loro imprese. Le opere d’arte dell’epoca presentano figure femminili in varie forme, ma raramente ci dicono qualcosa di più sul ruolo delle donne nell’antica Grecia. Perfino l’antica democrazia ateniese, celebrata in tutto il mondo ancor oggi, negava il voto alle donne. Eppure a un certo punto avvenne un’evoluzione.

Ruolo delle donne nell’antica Grecia

Il ruolo delle donne nell’antica Grecia può essere riassunto dalle parole dello storico Tucidide: “Grande è la reputazione di quella donna per cui, per lode o per biasimo, si parli il meno possibile fra gli uomini“. Negli ultimi 60 anni gli storici hanno indagato con uno sguardo nuovo il ruolo delle donne nell’antica Grecia, il che ha portato a una nuova e più profonda comprensione. Si è passti dal considerare solo il potere divino delle divinità femminili al potere sociale e religioso delle donne sacerdote fino alle donne omeriche e alle antieroine del mito e del dramma.

Tra la caduta di Atene nel 404 a.C. e il dominio di Alessandro Magno nel 330 a.C. il mondo greco cambiò sensibilmente e con esso il ruolo delle donne nell’antica Grecia. Le trasformazioni furono in parte dovute alle rovinose conseguenze della guerra del Peloponneso, il conflitto trentennale che lacerò la democratica Atene. Con la povertà diffusa, le donne greche uscirono dal focolare domestico per lavorare fuori casa. L’oratore Demostene, intorno alla metà del IV secolo, si lamentava del fatto che ora lavorassero come infermiere, lanaiole e vendemmiatrici a causa della povertà. La motivazione economica fu accompagnata da profondi cambiamenti politici, dal sempre più labile confine tra mondo pubblico e privato e da nuove forme di espressione religiosa.

Le donne diventano visibili

donne antica grecia
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Il ruolo delle donne nell’antica Grecia divenne visibile per diversi motivi. Ad Atene, le trame delle commedie vertevano sull’uguaglianza sessuale e politica mentre nei tribunali si discuteva su questioni relative alla cittadinanza. A Sparta, le donne divennero proprietarie terriere e molte opere d’arte le raffigurano intente in attività sportive. In tutta la Grecia le donne iniziarono a esprimersi in vari modi in reazione al mondo imprevedibile che le circondava.

Nel 395 a.C., appena nove anni dopo che Atene aveva piegato il capo ai Persiani, il drammaturgo Aristofane scrisse la commedia “Donne al parlamento“, basata su una trama tanto semplice quanto sorprendente. Le donne di Atene, stanche del disordine causato dagli uomini, entrano in parlamento e ottengono il potere. Le donne iniziano a riformare Atene con l’obiettivo di rendere tutti uguali in tutti gli aspetti della vita. Tale uguaglianza vale anche per i rapporti sessuali dei cittadini ateniesi. Se un uomo volesse andare a letto con una bella donna o una donna volesse andare a letto con un bell’uomo, l’uomo dovrebbe prima fare sesso con una donna brutta e la donna con un uomo brutto in modo che tutti ottengano soddisfazione. La commedia si conclude con il fallimento del programma di riforme radicali perché anche le donne si rifiutano di dover essere così scrupolosamente giuste nelle loro attività sessuali.

La voce delle donne

donne al parlamento
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Apparentemente “Le donne in parlamento” è un’opera scritta da un uomo per un pubblico maschile per ribadire che, se è vero che gli uomini hanno causato danno agli affari della città, anche le donne sbagliano. Sarebbe quindi un errore considerare quest’opera come un manifesto dell’emancipazione femminile. Tuttavia, mostra come le donne divennero portavoce di una città impegnata nel tentativo di ricostruirsi e di riappropriarsi di un’identità in un mondo in rapido cambiamento. La voce delle donne nell’opera di Aristofane non rivoluzionò il ruolo delle donne nell’antica Grecia, ma quella voce, forse meglio di ogni altra, espresse i problemi che la città dovette affrontare e la necessità di un cambiamento radicale.

Cosa dicono i reperti archeologici sul ruolo delle donne nell’antica Grecia

tavolette della maledizione
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Alcune delle scoperte archeologiche più importanti di questo periodo provengono da Dodona, città nel nord della Grecia. Infatti, qui sono venute alla luce piccole lastre di metallo che recano incise alcune domande all’oracolo di Zeus, re degli dei. Si tratta delle “tavolette di maledizione“, una forma di preghiera scritta con cui le persone invitavano gli dei a danneggiare i loro avversari e nemici. L’aspetto più sorprendente è che le tavolette di Dodona sono scritte da donne. Esse rivelano non solo quali consigli le donne cercassero dagli dei, ma il modo in cui si consideravano ed erano percepite a loro volta dagli uomini nel mondo in veloce cambiamento che le circondava.

Le tavolette rivelano come gli uomini trattavano le donne che consideravano astute e una potenziale minaccia e ci dicono che le donne stesse erano le più attive nelle maledizioni riguardanti i rapporti sessuali. In una tavoletta rinvenuta a Berovo, nella Macedonia del nord, possiamo leggere le parole di una donna intenta a impedire l’unione sessuale tra l’uomo che ama e la sua rivale. Nella tavoletta della maledizione, ella prega affinché la rivale muoia miseramente. Queste piccole lastre ci offrono, quindi, uno spaccato senza precedenti sulla vita personale e i comportamenti delle donne, nonché sulle loro interazioni con gli uomini.

Le tombe

Uno degli effetti della maggiore instabilità sociale che caratterizzò il IV secolo a.C. si rivelò nel fatto che le donne divennero più visibili nell’ambito della morte e del lutto. A questo proposito ci giungono in soccorso le tombe, che ci dicono molto circa il ruolo delle donne nell’antica Grecia. Ebbene, durante il IV secolo a.C., non solo le immagini delle donne defunte diventano più frequenti, elaborate e dettagliate, ma sono sempre più spesso accompagnate da epitaffi poetici.

Ciò starebbe a indicare che, a un certo punto, le donne resero pubbliche le loro vite, i loro pensieri e le loro emozioni e gli uomini resero pubblico il loro amore per le loro donne. E non solo, perché di questo periodo sono note anche poetesse che scrissero pubbliche lamentele per i loro amici perduti.

Le donne a Sparta

donne spartane
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Anche in quella risoluta città che è Sparta, che arrivò a considerare la prima notte di nozze come un evento vergognoso poiché allontanava l’uomo dal servizio militare, il ruolo delle donne cambiò. E forse qui più che altrove. Solo a Sparta le donne dovevano seguire intensi allenamenti fisici, una condizione ritenuta fondamentale per dare alla luce bambini sani e vigorosi. A Sparta, le donne potevano possedere la propria terra, tanto che fino al 40% della terra nel IV secolo a.C. era di proprietà femminile. Nacquero racconti e leggende sulle donne spartane come emblema del codice di comportamento e l’etica per cui la città si distingueva. Ad esempio, si narra che una donna spartana, ascoltando il messaggero che le portava la notizia che i suoi cinque figli erano morti in battaglia, rispose: “Non raccontarmi di questo, idiota, dimmi se la nostra città ha vinto”.

E proprio in questo periodo, fu una donna spartana a emergere nella più maschile delle arene greche: i giochi olimpici. Alle donne greche non era permesso prendere parte alle gare olimpiche e nemmeno partecipare come spettatrici. Cynisca, sorella dei re spartani Agide II e Agesilao II, si iscrisse alle gare ippiche come organizzatrice e preparatrice dei cavalli delle Olimpiadi del 396 e del 392 a.C. Riportò la vittoria entrambe le volte, diventando la prima donna a vincere i Giochi Olimpici, anche se non personalmente, in 400 anni di storia. Dopo la sua morte, Cynisca fu venerata a Sparta come un’eroina.

Il quadro giuridico

la donna nell'antica grecia
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Secondo la legge, ad Atene le donne non avevano un’esistenza indipendente. E questo nonostante il fatto che Platone avesse proposto che alle donne dovesse essere data la stessa istruzione degli uomini, lo stesso accesso ai tribunali, gli stessi diritti di possedere ed ereditare proprietà, ricoprire cariche pubbliche e lavorare alla pari degli uomini. Nel IV secolo, le donne in tribunale dovevano essere accompagnate e rappresentate da un tutore maschio che parlava per loro. Spesso, le cause giuridiche erano intentate con il proposito ben preciso di svergognare una donna e di macchiare la sua reputazione. L’oratore Demostene (384-322 a.C.), nel suo discorso “Contro Neera” accusò Neera, straniera residente ad Atene, in uno scandalo sessuale. Secondo l’oratore il suo compagno, un ateniese di nome Stephanos, aveva fatto passare la donna come cittadina ateniese affinché ai loro figli fosse data la piena cittadinanza ateniese. La legge richiedeva che entrambi i genitori fossero cittadini ateniesi affinché alla prole fossero concessi pieni diritti di cittadinanza. La reputazione di Neera fu ridotta a ben poca cosa da Demostene in nome della protezione della purezza e dell’identità ateniese.

Atene si trovava di fronte alla possibilità di un attacco militare dalla Macedonia e di ulteriori disordini politici interni. La figura della povera Neaera ci mostra fin troppo chiaramente quanto seriamente gli Ateniesi considerassero la sicurezza dei loro cittadini e la salvaguardia dell’identità. Non molto tempo dopo questo caso, Atene diede il via a un censimento di tutta la cittadinanza per allontanare gli “illegittimi”. In quanto trasmettitrici della purezza ateniese tramite la prole, le donne erano sottoposte al controllo pubblico come elemento cruciale della città-stato ateniese.

Le casualità del fato

Mentre le donne erano svergognate ad Atene, vincevano vittorie olimpiche a Sparta e imprecavano tramite tavolette nella Grecia continentale, non mancarono donne che rivestirono ruoli cruciali nell’ambito di cambiamenti drammatici. Plutarco narra la vicenda di una di queste donne. Si trattava di una figura femminile senza nome che, inavvertitamente, contribuì a scatenare una ribellione. Nei primi decenni del IV secolo a.C., la città di Tebe fu occupata dagli spartani provocando tale malconten che lo scoppio di una rivolta era dietro l’angolo. La ribellione fu organizzata da alcuni personaggi di spicco della città, alcuni dei quali erano in esilio ad Atene. Furono stabiliti i piani e concordati i tempi affinché gli esuli lasciassero Atene, entrassero a Tebe sotto mentite spoglie e iniziassero il colpo di stato.

Ma il giorno prima dell’evento, un membro della congiura fu colto da un’improvvisa crisi e ordinò a un messaggero fidato di recarsi immediatamente ad Atene per ordinare agli esuli di non tornare a Tebe il giorno successivo. Il messaggero non riuscì però a trovare le briglie del suo cavallo per partire. Risultò che il giorno prima la moglie le aveva prestate a un vicino. Il messaggero, però, non poteva chiedere indietro la briglia o prenderne un’altra in prestito senza destare sospetti sull’urgenza della sua commissione, rivelando così forse l’intero complotto. Decise di non fare nulla e di restare a casa. Gli esuli lasciarono Atene il giorno successivo come originariamente previsto. Giunsero a Tebe e diedero il via alla ribellione che cacciò dalla città gli spartani. Tebe iniziò una rapida ascesa al dominio della Grecia, tutto grazie a una donna senza nome che aveva scelto di fare un favore al suo vicino.

Il ruolo delle donne nell’antica Grecia: l’intenzionalità

donne al potere nell'antica grecia
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Ma il ruolo delle donne nell’antica Grecia non si esaurì solo in eventi fortuiti che cambiarono il corso della storia durante questo periodo turbolento. Era presente anche l’intenzionalità, come nel caso delle donne che uccidono i mariti per favorire un cambiamento politico. La figura più emblematica in questo caso fu la quinta moglie di Filippo di Macedonia (382-336 a.C.), Olimpiade (375-316 a.C.). Più di tutti, questa donna contribuì alla nascita del nuovo modello monrchico-dinastiche che emerse nel mondo greco verso la fine del IV secolo a.C. Olimpiade, madre di Alessandro Magno (356-323 a.C.), probabilmente ebbe un ruolo nell’assassinio di suo marito Filippo per assicurare la successione di suo figlio. E’ quasi certo che fece uccidere una delle altre mogli di Filippo e la loro figlia.

Olimpiade rappresentò la figura femminile più potente nella vita di Alessandro Magno che rimase in costante contatto con lei durante tutte le sue campagne militari di conquista. Mentre egli si trovava lontano dalla madrepatria, Olimpiade, l’altra figlia Cleopatra e uno dei generali di Alessandro di fatto governavano la Macedonia. Dopo la morte di Alessandro Magno, Olimpiade tentò di tutto per proteggere suo nipote, il figlio di Alessandro nato da poco, nel vuoto di potere che seguì nel mondo greco. Uccise e ingannò tanto che, ritenuta particolarmente pericolosa, fu fatta prigioniera e giustiziata dai suoi nemici nel 316 a.C.

Il focolare domestico

Nonostante tutti questi esempi di cambiamento nel ruolo delle donne nell’antica Grecia, alla fine di questo periodo le donne erano ancora principalmente relegate alla gestione della casa. Lo scrittore ateniese Senofonte considerava le donne le “api regine” della casa. Ma senza dubbio era in corso un cambiamento nella posizione delle donne, sia nel modo in cui le donne erano più visibili, sia nella varietà e nell’importanza dei ruoli che ricoprivano all’interno della società antica. La vera rivoluzione femminile negli ambienti politici, economici e letterari si ebbe solo nella successiva età ellenistica. Questo periodo va dal 323 a.C., anno della morte di Alessandro Magno, fino alla morte di Cleopatra d’Egitto e la conquista romana del Regno tolemaico d’Egitto (31 a.C.). In questi anni, le donne divennero commercianti, affittuarie e locatrici di terreni, ereditiere, mutuatarie di denaro e proprietarie di schiavi. Raggiunta l’indipendenza economica, ottennero anche un rilassamento dei vincoli fisici e ideologici.

Le donne iniziarono a essere oggetto di interesse da parte della professione medica. Infatti, di età ellenistica sono diversi trattati medici incentrati sulle donne. I filosofi iniziarono a battersi per l’uguaglianza tra i sessi: il filosofo Epicuro fu il primo ad aprire la sua scuola a entrambi i sessi, agli inizi del III secolo a.C. Anche l’arte antica iniziò a occuparsi sempre più di affascinanti figure femminili. La prima statua femminile completamente nuda della dea Afrodite fu creata proprio all’inizio dell’età ellenistica. E le donne si trasformarono in regnanti e governanti. Basti pensare alla regina cirenaica Berenice II e ad Arsinoe II, regina egiziana e sovrana di Macedonia. Fino alla famosa Cleopatra VII, ultima sovrana della dinastia tolemaica a regnare in Egitto e anche l’ultima di tutta l’età ellenistica.

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