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Cicerone: biografia in breve

cicerone biografia
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Marco Tullio Cicerone, uno dei più grandi oratori e filosofi dell’antica Roma, ha lasciato un’impronta duratura nella storia della letteratura e del pensiero politico. La sua carriera spaziò dalla retorica alla filosofia, dalla politica al diritto, contribuendo in modo significativo alla cultura romana e occidentale. Le sue opere, tra cui le celebri orazioni contro Catilina e i trattati filosofici, continuano a influenzare il pensiero moderno.

Cicerone: biografia in breve

Marco Tullio Cicerone nacque il 3 gennaio 106 a.C. nella piccola città di campagna di Arpinum, tra i monti Volsci che separavano il Lazio dalla Campania. Il suo popolo era stato ridotto alla dipendenza da Roma circa duecento anni prima, servendo come richiesto nelle legioni romane, ma senza privilegi politici e sociali.

La famiglia di Cicerone apparteneva alla classe equestre locale. Sebbene lontanamente imparentato con Gaio Mario, la sua famiglia era priva di legami e conoscenze con l’oligarchia senatoriale romana. Nonostante ciò, Cicerone non solo salì lungo la scala del potere politico, per diventare infine console nel 63 a.C., ma guadagnò un’eccezionale fama, anche e soprattutto nell’ambito della filosofia e nella teoria retorica.

Il contesto storico

cicerone infanzia e giovinezza
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L’infanzia di Cicerone coincise con eventi di fondamentale importanza per Roma e i suoi popoli italici sudditi. Quando egli aveva appena un anno, l’Italia era minacciata dall’invasione dei Cimbri e dei Teutoni, che, dopo essere stati cacciati dallo Jutland, miravano alle fertili terre della penisola italiana. La minaccia che rappresentavano fu scongiurata solo dagli strenui sforzi e dai metodi di reclutamento senza precedenti intrapresi dal concittadino di Cicerone, Gaio Mario. Ma ben presto l’Italia fu coinvolta nella guerra sociale, causata da una Roma riluttante a concedere pieni diritti di cittadinanza agli italici che prestavano servizio nei suoi eserciti. La giovinezza di Cicerone fu invece scandita da una lunga lotta tra il partito senatoriale e quello democratico. Silla, paladino del primo, fallì nel tentativo di restaurare l’antica egemonia del Senato.

Era questo il periodo in cui una nuova Roma stava emergendo e i Romani vedevano poche possibilità di un ritorno alla pace. Infatti, generali ambiziosi come Lepido, Pompeo e Crasso disponevano di ingenti eserciti su cui poter contare per soddisfare la loro personale ambizione di potere. Tuttavia, alcuni furono abbastanza lungimiranti da pronosticare il crollo della Repubblica e si adoperarono per preservarne le forme. Tra questi, Cicerone si distinse per particolare zelo e impegno.

La giovinezza di Cicerone

I primi anni di vita di Cicerone furono dedicati allo studio dell’oratoria. Il ragazzo fu portato dal padre a Roma e nel 79 a.C. studiò le tecniche dell’arte con il maestro Apollonio Molone, un retore di Rodi che allora era in visita a Roma. Cicerone studiò con profitto filosofia sotto la direzione di Filone di Larissa, capo dell’Accademia di Atene, fondata da Platone trecento anni prima, e del filosofo stoico Diodoto, con il quale strinse un duraturo legame.

Il suo interesse precoce per la filosofia fu lo spunto per dedicarsi con passione a discipline come la retorica, la logica, la letteratura, la matematica e l’etica. Ricevette così l’ampia educazione di base che egli stesso prescriverà più tardi nei suoi scritti sulla teoria retorica come necessario accompagnamento degli esercizi pratici di declamazione.

Primi passi come oratore

biografia di cicerone
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Uno dei suoi primi casi si verificò nell’81 a.C. quando, all’età di venticinque anni, Cicerone parlò a nome di un certo Roscio in opposizione al più celebre oratore del tempo, Quinto Ortensio Ortalo. Nell’orazione Pro Roscio Amerino difese un figlio ingiustamente accusato di parricidio. I veri colpevoli erano sostenuti dal liberto di Lucio Cornelio Silla, Lucio Cornelio Crisogono. Cicerone vinse la sua causa, sia di fronte a un’opposizione di grande talento sia contro gli interessi di alcuni dei più potenti seguaci di Silla, che all’epoca si era autoproclamato dittatore di Roma.

Il discorso di Cicerone in questa occasione mostrò la sua precoce abilità nel conquistare la simpatia della corte, nello screditare l’opposizione, nell’esporre i fatti a proprio vantaggio e nell’utilizzare tutte le tecniche del repertorio oratorio per ottenere il sostegno del pubblico. In questo periodo dell’attività oratoria di Cicerone, la meticolosità ossessiva per lo stile, alimentata dal sistema educativo romano, con la sua enfasi sulla teoria e sulla pratica retorica, lo portò spesso a cesellare periodi attentamente costruiti a scapito del significato stesso. In un trattato scritto da Cicerone nella sua maturità, avrebbe ripensato con un certo disprezzo a questi primi tentativi.

Gli studi successivi

Forse perché resosi conto delle insidie di questo modo di esercitare l’ars oratoria, Cicerone andò all’estero per studiare prima ad Atene e poi sotto il suo vecchio maestro Molone a Rodi. Ma non solo. Egli, infatti, partì per la Grecia e per l’Asia Minore, temendo una vendetta di Silla per la sua vittoria nel caso di Roscio. Tuttavia, il viaggio fu proficuo perché, al suo ritorno nel 77 a.C., dichiarò di possedere una certa maturità di stile e di discorso.

Molone gli mostrò come attirare l’attenzione del suo pubblico con uno stile più ingegnoso, piuttosto che con i prolungati sforzi vocali che aveva messo in atto in precedenza. Da questo momento iniziò la carriera politica di Cicerone.

La carriera politica di Cicerone

pensiero politico di Cicerone
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Dopo la sua elezione a questore, il gradino più basso della scala politica, Cicerone fu mandato in Sicilia come funzionario della gestione finanziaria per la metà occidentale dell’isola con sede a Lilibeo (l’attuale Marsala). Cicerone conquistò la fiducia e la stima degli abitanti. Negli anni a seguire, Cicerone si occupò della professione forense e fu chiamato dagli stessi siciliani nel processo contro il famigerato Caio Verre, che era succeduto a Cicerone come governatore della Sicilia ed era accusato di aver esercitato una tirannia sull’isola nel triennio dal 73 al 71 a.C.

Verre si era macchiato di rapine su vasta scala e spesso violente a danno dei provinciali. Aveva perpetrato l’oltraggio sessuale contro le mogli e le figlie dei siciliani a lui recalcitranti. Cicerone fu in grado di produrre prove minuziose e schiaccianti in una quantità tale che stabilì, in questo senso, un primato per l’epoca. Il processo durò appena nove giorni: Verre andò in esilio volontario e il futuro di Cicerone come avvocato fu assicurato. Successivamente Cicerone sviluppò la sua abilità in un’ampia varietà di casi.

Una nuova ars oratoria

Durante la sua prima attività di oratore, Cicerone sviluppò nuove regole e indicazioni. Egli suggerì che un oratore dovrebbe idealmente mirare a tre cose: istruire, deliziare e persuadere il suo pubblico. Da Molone, Cicerone aveva ricevuto una formazione approfondita in tutti e tre questi aspetti. L’istruzione degli ascoltatori sui fatti di un caso ha maggior successo utilizzando un linguaggio diretto che non consenta svolazzi retorici, che rischiano di oscurare gli elementi essenziali o di distrarre l’attenzione degli ascoltatori. Le frasi devono essere brevi e costruite con semplicità e chiarezza. Per mantenere alta l’attenzione del pubblico anche nel caso di discorsi lunghi, occorre inserire qualche diversione che stimoli il loro interesse in calo. Da qui l’importanza della digressione, dell’aneddoto o dell’illustrazione.

Cicerone era esperto in tali diversivi che variavano notevolmente in lunghezza. Le digressioni di Cicerone erano spesso lunghe e potevano comprendere l’esposizione di precedenti mitologici o storici che di solito erano tanto divertenti quanto illuminanti. Nel valutare la giusta lunghezza e l’adeguatezza del soggetto trattato, Cicerone si dimostrò davvero un maestro. Ma nessun oratore può raggiungere il successo senza la capacità di persuadere il suo pubblico. In ciò Cicerone sembra aver primeggiato tra i suoi contemporanei. Suscitando una potente emotività o facendo sfoggio di pungente sarcasmo per influenzare i suoi ascoltatori, oppure ancora con incisive allitterazioni, i poteri persuasivi di Cicerone non erano secondi a nessuno.

Le cause successive

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Per gran parte della sua successiva carriera, Cicerone limitò i suoi sforzi a garantire l’assoluzione di imputati accuratamente selezionati, molti dei quali erano inequivocabilmente colpevoli dei crimini di cui erano accusati. Ad esempio, Cicerone si vantò della sua difesa di un certo Cluenzio e di aver completamente ingannato la giuria. La sua difesa ebbe così tanto successo che non siamo tuttora in grado di stabilire la verità del caso. Ciò non deve stupire, poiché questa prassi, all’epoca, ammetteva l’accurato occultamento della verità se ciò andava contro l’impressione che l’avvocato voleva dare. Questo modo di procedere non era considerato disonesto.

La sua crescente abilità come oratore e avvocato facilitò non poco gli avanzamenti nella carriera politica di Cicerone. Essendo un uomo “nuovo”, privo dell’appartenenza alle famiglie romane più influenti, egli dovette lottare per ottenere cariche caratterizzata da una forte tradizione familiare, se non una vera e propria ereditarietà del titolo.

Cicerone console

catilinarie cicerone
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Nonostante ciò, dopo molte lotte politiche cruentemente combattute, Cicerone ottenne finalmente, nel 63 a.C., il consolato. Fu durante quest’anno come magistrato supremo che Cicerone dovette affrontare la pericolosa cospirazione di un certo Catilina, che progettava di rovesciare il governo e prendere il potere per sé, nel disperato tentativo di saldare i suoi enormi debiti. Nella vita privata Catilina era senza scrupoli, dissoluto e impavido, ma gli mancavano le qualità essenziali per essere un vero capo. E Cicerone non ebbe difficoltà a reprimere la congiura e mettere a morte i congiurati e il loro capo.

La crisi catilinariana, forse più di ogni altro singolo evento, dimostrò la debolezza e l’incoerenza del carattere di Cicerone che si dimostrò volubile e spesso imprevedibile. Arguto e molto sensibile e intelligente, egli però tradiva anche una certa tendenza al cupo pessimismo e alla disperazione per i propri poteri e il proprio futuro politico. Nell’ultima parte della sua carriera politica fu sempre più preoccupato dal crescente pericolo per la Repubblica da parte dei grandi comandanti militari come Pompeo e Cesare che, seguendo l’iniziativa di Gaio Mario, sostenevano le loro ambizioni politiche con eserciti leali e potenti. Cicerone cercò di scongiurare la minaccia invocando una “unione di tutti gli uomini buoni“, una collaborazione tra l’aristocrazia terriera, la nobiltà e i cavalieri.

La Repubblica in pericolo

Tuttavia, che una tale alleanza sarebbe stata inefficace senza il sostegno militare era evidente, e di conseguenza Cicerone cercò l’appoggio di Pompeo che aveva alle spalle una serie ininterrotta di successi militari. Gli anni successivi al consolato di Cicerone e fino alla sua morte nel 43 a.C. rivelano i suoi ripetuti e instancabili sforzi per realizzare il suo ideale di concordia e l’unione politica dei diversi ordini dello stato. Al proposito, potete trovare un’esemplificazione del pensiero politico di Cicerone in questo articolo.

Con questo sforzo, alla fine fallito, cercò di ritardare il più possibile la fine della repubblica. Ma fu sconfitto e Cicerone perse la vita per mano di Marco Antonio che concretizzò le tendenze politiche ed economiche in atto, autoproclamandosi dittatore e inaugurando così il governo degli imperatori che ne sarebbe seguito.

La filosofia al centro degli ultimi anni di vita

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Fu proprio a causa della crescente disillusione di fronte al progressivo decadimento della Repubblica, insieme alla morte inaspettata dell’amata figlia Tullia nel marzo del 45 a.C., che Cicerone rivolse sempre più la sua attenzione dalla politica alla filosofia. Nella sua angoscia per i tempi presenti, i filosofi greci sembravano dargli un certo conforto. All’età di sessantuno anni, Cicerone si impegnò con rinnovato vigore allo studio e alla reinterpretazione degli autori epicurei, dei platonici, degli aristotelici e degli stoici, mostrando uno spiccato eclettismo. Anche senza rendersene pienamente conto, le preferenze di Cicerone andavano alla filosofia stoica.

Nelle “Tusculanae disputationes“, ad esempio, cercò di dimostrare che la virtù è sufficiente per raggiungere la felicità e arrivò a concordare con gli stoici che l’uomo saggio può essere felice sotto tortura. Se per emotività Cicerone tendeva spesso allo stoicismo, la sua metodica vagliatura delle prove a favore e contro un postulato filosofico, così come le sue aperte professioni di lealtà avevano tutto il sapore degli accademici, di Socrate e di Platone.

L’ultimo tentativo di Cicerone

In vecchiaia, dunque, il nuovo scopo di Cicerone fu quello di far conoscere la filosofia greca ai romani. In molti casi, Cicerone tradusse per la prima volta in latino autori e termini filosofici greci. L’originalità di Cicerone non risiedeva solo nel riportare la filosofia greca nella lingua latina e nell’adattamento della dottrina filosofica greca alle esigenze morali e politiche del suo tempo, ma anche nella sua entusiastica adozione di tutte le tecniche della grande letteratura per rivestire tale materiale in forma elegante ed evocativa. Ciò si rivela soprattutto quando Cicerone scriveva delle meraviglie della natura e del suo perfetto funzionamento.

Infatti, nella ricerca della bellezza e dell’ordine nella natura, Cicerone sembrava aver trovato conforto rispetto agli sconvolgimenti in atto a livello politico. Nella filosofia, e in particolare nello stoicismo, egli trovò l’incoraggiamento a pronunciarsi per l’ultima volta a favore della Repubblica e ad appellarsi, nelle celebri Filippiche, ad Antonio: “Ti prego, Marco Antonio, considera, a quest’ultima ora, il bene della Repubblica. Dimentica i tuoi attuali compagni e ricorda solo quelli da cui provieni. Fai di nuovo amicizia con lo Stato; quanto a me, fai amicizia con me, se vuoi“.

La morte di Cicerone

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Tomba di Cicerone a Formia, Wikimedia Commons

Invano Cicerone invitò ripetutamente “tutti gli uomini leali” a intervenire per la salvezza della Repubblica. Quando Antonio stilò le liste di proscrizione dei suoi nemici, il nome di Cicerone fu il primo a comparire. E quando gli assassini inviati da Antonio lo raggiunsero nella sua villa di Formia, egli non oppose resistenza, ma si sottomise alla spada. La sua testa e la mano destra con cui aveva scritto i suoi attacchi contro Antonio furono esposte nel Foro, a monito per gli oppositori del triumvirato. Correva l’anno 43 a.C.

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Cicerone: La parola e la politica

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