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Abbigliamento dell’Antica Roma: come vestivano i romani

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L’abbigliamento dell’antica Roma rifletteva direttamente lo status sociale, il ruolo politico e le condizioni di vita personale di un individuo.

Abbigliamento dell’antica Roma

Durante la fase repubblicana (509-27 a.C.), l’abbigliamento dell’Antica Roma era relativamente semplice e funzionale, riflettendo i valori di modestia e praticità della società romana dell’epoca. L’indumento più emblematico era la toga, indossata esclusivamente dai cittadini romani liberi. Solo magistrati e sacerdoti potevano indossare la toga praetexta, dalla caratteristica striscia viola. Infatti, questo indumento era simbolo di autorità e sacralità. Le donne romane indossavano la stola, una lunga tunica che indicava il loro status di donne libere e sposate.

Con l’ascesa dell’Impero Romano (27 a.C.-476 d.C.), l’abbigliamento dell’Antica Roma divenne più elaborato e diversificato, riflettendo l’influenza di altre culture con cui Roma entrò in contatto. I cittadini delle classi sociali più elevate iniziarono a indossare la toga viola, simbolo di supremazia politica e sociale, spesso impreziosita da ricami dorati. La tunica, capo più pratico e comodo dell’abbigliamento dell’Antica Roma, conquistò popolarità sia tra gli uomini sia tra le donne, soprattutto nelle varianti decorate da indossare per le occasioni formali.

I poveri e le leggi

Le classi lavoratrici, compresi gli schiavi, indossavano abiti più semplici e resistenti, come tuniche corte e mantelli grossolani, adatti al lavoro fisico e alle condizioni climatiche avverse. Gli schiavi, in particolare, erano spesso identificabili dal loro abbigliamento semplice e uniforme, privo di qualsiasi ornamento.

L’abbigliamento dell’Antica Roma non era solo una questione di moda o di convenienza. Era profondamente intrecciato con le leggi suntuarie, che regolavano il lusso e l’eccesso. Queste leggi miravano a mantenere la distinzione di classe e a prevenire eccessive manifestazioni di ricchezza. Tuttavia, nel corso del tempo e con l’espansione dell’Impero, queste norme divennero sempre più difficili da far rispettare, portando a un’inevitabile fusione di stili e a una maggiore varietà nell’abbigliamento.

L’importanza della Toga, l’abito nazionale

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Nel primo libro dell’Eneide, Giove si rivolge a Venere promettendo la supremazia sui romani, definendoli “rerum dominos gentemque togatam” (“padroni del mondo, popolo togato”). Questa definizione indica che solo i membri del popolo “eletto” potevano indossare la toga, simbolo inconfondibile del diritto alla cittadinanza romana.

La toga era definita “l’abito di Stato e d’onore” che solo un vero cittadino romano poteva indossare come segno di appartenenza nazionale. La toga era il costume nazionale e la protagonista assoluta dell’abbigliamento dell’Antica Roma. Non a caso, i condannati all’esilio perdevano anche lo ius togae, il diritto di indossare questo indumento. Inoltre, si prestava molta attenzione a garantire che gli stranieri non lo indossassero.

Liberalia, la festa della Toga

Il potere simbolico della toga era al centro di un’antica festa romana chiamata Liberalia. Si trattava di una festa familiare in cui i giovani romani, di circa 16 anni e nati liberi, toglievano la toga praetexta, caratterizzata da un alto bordo viola, per indossare la toga virilis, completamente bianca.

La festa rappresentava simbolicamente il passaggio dalla giovinezza all’età adulta. Tra i 15 e i 17 anni i ragazzi entravano a far parte della comunità dei cittadini e, in un certo senso, diventavano uomini. I Liberalia generalmente coincidevano con la festa di Bacco il 17 marzo.

Le varie tipologie di toghe nell’abbigliamento dell’antica Roma

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La toga era realizzata in pesante tessuto di lana bianca e non aveva ornamenti o colori. Questa era detta toga pura. Come abbiamo visto, la toga praetexta invece mostrava un alto bordo colorato e solo i ragazzi delle famiglie più importanti potevano indossarla, assieme a funzionari e sacerdoti.

I candidati a qualsiasi carica politica indossavano una toga particolarmente bianca, la toga candida, per essere distinti più facilmente dagli altri cittadini. La toga pulla, di colore grigio o nero, era riservata alle persone in lutto. Gli uomini erano sepolti indossando una toga.

La toga passa di moda

Eppure, a un certo punto, il poeta Giovenale osserva: “In gran parte d’Italia nessuno indossa la toga tranne i morti”. Marziale rafforza l’osservazione: “Fuori dalla capitale, le toghe rimanevano polverose nelle casse; indossate una o due volte al mese, potrebbero durare anche sedici estati”. Ma non solo fuori Roma. Almeno in epoca tardo repubblicana, anche nella capitale, si diffuse l’abitudine di non indossare più l’abito di Stato. La gente usciva semplicemente avvolta in un pallio greco, un mantello. Qualcosa che avrebbe inorridito solo pochi decenni prima.

Così, in età augustea, si rese necessaria una solenne chiamata da parte dell’imperatore per far rispettare le antiche regole, almeno per i ceti più in vista. Augusto ordinò agli edili di assicurarsi che ogni cittadino romano indossasse la toga nel Foro e nelle sue vicinanze. Ma non ebbe successo e la toga divenne sempre più fuori moda. I romani indossavano la toga solo in quelle occasioni inevitabili, come durante i giochi pubblici, in tribunale e nelle cerimonie ufficiali.

Perché la Toga passò di moda?

Principalmente per comodità. La toga era difficile da indossare e sistemarla richiedeva abilità e tempo. Infatti, questo indumento era un telo semicircolare che doveva essere drappeggiato con pieghe precise e visivamente gradevoli. Se in epoca repubblicana le dimensioni di questo semicerchio si ridussero, in epoca imperiale aumentarono notevolmente, creando problemi a chi non disponeva di schiavi, né della pazienza per sistemare le numerose pieghe.

Il poeta lirico Orazio, ad esempio, si lamenta spesso nei suoi scritti della cattiva riuscita delle pieghe. Quintiliano scrisse un moderno tutorial per ottenere pieghe perfette. Dal suo testo si capisce la difficoltà nell’indossare la toga. Era semplicemente un indumento scomodo, ingestibile per essere indossato tutti i giorni, soprattutto per chi non doveva lavorare alla scrivania.

La differenza tra uomini e donne

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Inoltre, c’era una differenza sostanziale tra uomini e donne. Se nell’antichità la toga era indossata indifferentemente da entrambi i sessi, gradualmente la stola divenne l’abito riservato alle donne. Si trattava di una tunica riservata alle matrone e vietata alle donne di cattiva fama, come le prostitute. Queste donne continuarono a indossare la toga, che divenne il simbolo di riconoscimento per le prostitute e le adultere.

Altri indumenti nell’abbigliamento dell’Antica Roma

Dopo la toga, l’indumento più importante nell’abbigliamento degli antichi romani era la tunica. Si trattava di un semplice abito bianco di lino o lana, formato da due teli cuciti insieme. Inizialmente la tunica, indossata sia dagli uomini che dalle donne., non faceva parte dell’abbigliamento dell’antica Roma, ma presto si iniziò a indossarlo sia di giorno che di notte (non esistevano abiti esclusivi per dormire, come i moderni pigiami), allacciato con una cintura in vita. Gli uomini portavano la tunica lunga fino al ginocchio, mentre le donne fino alla caviglia.

Nell’intimità della propria casa, per una maggiore libertà, si indossava la tunica senza cintura. Tuttavia, ciò non doveva accadere in pubblico, poiché un simile atto per gli uomini era considerato poco virile. Altrettanto poco virile era indossare tuniche a maniche lunghe, riservate solo alle donne. Nel III secolo divenne popolare la dalmatica, una tunica con maniche larghe.

Il successo della tunica

Il successo della tunica come indumento quotidiano fu tale che cavalieri e senatori ottennero lo ius clavi come privilegio di classe. Questo diritto consisteva nel contraddistinguere la loro tunica con l’aggiunta di una o due sottili strisce viola verticali. I senatori, invece, indossavano le stesse strisce ma molto più spesse in larghezza come segno di riconoscimento.

Le donne potevano indossare due tuniche. Quella inferiore costituiva, insieme alla cintura e a una fascia pettorale, la biancheria intima. Su questa si indossava una seconda tunica, o anche di più. Anche dagli uomini, quando pioveva o faceva freddo, erano soliti portare più tuniche sovrapposte.

La stola

La stola era un abito particolare riservato solo alle donne. Era una tunica speciale perché aveva un ornamento sul bordo inferiore, un nastro viola. Inizialmente, solo le matrone dell’alta borghesia potevano indossare la stola. Grazie alle opere di alcuni scrittori, come Plinio, il termine stola divenne sinonimo di “signora elegante”. Ancora oggi questo particolare capo esprime eleganza e raffinatezza.

L’indumento appariva ampio e molto drappeggiato, arrivando fino alle ginocchia. Il mantello poteva accompagnare la stola. Le liberte, cioè le donne del popolo, non potevano indossare la stola. Tuttavia, anche le dame gradualmente abbandonarono questo capo di abbigliamento, finché, nel II secolo d.C., ne prese il posto il più comodo mantello drappeggiato.

I mantelli

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Pertanto, in epoca imperiale, al posto della toga e della stola, subentrò l’uso di un mantello simile all’himation greco. Quello maschile si chiamava “pallio”, quello femminile “palla”. I mantelli dal taglio quadrato, generalmente di lana, ebbero un enorme successo per il loro utilizzo pratico. Il drappeggio non era regolato come quello della toga, arrivava fino alle caviglie, e poteva coprire tutto il corpo o lasciare libera la spalla destra. Le fibule (fibbie) tenevano insieme i due pezzi sulla spalla.

Inoltre, questi indumenti portarono un po’ di colore all’abbigliamento dell’antica Roma. Il colore più di moda era il viola, ma c’erano anche mantelli gialli, bianchi, neri o dorati. Nonostante la sua popolarità, notiamo come il pallio compaia molto poco nelle statue dell’epoca. L’origine greca del capo spiega la sua mancanza di tipicità romana.

Tipi di mantello

Uomini e donne indossavano il mantello paenula per proteggersi dal freddo e dalla pioggia, senza maniche e modellato come un moderno poncho. Era fatto di lana spessa e ruvida e aveva un cappuccio. Si trattava di un indumento economico e accessibile a tutti, quindi indossato anche dal popolo.

La lacerna, invece, era un altro tipo di mantello per la protezione dalle intemperie. Si allacciava sulla spalla con una fibbia e arrivava appena alle ginocchia. Questo tipo di mantello era in tessuto grezzo e scuro per i poveri. Quello per i ricchi si presentava in versioni colorate e lussuose.

Abiti come status symbol

Allora come oggi, occupare una determinata posizione nella società implicava segni esteriori di riconoscimento e di distinzione del proprio status symbol. L’abbigliamento segnava le differenze di classe. La più grande distinzione tra ricchi e poveri era il mantello perché era l’indumento indossato sopra gli altri, quindi il più visibile. Per questo, alcuni cittadini sfoggiavano bellissimi mantelli confezionati con la costosissima porpora di Tiro, esposti soprattutto in occasione dei giochi pubblici, dove tutti potevano ammirarli.

Catturarere l’attenzione con abiti insoliti che scandalizzavano i moralisti e conservatori dell’epoca divenne il passatempo preferito di certa gioventù. Soprattutto nel I secolo a.C., giovani e ricchi gentiluomini iniziarono a provocare la società romana indossando indumenti morbidi e femminili, meglio ancora se non propriamente romani, come tuniche a maniche lunghe, mantelli dai colori vivaci e tuniche quasi trasparenti.

Di segno opposto c’erano alcuni filosofi che perseguivano lo stesso scopo: provocare i benpensanti attraverso un abbigliamento logoro e sporco e l’aspetto della persona trascurato.

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