Bisanzio, l’Impero Romano d’Oriente, visse uno dei suoi periodi più critici durante il regno dell’imperatore Eraclio (610-641 d.C.). Eraclio salì al trono in un’epoca di gravi difficoltà interne ed esterne. Sotto la sua guida, l’impero affrontò con successo le incursioni persiane, riconquistando Gerusalemme e la Vera Croce nel 630. Tuttavia, gli ultimi anni del suo regno furono segnati dall’avanzata degli eserciti islamici, che portarono alla perdita di gran parte delle province periferiche.
Bisanzio nel Medioevo
Se Giustiniano aveva dato grandissimo impulso all’espansionismo, i suoi successori si mostrano molto più prudenti. L’impero bizantino attraversava una serie di difficoltà derivate proprio dall’avanzata di numerosi nemici nell’area mediterranea e balcanica.
A nord si intensificarono le invasioni delle popolazioni slave, destinate a modificare tutto l’assetto dell’area. Gli Slavi arrivarono fino alle coste dell’Adriatico e dell’Egeo, conquistando le odierne Sofia e Belgrado e dando luogo alla compenetrazione tra l’elemento slavo e la tradizione romana.
I Persiani
Gli attacchi da nord furono accompagnati dall’avanzata sempre più minacciosa dell’impero persiano, che si presentava anche esso come entità dotata di aspirazioni universalistiche. Le basi dello scontro furono gettate dal rifiuto di Giustino II (565-578) di pagare i tributi stabiliti con la pace del 562 e dalla questione dell’Armenia, contesa tra l’impero bizantino e quello persiano. Il successore di Giustino, Maurizio (582-602), concluse una pace favorevole ai Bizantini nel 591. Tuttavia, egli non riuscì a controllare le rivendicazioni avanzate dall’esercito sul fronte danubiano, guidato dal centurione Foca (602). Quest’ultimo uccise Maurizio e riuscì a farsi eleggere imperatore. I Persiani, con il pretesto di vendicare Maurizio, attaccarono l’impero bizantino nel 605.
In questo scenario minaccioso, sia da nord sia da sud-est, la salvezza arrivò dalle periferie. Infatti, Maurizio aveva riorganizzato i resti dell’impero in Italia e in Africa nella forma dell’esarcato, cioè in territori inseriti in regioni ostili ma capaci di difendersi da soli. Gli esarcati avevano il loro centro rispettivamente a Ravenna e a Cartagine. L’esarca deteneva sia il potere militare che quello civile, ponendo fine alla divisione dei poteri, caratteristica dell’età di Costantino. Da Cartagine, l’esarca Eraclio inviò a Costantinopoli il figlio omonimo. Quest’ultimo si liberò di Foca e divenne imperatore.
Il regno di Eraclio
Il regno di Eraclio (610-642) inaugurò una nuova fase della storia bizantina.
Gli Avari e i Persiani
I primi anni del regno di Eraclio furono caratterizzati dall’avanzata persiana, che non riuscì ad arrestare. I Persiani conquistarono l’Armenia, Damasco, Gerusalemme e l’Egitto. Ma, intorno al 620, l’esercito bizantino, guidato dallo stesso imperatore, iniziò a riportare i primi successi. Nel 622 riguadagnò l’Armenia. Nel 626 avvenne il più grande attacco mai sferrato a Costantinopoli a opera degli Avari, un popolo slavo, e dei Bulgari provenienti da nord.
Tuttavia, la capitale fu difesa dal mare e le fortificazioni ressero, consentendo ai Bizantini una gloriosa vittoria. Esaltate dagli ultimi eventi, le truppe bizantine penetrarono nel territorio persiano oltre il Tigri, tornando in possesso delle aree precedentemente perdute. Per l’impero persiano si aprì invece un periodo di disordini interni.
L’Islam
Ma all’orizzonte si profilava già una nuova minaccia, rappresentata dall’espansionismo islamico che causò a Bisanzio importanti perdite territoriali. Nel 636 il califfo Omar guidò il suo esercito contro i Bizantini, vincendo. La resa di Antiochia stabilì per Bisanzio la rinuncia di tutta la Siria. La riconquista di questo territorio divenne uno dei capisaldi della politica estera di Eraclio. Nel 638 i Bizantini persero Gerusalemme e la Palestina, l’anno successivo la Mesopotamia. Gli Arabi si diressero verso l’Armenia e attaccarono in contemporanea anche l’Egitto.
Nel 641 Eraclio morì e l’impero Bizantino dovette rinunciare ad Alessandria. Questa conquista aprì agli Arabi la via per l’Africa settentrionale. La presa dei territorio fu notevolmente facilitata dall’atteggiamento filo arabo della popolazione. Per Bisanzio, invece, significò rinunciare a prosperi e ricchi centri urbani.
La politica interna di Eraclio
L’avanzata incessante dei nemici fu agevolata da una ristrutturazione interna dell’impero bizantino avvenuta durante il regno di Eraclio. Infatti, il suo governo fu caratterizzato da un inasprimento della tendenza a riunire il potere militare e quello civile. L’impero bizantino fu riorganizzato in temi con a capo uno stratego. I temi rappresentavano circoscrizioni militari in cui erano stanziati i corpi d’armata. Essi furono istituiti dapprima in Asia Minore, poiché meglio difendibile. Lo stratego assommava in sé l’autorità militare e il potere civile e i temi inglobarono una o più delle vecchie province dell’impero, dando luogo a una nuova amministrazione decentrata.
Anche l’esercito subì grandi cambiamenti. Sotto Giustiniano esso era in gran parte composto da mercenari. Quando le risorse per pagare le truppe si esaurirono, l’imperatore istituì il servizio militare pagato con l’assegnazione di terre. Ciò provocò la ricostruzione di una piccola proprietà terriera e il ripristino dell’antico sistema dei soldati di frontiera. Avere un fondo terriero significava per il contadino avere le risorse per prestare il servizio militare armato e con il proprio cavallo, cosa che il precedente sistema basato sul soldo non consentiva.
L’impero diventa greco
Questi cambiamenti si accompagnarono al declino dei centri urbani, poiché metropoli come Antiochia e Alessandria divennero arabe. Costantinopoli conobbe una contrazione demografica. Assieme si verificò una consistente affermazione del carattere greco dell’impero bizantino. L’imperatore passò dall’essere chiamato imperator al greco basileus. Sull’elemento greco si innestò l’elemento cristiano: il basileus divenne anche “pistòs en Christò”, fedele in Cristo.
Bisanzio fra il VII e l’VIII secolo
Quindi alla morte di Eraclio osserviamo una contrazione generale dell’impero bizantino che rinunciò alle sue ambizioni espansionistiche universali, puntando solo a sopravvivere come potenza del Mediterraneo orientale. Grazie all’organizzazione in temi, l’impero bizantino riuscì a resistere agli attacchi arabi in Armenia e in Asia Minore, anche se ciò lo rese più vulnerabile agli attacchi via mare, soprattutto per Costantinopoli.
Tuttavia, anche su questo fronte gli arabi furono presto sconfitti poiché la flotta, schierata davanti alla capitale, riuscì a fermarli nel 678. In questa occasione fu utilizzato per la prima volta il fuoco greco, una speciale miscela esplosiva.
L’Italia e i Balcani
La presenza bizantina in Italia rappresentò per il Papato una valida difesa contro i Longobardi. Per tale motivo, l’esarca di Ravenna godette di grande considerazione, esercitando la sua influenza anche sull’elezione dei papi. L’imperatore Costante II (641-668), successore di Eraclio, riuscì a rinnovare i rapporti tra Costantinopoli e Roma. Egli fu il primo imperatore a recarsi a Roma dopo la caduta della parte occidentale dell’impero e promosse campagne contro i Longobardi.
Costante II fu attivo anche nei Balcani. Qui, nel 680, i Bulgari di origine turca sconfissero i Bizantini per insediarsi a cavallo del Danubio. La fondazione del regno bulgaro significò, per la prima volta, l’inserimento in territorio bizantino di un’entità indipendente ed estranea. Sotto l’imperatore Giustiniano II (685-695 e 705-711) avvenne la campagna di riconquista dei Balcani. Gli slavi furono sconfitti numerose volte e ridotti al rango di contadini-militari con i compiti di difendere l’impero e rivitalizzare l’economia di quell’area. Le aree dei Balcani riconquistate furono riorganizzate in temi in funzione anti-bulgara.
La religione
Dopo il cesaropapismo inaugurato da Giustiniano e la tranquillità dei rapporti con Eraclio, si accesero gli attriti tra Stato e Chiesa. Il potere imperiale fu particolarmente severo verso papa Martino, eletto nel 649 senza il benestare dell’esarca ravennate, e Massimo il Confessore. Quest’ultimo era un teologo ortodosso di grande fama, accusato di complottare con l’esarca di Cartagine contro Costantinopoli.
La perdita delle aree orientali, dove era più diffuso il monofisismo, fece decadere i tentativi di giungere a compromessi con questa dottrina teologica. Nella storia della Chiesa bizantina risultò particolarmente importante il concilio Quinisesto del 691. In questa occasione, emerse l’esistenza di pratiche pagane che sopravvivevano nelle campagne e le divergenze esistenti tra Costantinopoli e Roma circa rituali e comportanti del clero e dei fedeli.