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I Promessi Sposi – Alessandro Manzoni

I Promessi Sposi
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Capolavoro assoluto, I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni rappresentano il primo esempio di romanzo storico della letteratura italiana. La sua stesura fu preceduta da quella di Fermo e Lucia, che oggi viene considerato un romanzo a sé. Consapevole che su I Promessi Sposi si potrebbero scrivere infinite analisi, proviamo a vedere i temi e gli aspetti salienti dell’opera. 

Fermo e Lucia

Alessandro Manzoni progettò di scrivere un ampio romanzo storico nell’aprile del 1821 e ne iniziò subito la stesura, completando i primi due capitoli e l’introduzione dopo un mese e mezzo. Si dedicò quindi all’Adelchi e all’ode Il cinque maggio, per riprendere “Fermo e Lucia” un anno dopo, nell’aprile 1822. La stesura terminò il 17 settembre 1823. E’ lo stesso Manzoni ad affermare, in una epistola a Claude Fauriel del 9 novembre, di aver completato uno scritto incentrato sul “vero storico“, ispirandosi ad alcuni manoscritti dove erano riportati avvenimenti realmente accaduti.

Fermo e Lucia deve essere considerato un romanzo a sé poiché differisce notevolmente rispetto a I Promessi Sposi. La struttura è meno elaborata, i personaggi meno sviluppati, il registro linguistico è lontano dalla “questione della lingua” che impegnò Manzoni per le successive fasi della sua vita.

Da Fermo a Lucia ai Promessi Sposi

La “questione della lingua” fu fondamentale nella genesi de I Promessi Sposi. Come abbiamo visto nella biografia dell’autore, Manzoni a un certo punto rifiuta la “lingua di mezzo e di compresso” utilizzata in Fermo e Lucia per adottare il fiorentino colto. Nel 1827, egli si recò a Firenze per imparare meglio questa lingua e iniziò una revisione linguistica profonda della sua opera. Egli riteneva il fiorentino la lingua che meglio aderiva al vero, perché viva e ancora parlata.

Tutto ciò, spinse l’autore a iniziare una nuova edizione del suo romanzo. I Promessi Sposi uscirono nella loro versione definitiva tra il novembre del 1840 e il novembre del 1842, in quanto pubblicata in dispense, con l’aggiunta dell’appendice della Storia della colonna infame.

I Promessi Sposi – Alessandro Manzoni

promessi sposi manzoni
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I Promessi Sposi sono considerati l’opera dotata del più forte spirito innovativo rispetto alla tradizione letteraria italiana. In essa trova compimento la realizzazione della nuova concezione della letteratura di Manzoni e del suo tempo. Infatti, scegliere il “romanzo” come espressione letteraria, nell’Italia degli anni Venti dell’Ottocento rappresentò una rottura rivoluzionaria, in quanto la tradizione classicistica allora in voga lo riteneva un genere “minore” e indegno di far parte della letteratura a pieno titolo. Tuttavia, Manzoni considera il romanzo il genere perfetto per contribuire concretamente al rinnovamento della letteratura italiana.

Il romanzo, uno strumento a favore della modernità

Infatti, il genere del romanzo rispondeva perfettamente all’esigenza “del vero”, tanto cara al Manzoni, consentendo di rappresentare la realtà senza le invenzioni e gli artifici fittizi della letteratura classicistica. Il romanzo era inteso come strumento capace di andare al di là del cerchio chiuso degli intellettuali, ma di rivolgersi a un pubblico più ampio e variegato, poiché lo stile narrativo e linguistico catturava l’interesse del lettore, a cui odi, tragedie e poemi epici risultavano ostici a causa di temi troppo lontani della sua quotidianità e di una lingua difficile. Inoltre, Manzoni riteneva il genere perfetto per introdurre anche i suoi punti di vista, le sue visioni del reale, il suo impegno civile, consentendo, allo stesso tempo, di fornire al lettore notizie storiche e di cronaca, nonché ideali e valori.

Il romanzo, essendo lontano dalla tradizione letteraria, permetteva una maggiore libertà d’espressione. In primo luogo, venne meno quella “separazione degli stili”, a cui Manzoni era stato costretto nella composizione delle tragedie. Ecco che nel romanzo fanno la loro comparsa personaggi umili: i protagonisti de I Promessi Sposi sono due semplici popolani della campagna lombarda. Attraverso le loro vicende, Manzoni offre al lettore la rappresentazione seria della realtà quotidiana, quella in cui tutti possono identificarsi. Lontano dai protagonisti nobili e ideali, slegati dalla storia della tradizione precedente, i nuovi personaggi di Manzoni rappresentano la quintessenza del concreto e dell’utile, i valori propri della cultura borghese. Per tutti questi motivi, Manzoni è considerato il padre della moderna tradizione del romanzo realistico.

Il romanzo storico

I Promessi Sposi alessandro manzoni
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Alessandro Manzoni per I Promessi Sposi scegli il romanzo storico, genere già affermato presso il pubblico europeo grazie alle opere di Walter Scott. I Promessi Sposi offrono il ritratto di un’epoca del passato, della sua mentalità, dei costumi, dei rapporti sociali e delle abitudini di vita. Calati in questa realtà umile e quotidiana, va da sé che i protagonisti non possono essere i grandi personaggi storici, ma persone comuni, di comune estrazione sociale, quelli generalmente tagliati fuori dalla storia. Ne I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, gli avvenimenti storici e i grandi protagonisti fanno parte dello sfondo.

Per scrivere I Promessi Sposi, dunque, Manzoni veste i panni dello storico e si impegna in scrupolose ricerche. Legge opere storiografiche, biografie, cronache del tempo, scritti letterari e religiosi, memorie, regolamenti giuridici. A differenza di Walter Scott, la sua non è una storia romanzata ma calata nel reale, aderente all’epoca che intende descrivere. In nome del “vero“, le vicende descritte e i personaggi devono essere “così simili alla realtà che li si possa credere appartenenti a una storia vera appena scoperta”, come il nostro autore afferma nella lettera a Fauriel. Nell’invenzione dell’intreccio, dunque, Manzoni rifiuta il romanzesco.

La critica sociale de I Promessi Sposi

Ne I Promessi Sposi, Alessandro Manzoni descrive la società lombarda dei Seicento durante la dominazione spagnola. Un’epoca verso la quale il nostro autore nutre un profondo disappunto, che si esprime nella critica sociale che traspare da I Promessi Sposi. Manzoni considera quella società dal punto di vista dell’Illuminismo che ne critica incongruenze, ingiustizie, superstizioni e aberrazioni. Il Seicento lombardo è il trionfo dell’ingiustizia, dell’irrazionalità, della prepotenza da parte del governo, della classe aristocratica e del popolo.

La critica al passato, espressa ne I Promessi Sposi, ha però una funzione anche nei confronti del presente. All’epoca della stesura dell’opera, nel marzo 1821, si verificarono i moti liberali, poi falliti. Manzoni esamina la sua contemporaneità alla luce delle epoche passate, facendo risalire le origini dell’arretratezza in cui versa l’Italia proprio in quel passato e, attraverso la critica al Seicento, offre alle neonate forze borghesi un modello a cui ispirarsi per costruire una nuova società futura.

Un nuovo modello di società

i bravi e don abbondio
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Ma qual è questo nuovo modello di società da costruire? Secondo Manzoni, occorre guardare al Seicento lombardo, così come ritratto ne I Promessi Sposi…e fare tutto il contrario! Quindi, occorrerà avere un potere statale stabile e non corrotto, che sappia contrastare le prevaricazioni dei singoli, una legislazione razionale, una giustizia equa che tuteli l’individuo, una politica economica oculata, un sistema di rapporti sociali equilibrati.

Questa società ideale appare alimentata dagli ideali della nascente borghesia liberale, dove, però, la componente laica non può prescindere dall’elemento religioso.

L’elemento religioso

Nell’idea manzoniana, in questo modello di società i privilegiati donano a chi non ha, secondo il principio di un’equa distribuzione dei beni, mentre i reietti devono sopportare pazientemente la loro condizione. Questo incarna il modello proposto dal Vangelo e, secondo Manzoni, la predicazione della Chiesa è fondamentale per realizzare quell’ideale di società senza conflitti tra le classi sociali. Secondo il nostro autore, solo la religione cattolica può essere artefice di un’opera riformatrice, perché agisce alla radice dei mali della società, e perciò può avere successo laddove le riforme politiche falliscono.

Per tali motivi, il cattolicesimo concepito da Manzoni può operare accanto al progressismo moderato, laico e liberale, due aspetti che si fondono. La nuova società da costruire si deve basare sul liberalismo borghese e sul cattolicesimo al fine di evitare quelle reazioni violente, sperimentate con la Rivoluzione Francese.

Trama e struttura de I Promessi Sposi

lucia
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La vicenda che caratterizza I Promessi Sposi si presenta all’inizio in un clima di serenità bucolica: abbiamo due sposi promessi, nel loro villaggio sulle rive del lago, mentre sognano un futuro tranquillo fatto di lavoro e preghiere. Ma, è solo apparenza. In realtà, la vita dei due giovani è già insidiata dalla presenza del male della storia, rappresentato dalle angherie di Don Rodrigo, signorotto locale, prepotente e meschino.

Renzo e Lucia sono, dunque, violentemente strappati dalla loro vita tranquilla e scagliati nel flusso turbolento della realtà storica, che appare contrassegnata dal male e, dunque, negativa. Infatti, Renzo sperimenta il male nelle vicende di San Martino e della Milano preda della peste. Lucia sperimenta il male inflittole dalle insidie di Don Rodrigo che si oppone al suo matrimonio. Tuttavia, attraverso il male della storia, i due giovani hanno la possibilità di maturare ed evolversi, tanto che I Promessi Sposi è stato visto anche come un romanzo di formazione.

La formazione di Renzo e Lucia

Renzo e Lucia seguono due percorsi di formazione diversi. Renzo incarna le virtù del contadino tipico, con una componente ribelle e di insofferenza verso le ingiustizie. Ciò rappresenta un pericolo per il protagonista perché, queste sue caratteristiche, potrebbero spingerlo a compiere azioni violenza, perdendo così la benevolenza divina e rischiando l’allontanamento dalla società. Renzo compie così un percorso che lo porta dall’essere un giovane ribelle a un uomo rassegnato e abbandonato totalmente alla volontà di Dio. Egli comprende l’impossibilità di sconfiggere le ingiustizie e come l’azione possa facilmente sfociare nella violenza.

Lucia, invece, fin dall’inizio appare ben consapevole dei rischi insiti nel voler cambiare le cose con l’azione. Rifiuta spontaneamente la violenza a favore della volontà di Dio che a tutto provvede. Per questo, Lucia è un personaggio considerato quasi statico, senza nessuna evoluzione sostanziale. In realtà, anche la ragazza affronta un cambiamento evolutivo. All’inizio, ella appare totalmente immersa in una visione idilliaca della vita, rendendola troppo ingenua e illusa. Lucia vagheggia un futuro radioso nel suo villaggio, dove è al riparo dal male e dagli avvenimenti della storia, poiché basta la Divina Provvidenza a tenerla lontana da guai e brutture. A Lucia manca la consapevolezza del male, il che le impedisce di comprendere la natura umana e la presenza del negativo nel mondo reale. Tuttavia, attraverso le sofferte vicende del racconto, giunge a comprendere che le sventure colpiscono anche gli innocenti, prende coscienza della tragicità del vivere in un mondo segnato irrimediabilmente dal male, poiché il male fa parte della natura umana.

La “provvida sventura” I Promessi Sposi

Ma, come si dice, non tutto il male viene per nuocere. Infatti, i due giovani, alla fine meditano sulle loro tribolate vicende e giungono a maturare il concetto di “provvida sventura”, altro tema caro al Manzoni. I protagonisti prendono coscienza anche della positività provvidenziale del male. Per Manzoni, infatti, la provvidenzialità dell’ordine divino nel mondo non significa promettere e assicurare la felicità idilliaca agli uomini. Al contrario, solo attraverso l’esperienza del male e della sventura, gli uomini possono maturare le più alte virtù e la consapevolezza.

Il sistema dei personaggi

sistema dei personaggi
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Nel sistema dei personaggi de I Promessi Sposi, Don Rodrigo rappresenta la funzione negativa della classe aristocratica che fa uso dei suoi privilegi per opprimere chi si trova negli scalini inferiori della società. Don Rodrigo rappresenta altresì il male della Storia. Il cardinale Federigo rappresenta il modello positivo, grazie alla sua instancabile opera benefica. L’innominato, grazie alla sua conversione nel fare del bene a favore degli umili e oppressi, rappresenta il passaggio dalla funzione negativa della nobiltà a quella positiva.

Alla folla violenta di Milano si contrappone la rassegnazione cristiana rappresentata da Lucia. Anche Renzo, come l’innominato, è esemplare dell’evoluzione dal negativo al positivo, dall’atteggiamento ribelle a una serena accettazione della volontà di Dio. Il meschino e codardo Don Abbondio è portavoce, assieme all’Azzeccagarbugli, del negativo dei ceti medi. Attraverso il suo personaggio, Manzoni esprime un giudizio netto verso una parte del clero. A esso si contrappone fra Cristoforo, personaggio positivo che prima di diventare frate era un ricco borghese.

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