Home Fatti e luoghi La storia di Villa Arconati, la “piccola Versailles italiana”

La storia di Villa Arconati, la “piccola Versailles italiana”

storia di Villa Arconati
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Notevole esempio di stile Barocchetto lombardo del XVIII secolo, Villa Arconati si trova a Bollate, in provincia di Milano. È un monumento nazionale. Nelle guide del XVIII secolo veniva definita “la piccola Versailles italiana” per la sua grandiosità e ricchezza. Ecco la storia di Villa Arconati.

Villa Arconati

Questa stupenda villa italiana fa parte del Parco delle Groane, nella zona Castellazzo di Bollate, non lontano da Milano. Galeazzo Arconati costruì questo edificio per trascorrervi le sue vacanze in campagna. Ma anche come luogo in cui ospitare e dare sistemazione definitiva la sua preziosa collezione di opere d’arte e sculture antiche.

Villa Arconati si estende su una superficie di 10.000 m² e comprende 70 stanze. La villa conta complessivamente 365 finestre, una per ogni giorno dell’anno. Il suo parco si estende per 11 ettari e comprende boschi, brughiere e terreni coltivati. Dopo aver elencato brevemente le sue meraviglie, ma ci ritorneremo sopra con una descrizione dettagliata, ecco qual è la storia di Villa Arconati.

Storia di Villa Arconati

villa arconati interni
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La storia di Villa Arconati risale al Medioevo. Infatti, le sue parti più antiche datano a quell’epoca, quando il sito era conosciuto come Castellazzo. Almeno dal XIV secolo, qui esisteva una “villa franca”, ovvero una masseria fortificata che godeva del diritto di esenzione fiscale. La presenza della villa vera e propria risale alla seconda metà del XVI secolo. L’edificio era di proprietà del marchese Guido Cusani, che figura tra i maggiori proprietari terrieri della zona.

Nel 1610 la villa fu acquistata da Galeazzo Arconati. Egli era un colto nobile e feudatario della Pieve di Dairago. Era cugino del cardinale e arcivescovo di Milano, Federico Borromeo. Rinomato collezionista d’arte, Arconati possedeva opere significative, come il Codice Atlantico di Leonardo da Vinci e una statua romana completa, oggi identificata come un ritratto di Tiberio.

I restauri

affreschi villa arconati
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Dunque, si può dire che il principale artefice della storia di Villa Arconati fu Galeazzo che, appassionato di architettura, decise di restaurare completamente la villa. L’edificio era allora composto da un’unica struttura rettangolare a due piani con scalinata. Arconati progettò personalmente l’ampliamento dell’edificio, aggiungendo la costruzione di un portico a colonne e del piano nobile.

Nel 1621, dopo un viaggio a Roma, Arconati ebbe l’idea di trasformare la villa in un nuovo grande palazzo per celebrare la ricchezza e l’importanza della sua famiglia, segnando una nuova tappa nella storia di Villa Arconati. La dimora doveva anche ospitare ed esporre le sue numerose opere d’arte. Ispirandosi all’architettura delle grandi ville romane e fiorentine, progettò il nuovo edificio e il giardino come un tutt’uno. Aggiunse viali alberati, sculture e giochi d’acqua secondo i modelli indicati da Leonardo da Vinci. In questo periodo, lo scrittore Carlo Torre, nella sua opera “Ritratto di Milano”, definì per primo la villa con il nome “Castelazzo”, con il quale è ancora conosciuta.

L’opera continua con i successori

interni villa arconati immagini
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Nel 1634 Galeazzo ebbe l’onore di ricevere la visita del re Filippo IV di Spagna e duca di Milano. Per l’occasione, il re visitò i boschi circostanti e partecipò a una battuta di caccia. Nel 1648 morì Galeazzo Arconati. I lavori di Villa Arconati, non ancora terminati, continuarono grazie al nipote e genero, il conte Luigi Maria Arconati. Egli cercò di armonizzare le strutture esistenti con il progetto di Galeazzo. Furono ristrutturati i cortili rustici e il cosiddetto “castellazzino”, la parte più antica della storia di Villa Arconati. Il conte Luigi volle anche costruire grandi scuderie che potessero ospitare fino a sessantaquattro cavalli. Inoltre, acquistò nuovi terreni nelle vicinanze per ampliare la superficie esterna di Villa Arconati.

Nel 1742 i nuovi lavori di ammodernamento si ispirarono ai modelli d’Oltralpe, in particolare a Versailles. Arconati aggiunse alla villa l’ala sud-ovest. I lavori sulla facciata ovest e sulla nuova facciata sud aggiunsero lo stile tardo barocco lombardo. I giardini all’italiana furono trasformati in stile francese. Arconati dotò la dimora anche di un parterre davanti alla nuova facciata sud e un ménagerie con animali esotici.

Visitare Villa Arconati: cosa vedere

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Al termine dei lavori, la villa presentava 70 stanze solo nella parte nobile. Al piano terra, oggi, si trova la Sala del Museo. Qui si può ammirare la statua romana di Tiberio, un tempo detto di Pompeo Magno. La Sala del Museo comprende anche un gabinetto che ospitava il monumento funebre di Gaston de Foix. La tomba in marmo bianco, realizzata da Bambaja, è esposta al Castello Sforzesco di Milano. La visita prosegue con la splendida Biblioteca. Qui erano conservati i fogli del Codice Atlantico di Leonardo da Vinci. Il prezioso codice fu donato alla Biblioteca Ambrosiana nel 1637.

Salendo lo Scalone d’Onore, splendidamente dipinto, si accede al Piano Nobile. Esso comprende gli appartamenti delle signore e il Salone della Musica, noto anche come “galleria degli stucchi”. Nel Salone delle Feste si possono ammirare gli affreschi dei fratelli Galliari, principali scenografi del Teatro Ducale di Milano. Dipinsero anche le pareti di altre ville lombarde. Lavorarono a Castellazzo dal 1750 su commissione di Giuseppe Antonio Arconati. Si tratta degli splendidi affreschi intitolati “Il carro del sole”, “La caduta di Fetonte” e “L’Allegoria del Tempo”. Tutti raffigurano scene mitologiche, impreziosite da magnifici trompe-l’œil.

Altre opere d’arte

arte villa arconati
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Nei suoi secoli di maggior fasto, Villa Arconati rappresentò un concentrato di opere d’arte. Si tratta di un patrimonio che oggi è andato quasi perduto poiché smantellato dai precedenti proprietari. All’interno di Villa Arconati erano esposti busti di imperatori romani e una statua di Venere, che era collocata nel boudoir della figlia di Galeazzo. La collezione comprendeva una gipsoteca con alcuni calchi di famosi capolavori antichi acquistati dall’Arconati nel corso dei decenni. Tra essi figuravano il Gladiatore Borghese, il Laocoonte, l’Ercole-Commodo, un satiro danzante e una Venere.

Successivamente, furono aggiunti 38 calchi delle decorazioni del fregio della Colonna Traiana. Esse furono realizzate tramite gli stampi del Primaticcio su ordine di Francesco I, re di Francia, che li volle per il suo castello di Fontainebleau. Villa Arconati ospita ancora oggi alcuni capolavori. Tra questi ricordiamo la grande statua in marmo di “Pompeo Arconati”, alta quasi 3 metri, e i dipinti su tela di Carlo Cane e Lorenzo Comendich.

Il Giardino di Villa Arconati

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La storia di Villa Arconati non può essere come senza dare notizia del suo magnifico giardino. Il conte Galeazzo lo progettò personalmente e i suoi successori ne continuarono la sistemazione definitiva. Il giardino occupa 11 ettari che comprendono prati, aiuole, boschetti e sentieri. Il giardino di Villa Arconati fa parte della tenuta agricola del Castellazzo. Il progetto di Galeazzo Arconati prevedeva per il giardino uno stile cinquecentesco, anche se, nel tempo, l’area verde h assunto il tipico stile seicentesco con statue, nicchie, teatri monumentali, giochi d’acqua, laghetti. Successivamente apparvero l’aranciera, la voliera e i “teatri”, cioè gruppi di statue, adornati da scenografici fondali in muratura o vegetali.

Dal XVIII secolo, il giardino di Villa Arconati appariva caratterizzato da parterre alla francese, all’epoca molto rari in Italia. Essi ricordavano inequivocabilmente lo stile della Reggia di Versailles. Lo spettacolo delle fontane e dei giochi d’acqua era suggestivo. Le fontane zampillanti creavano giochi d’acqua azionati dalla “noria”, una ruota idraulica alimentata dalla forza motrice di un cavallo, secondo il funzionamento tipico del mulino. L’acqua proveniva da una falda sotterranea e raggiungeva la superficie grazie all’azione del “gioco maestro”. Si trattava di una torre, ancora presente nel cortile, che permetteva il funzionamento di tutte le fontane.

La Fontana di Andromeda o de Opi

Tra tutte le fontane del giardino di Villa Arconati, la prima a ricevere l’acqua era quella di Andromeda o “fontana di Opi”. Oggi la statua della famosa eroina greca non è più presente. Al suo posto appare una sirena dai seni che zampilla acqua.

Essa rappresenterebbe la dea romana Opi, simbolo di abbondanza. La parte posteriore un tempo mostrava un affresco con l’episodio di Andromeda salvata da Perseo. Attualkmente, invece, è presente un affresco ottocentesco con motivi floreali, finte architetture e conchiglie.

La Fontana di Diana

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La Fontana di Diana è una delle più grandi fontane del parco di Villa Arconati. Rappresenta anche la fontana più complessa per quanto riguarda i giochi d’acqua. Per questo motivo, essa era dotata di una propria “noria” e di un mulino. Queste stretture permettevano di azionare getti d’acqua sul pavimento per bagnare gli ospiti.

La scelta di rappresentare Diana nella statua della fontana è legata al tema della caccia, il passatempo più diffuso tra l’aristocrazia dell’epoca.

La Fontana delle Quattro Stagioni e la Scala del Drago

La Fontana delle Quattro Stagioni presenta una grande vasca e una coppia di delfini in marmo con code intrecciate. Siepi di carpini, le statue delle quattro stagioni e quelle dedicate ai sensi e alle rispettive “virtù moderatrici” completano l’apparato scenico. Tutte le statue si trovano all’interno di nicchie. Per la sua monumentalità, la fontana era chiamata anche “Teatro Grande”.

La Scala del Drago precede e conduce alla Fontana delle Quattro Stagioni. Il nome della scalinata deriva dalla presenza di due statue di mostri alati raffiguranti un drago. Una volta l’acqua sgorgava dalle bocche dei draghi. Defluiva poi in una serie di vasche poste in successione e digradanti. I gradini presentano una decorazione con pietre bianche e nere, secondo la tecnica della “rizzata” che consiste nella realizzazione di pavimenti tramite la posa di ciottoli di fiume levigati. E’ tipica della zona lombarda.

La Palazzina di Caccia

In fondo al giardino di Villa Arconati si trovava il casino di caccia. Questo era un elemento tipico dei grandi parchi recintati. L’edificio serviva per fare brevi pause durante la caccia nel parco. Questa struttura compariva già a Castellazzo al tempo di Galeazzo Arconati.

Presentava stanze affrescate, un oratorio, cantine per le vettovaglie. Tuttavia l’edificio sembra essere scomparso all’interno del parco già negli anni venti dell’Ottocento.

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