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Le gole del Salinello e il culto di San Michele Arcangelo

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Le Gole del Salinello si trovano in provincia di Teramo e sono comprese all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga. Si tratta di un lungo e spettacolare canyon scavato dal fiume Salinello, costellato dalle affascinanti rovine di eremi rupestri e da grotte dove era praticato il culto di San Michele Arcangelo.

Le gole del Salinello rappresentano uno dei maggiori esempi di erosione dell’Appennino centrale. Nella strozzatura più stretta del canyon le pareti di roccia arrivano a un’altezza di duecento metri e cadono perpendicolarmente nel fiume. Lungo le pareti rocciose sono presenti degli antichissimi eremi rupestri e grotte dove era praticato il culto di San Michele Arcangelo.

Gole del Salinello: dove si trovano

Il canyon delle gole del Salinello inizia appena sotto le Grotte di Sant’Angelo e di Salomone del borgo di Ripe. Il fiume nasce dal Monte Panaccio e attraversa i comuni di Civitella del Tronto, Bellante e Mosciano Sant’Angelo. Arriva nel mar Adriatico dopo aver percorso 45 km. La sua parte iniziale è protetta grazie alla Riserva naturale del Salinello.

Dopo la cascata di Caccamo, perfettamente scavata nella roccia, si trovano i resti dell’Eremo rupestre di Santa Maria Scalena, di difficile accesso in quanto sorge sulla parete più alta a picco sulle Gole del Salinello. Sono più facili da raggiungere i resti dell’Eremo di San Francesco alle Scalelle.

Storia delle Gole del Salinello

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Le Gole del Salinello sono considerate tra i canyon più interessanti degli Appennini. Il notevole sviluppo di oltre 3 km, la verticalità e l’altezza delle pareti calcaree che si fronteggiano e che in alcuni punti quasi si toccano, la presenza perenne di acque tumultuose e fresche che precipitano in scivoli e cascate, rendono il luogo molto suggestivo.

Oltre alle bellezze paesaggistiche, abbiamo numerose testimonianze lasciate dall’opera dell’uomo, per un periodo che va dal Paleolitico fino ai nostri giorni. Nelle grotte dell’area poi si affermò un forte movimento eremitico che rese la zona una piccola e fervida “tebaide” appenninica. Nella valle riecheggiano antichi fatti d’armi, leggende legate alla figura di Annibale, di Manfredi di Svevia, gli assalti cruenti alla fortezza di Civitella, le storie efferate dei briganti e dei contrabbandieri.

Eremo di S. Maria Scalena

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L’ingresso all’Eremo di Santa Maria Scalena è posto a 750 metri di quota e avviene tramite una cavità laterale di 5 metri. Alla destra dell’ingresso vi è una piccola cisterna che continua a convogliare le acque di scolo delle pareti. A poca distanza dalla cisterna si apre un piccolo ambiente sulla cui volta a botte c’è una botola. Questo minuscolo vano interrato e intonacato all’interno è una cella eremitica dove i monaci trascorrevano periodi di penitenze e isolamento.

Sulla parete è dipinta una Madonna piangente con la scritta “Sanda Maria Dei Gratia”. Al centro dell’antro vi è un rustico altare di roccia con tracce di un affresco, ormai illeggibile per i nomi che vi sono stati graffiti. A sinistra, un’apertura offre un belvedere sulla valle. La grotta si trasforma poi in uno stretto cunicolo che penetra nel monte per alcune decine di metri. Il fondo del cunicolo mostra dei lastroni. Ciò ha fatto ipotizzare che si tratti di una sepoltura, profanata recentemente per cercare tesori inesistenti. I conci di un portale fanno pensare che uno dei due ingressi dell’eremo di Santa Maria Scalena fosse murato e dotato di una porta. Gli scavi archeologici effettuati hanno portato alla luce resti di ossa umane, di una faina e un piccolo frammento di ceramica cinquecentesca.

La storia dell’Eremo di S. Maria Scalena

Non si conoscere l’origine dell’eremo di Santa Maria Scalena, ma sappiamo con certezza che esisteva nel 1741 poiché compare nell’inventario della parrocchia di Macchia del Sole come romitorio, insieme a quelli di San Lorenzo, San Marco e San Francesco. Tuttavia, come per gli altri eremi rupestri della Valle del Salinello, è difficile stabilirne la data di fondazione.

Il percorso per arrivare all’eremo di S. Maria Scalena ha una durata di circa 2 ore, è impegnativo e riservato a escursionisti esperti, a causa del terreno scivoloso e i ripidi pendii.

Eremo di San Francesco alle Scalelle

Eremo di San Francesco alle Scalelle
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Di più facile accesso, l’Eremo di San Francesco è posto a 680 metri di quota. Il suo nome “alle Scalelle” deriva dalla presenza di numerosi gradoni di roccia che dal greto del torrente permettevano agli eremiti di giungere alla grotta. Secondo la tradizione locale, dopo aver fatto visita alla città di Ascoli, San Francesco di Assisi vi avrebbe dimorato, affascinato dalla spiritualità e dall’isolamento del luogo.

Nel 1273 l’eremo compariva alle dipendenze del monastero benedettino di S. Angelo in Volturino. L’antro conserva ancora alcuni tratti dei muri dell’eremo, così come la cisterna posta all’ingresso e alcuni terrazzamenti utilizzati per la coltivazione.

La leggenda di San Francesco

Una leggenda narra che, dopo aver predicato a Macchia da Sole, San Francesco giunse nei pressi della grotta e vi si ritirò per pregare all’ombra di una grande quercia. All’improvviso, fu assalito da una grande quantità di pulci che iniziarono a tormentarlo. Mentre era intento a liberarsi dalle pulci, San Francesco vide su un enorme masso il Diavolo che, con ghigno soddisfatto, si compiaceva di avergli rovinato la preghiera mandandogli le pulci.

Allora il santo puntò verso il Diavolo il suo bastone da cui scaturì una folgore che lo colpì e lo fece precipitare dalla montagna. Su una pietra, chiamata il “Sasso di San Francesco”, tuttora identificabile, rimasero impresse le impronte delle ginocchia e della mano del Santo. Sul versante opposto della montagna è ancora visibile un grosso foro nella roccia, chiamato “l’arco di San Francesco”, nel quale, si dice, precipitò il Diavolo dopo essere stato colpito dalla folgore.

Cascata del Caccamo

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Proprio al termine delle Gole del Salinello, quando queste si aprono nella pianura sottostante, le acque del fiume precipitano in una magnifica cascata. Localmente è conosciuta come “Caccamo”. Le acque spumeggianti per l’abbondante ossigeno in esse disciolto, si raccolgono, prima di riprendere la corsa verso il mare, in una grossa “marmitta dei giganti”, un’enorme buca scavata proprio dalla forza delle acque. Questa cavità ricorda una pentola dalle dimensioni spropositate, chiamata appunto “caccamo” in dialetto locale.

Come arrivare Gole del Salinello

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Le Gole del Salinello si raggiungono con un percorso di circa 30 minuti partendo da Ripe, frazione del comune di Civitella del Tronto. Da monte si possono raggiungere a piedi partendo da Macchia da Sole, nei pressi di Castel Manfrino.

Castel Manfrino

Continuando oltre i due eremi, con una deviazione, si possono raggiungere, i resti di quello che fu il Castel Manfrino. Si tratta di un castello in rovina, sito in località Sella di Castel Manfrino a quota 963 metri, nelle vicinanze della frazione di Macchia da Sole, del comune di Valle Castellana.

Il castello fu costruito sulle fondamenta di un precedente presidio militare romano, posto a difesa della strada che dalla Via Salaria nei pressi di Amatrice, attraverso il Passo di Annibale, arrivava nella piana di Campovalano. Di origine basso medievale, il castello fu eretto tra il XII e il XIII secolo e deriva il suo nome da Manfredi di Svevia, figlio di Federico II. Nei documenti è menzionato anche come Castrum Maccle, il castro di Macchia.

Le alterne vicende del castello

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Dopo il XIII secolo, il castello passò ad Armellino di Macchia di Giacomo, poi a Pietro d’Isola. Ma fu per lunghi periodi al centro di violente contese tra i signori locali per esercitare gli antichi diritti. Oggi ne compaiono solo i ruderi su uno sperone roccioso a picco sulla sommità del dirupo che domina la vallata.

Si conservano i ruderi dell’ingresso e quelli della torre, ancora parzialmente visibile. La torre non aveva aperture di accesso alla base, era articolata su più piani e veniva usata sia come residenza del castellano sia come luogo di rifugio in caso di necessità. All’interno delle mura sono presenti anche le rovine di una piccola cappella. Un documento del 1277 menziona la presenza di un cappellano nel castello.

Castel Manfrino come arrivare

Si raggiunge Castel Manfrino tramite la strada statale 81 Piceno Aprutina che collega le città di Ascoli Piceno e Teramo. Si procede quindi per la strada provinciale 52 e si seguono le indicazioni per la frazione Macchia da Sole. Da questo borgo parte un sentiero in terra battuta che sale lungo il fianco della montagna e, in circa 20 minuti di cammino a piedi, conduce ai resti del castello.

Le Grotte di Sant’Angelo e Salomone

Grotte di Sant’Angelo e Salomone

Le Grotte di Sant’Angelo e Salomone si trovano nei pressi della Montagna dei Fiori, un rilievo di 1814 metri, separato dalle Gole del Salinello dalla Montagna di Campli. Si tratta di un insieme di grotte di origine carsica, situato sul versante meridionale della montagna, alle spalle delle Gole. Ricche di stalattiti e stalagmiti, le grotte più conosciute e studiate sono quella di Sant’Angelo e quella di Salomone.

Storia della grotta di Sant’Angelo

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La grotta di Sant’Angelo è profonda 30 metri e larga 10, in alcuni punti raggiunge un’altezza di 30 metri. L’antro fu scoperto alla fine dell’Ottocento dallo studioso di Castelli, Concezio Rosa. Gli scavi sono iniziati negli anni Sessanta grazie all’archeologo Antonio Mario Radmilli e a un gruppo specializzato dell’Università di Pisa. Il lavoro congiunto ha portato alla luce reperti e testimonianze relative alla presenza dell’uomo all’interno di questi antri per un arco di tempo lunghissimo che va dal Paleolitico Superiore (10.000 anni a.C.) fino all’età moderna.

I ritrovamenti archeologici

Le tracce più antiche sono state lasciate da un gruppo di cacciatori primitivi, una testimonianza della cosiddetta “Cultura di Ripoli“. Si tratta, cioè, della cultura archeologica neolitica abruzzese-marchigiana, diffusa tra la prima metà del IV millennio a.C. e gli inizi del III millennio a.C. Tale cultura prende il nome dal villaggio neolitico rinvenuto nella contrada di Ripoli, in provincia di Teramo. I livelli più antichi hanno infatti restituito strumenti di pietra come punteruoli, grattatoi, lame e resti faunistici della presenza dell’orso delle caverne, dello stambecco e del camoscio.

Inoltre, sono stati trovati frammenti di terracotta e soprattutto ceramiche, tra cui quelle famosissime di Ripoli con motivi geometrici a linee e punti di colore bruno. I livelli più importanti sono quelli relativi all’età del Bronzo Medio. Essi hanno restituito numerosi frammenti di ceramica, attribuiti alla famosa produzione dell’Appennino. E ancora, numerose buche scavate per i riti di fertilità della terra, oltre a qualche frammento di epoca romana e medioevale. Tra i resti medioevali risultano strutture murarie, tra cui le rovine di un forno, relative all’Eremo di S. Michele Arcangelo, con l’altare del 1236 e la scala in pietra che raggiunge il finestrone sulla parte orientale.

L’eremitaggio

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Questi ritrovamenti archeologici devono infatti essere inquadrati nel fenomeno dell’eremitaggio. Nel corso del Duecento, le caverne divennero dimora e luogo frequentato dagli eremiti. Infatti, nella grotta di Sant’Angelo si possono ancora ammirare i resti delle celle degli anacoreti che abitarono l’antro sino alla fine del secolo scorso. Nei livelli medievali è stata trovata anche la sepoltura di una giovane donna sottoposta a craniotomia. La calotta cranica presentava due fratture provocate da arma contundente, una delle quali risultata mortale.

La grotta venne trasformata in una sorta di chiesa già nel corso del Duecento, confermando la propria funzione di luogo religioso, di pellegrinaggio e di ritiro dal mondo attraverso i secoli. All’interno è presente anche un dipinto di San Michele. Precedentemente vi si trovava una più suggestiva statua, ora conservata nella chiesa di Ripe di Civitella. Sempre all’interno si conserva l’altare dedicato all’Arcangelo Michele, datato 1230.

Storia della grotta di Salomone

Al di sotto della grotta di Sant’Angelo si trova la grotta di Salomone. In origine esse erano collegate ma, dopo il Quattrocento, si verificò una frana che bloccò la comunicazione tra i due antri. Nel crollo fu seppellito un piccolo edificio costruito dagli eremiti. Di esso ci rimane un tratto di muro, il pavimento e il focolare.

Le Grotte di Sant’Angelo e Salomone sono le più ampie, ma ve ne sono molte altre, oltre una trentina. Alcuni di questi antri, negli anni in cui si affermò il Cristianesimo, furono dedicati a Santi e divennero un luogo sacro come, per esempio, la Grotta di Santa Maria Maddalena, quella di San Francesco, quella di San Marco e infine la grotta di Santa Maria Scalena.

Il culto di San Michele Arcangelo

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Nell’Italia centro-meridionale è fortemente radicato tra le popolazioni locali il culto di San Michele Arcangelo, comunemente più noto come “culto dell’Angelo”. Si tratta di una credenza praticata in grotte e cavità naturali, spesso in contesti naturali selvaggi e di grande suggestione. L’origine del culto dell’Angelo è legata al tempo della dominazione dei Longobardi, quando occuparono l’Italia dopo la caduta dell’Impero Romano. Di origine pagana, dopo la conversione al Cristianesimo, i Longobardi adottarono come santo protettore l’Arcangelo Michele, angelo guerriero dotato di una lunga spada.

Il santuario a lui intitolato nella celebre grotta di Monte Sant’Angelo sul Gargano divenne presto meta di pellegrinaggio da tutta Italia ed Europa. Dal Gargano, il culto di San Michele Arcangelo si diffuse anche sulle montagne dell’Appennino centrale, portato dai pastori transumanti che, con i loro viaggi, furono i principali artefici dell’introduzione di altri culti di origine pugliese come quello di San Nicola di Bari.

La diffusione del culto

Probabilmente il culto di San Michele Arcangelo si sovrappose ad altri culti di matrice pagana. E’ il caso di quello di Ercole, un tempo molto sentito presso le popolazioni italiche e romane dedite alla pastorizia. Anche Ercole, infatti, si presenta come un combattente e armato.

Nell’Appennino centrale sono molte le grotte in cui si praticò il culto dell’Angelo. Esse sono spesso caratterizzate dalla presenza di statue e dipinti dell’Angelo. In alcune furono persino realizzate chiese al loro interno. Questa devozione risulta diffusa presso molti antri della Majella, sui monti Carseolani nei pressi di Liscia, nel sud dell’Abruzzo. Il culto dell’Angelo è stato praticato ininterrottamente dal Medioevo fino a qualche decennio fa anche in grotte ampie e importanti, come quelle lungo la valle del Salinello. Similmente, il santo cristiano ha occupato un sito sacro sin dalla Preistoria, come testimoniano i reperti che vi sono stati trovati.

Le capanne in pietra a secco

In questa zona, accanto alle grotte troviamo capanne in pietra a secco che rappresentano uno degli elementi più caratteristici della Montagne dei Fiori. Sono particolari costruzioni, conosciute localmente con il nome di casali, nel lato orientale del monte, e di “caciare”, nel lato “ascolano” della montagna. Alcuni sono ormai ridotti allo stato di rudere, ma se ne sono conservati circa un’ottantina. Le capanne sono la testimonianza di un’architettura spontanea, nata per rispondere alle esigenze di avere un riparo temporaneo per pastori e agricoltori.

La realizzazione di queste costruzioni, rinvenibili anche nel lato meridionale del Gran Sasso, ha sfruttato il materiale presente in abbondanza in loco come le pietre calcaree affioranti. La loro struttura sfrutta il principio della falsa cupola. La costruzione delle capanne avveniva procedendo ad anelli concentrici di pietre a secco che, che a mano a mano che salivano in altezza, si riducevano di diametro, fino a lasciare un foro, chiuso con una o più lastre piane.

Grotte di Sant’Angelo e Salomone come arrivare

Per arrivare alle Grotte di Sant’Angelo e Salomone

  • Da Roma A24 RM-TE: si prende l’uscita Teramo e si prosegue lungo la SS 81 in direzione Campovalano/Civitella del Tronto.
  • Provenendo da Napoli A1 NA-RM si imbocca l’uscita Cassino e si continua in direzione Sora/Avezzano/A25, in direzione L’Aquila-Teramo/ A24 uscita Teramo.
  • Dalla città di Teramo, da cui le grotte distano circa 17 chilometri, si utilizza la S.S.81 e si prosegue in direzione Campovalano/ Civitella del Tronto fino al bivio per Ripe in corrispondenza di Rocca Ischiano che dista circa tre Km. La si percorre per un breve tratto, fino a raggiungere un ampio piazzale attrezzato anche per il pic-nic, dove si parcheggia.
  • Dalla frazione Ripe di Civitella una stradina conduce a breve distanza alla Grotta S. Angelo. Dall’area pic-nic si segue il sentiero n 8 (carta CAI di Ascoli Piceno), adatto a tutti.

Visitare le Grotte di Sant’Angelo e Salomone

La visita alle Grotte di Sant’Angelo e Salomone è libera. All’interno delle grotte alcuni pannelli illustrativi guidano il visitatore lungo il percorso che si può affrontare agevolmente grazie all’illuminazione di torce elettriche apposte sui caschi protettivi offerti in dotazione.

Gole del Salinello e Grotte di Sant’Angelo e Salomone immagini

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